18 agosto 2021
Intervistiamo Eugenio Rubei, erede della dinastia jazz dei Rubei e già direttore artistico dell’Alexanderplatz Jazz Club di Roma, per saperne di più sulla sua nuova esperienza da promoter: la rassegna “Jazz & Image”, inaugurata il 12 agosto (e programmata per tutto il mese di settembre) e promossa a Roma nel tratto che va da Viale Parco del Celio a Via Celio Vibenna, alle spalle del Colosseo. Una preziosa occasione per raccogliere le idee, le visioni e la passione autentica, genuina e profonda per il jazz che Eugenio ha fortunatamente ereditato dal padre Giampiero.
di Andrea Parente
Partiamo dalle origini di questo titolo, “Jazz & Image”, che ci riporta alla memoria una stagione concertistica che è ancora nel cuore di tutti gli appassionati di jazz di Roma.
“Jazz & Image” è l’espressione più grande di un periodo durato vent’anni – dagli anni Ottanta al Duemila – in cui in Italia esisteva solo un club attivo durante tutto l’anno, che si chiamava Alexanderplatz.
Photo Credit To Riccardo Romagnoli
Un’eredità preziosa quella dell’Alexanderplatz.
Proprio così. E fortunatamente, un’eredità che è ancora viva e vitale. Il locale ha avuto una duplice funzione: da un lato ha contribuito a trasformare il jazz in un fenomeno di massa e dall’altro ha reso Roma una città più internazionale, cercando di portare nella capitale la cultura afroamericana di qualità, invitando i più grandi musicisti esistenti come Chet Baker, Chick Corea, Wynton Marsalis, Ray Brown, Tony Scott e Michael Petrucciani. Questo locale, in Via Ostia a Roma, nel cuore del quartiere Prati, ha creato un nuovo vigore, tant’è vero che ancora oggi è uno dei locali più visti, più visitati, più fotografati e più coccolati dal mondo del jazz. E ottiene tuttora grandi riconoscimenti non solo in Italia, ma soprattutto all’estero: infatti è considerato uno dei cento migliori locali di jazz al mondo. Inoltre, l’Alexanderplatz non solo è l’unico locale ad aver vinto ventisette volte la classifica di Down Beat, ma è l’unico locale italiano ad aver meritato il conferimento del prestigioso Django D’or.
E questo anche per merito di una programmazione che non ha mai ceduto il fianco a protagonisti della scena musicale più commerciale.
Certamente. A livello musicale e culturale ci è sempre interessato essere presenti, sostenere la scena jazzistica italiana indipendente ed erogare il miglior servizio possibile a tutti coloro che amano il jazz e che vogliono viverlo in una dimensione più consona e familiare, possibilmente fianco a fianco dei musicisti.
La nuova rassegna “Jazz & Image” è figlia anche dell’esperienza che tuo padre Giampiero inaugurò a Villa Celimontana.
Dopo i primi vent’anni di attività del jazz club, si comprese che la scena jazzistica romana avesse bisogno di un rilancio sia culturale che commerciale. Fu allora che mio padre si sedette a un tavolo con l’assessore culturale di allora (Gianni Borgna, 1947-2014, ndr) e, insieme, dettero il via a un nuovo corso dell’Estate Romana, chiamandola “Jazz & Image”. Tale rassegna è stata il biglietto da visita della città di Roma per i successivi anni, fino al 2010.
E poi venne il tempo della Casa del Jazz.
All’alba del 2010, dopo un successo clamoroso della manifestazione estiva, l’amministrazione capitolina dedicò al jazz un luogo specifico che venne ribattezzato la Casa del Jazz, che fu assegnata a mio padre tra il 2011 e il 2014, chiudendo di fatto l’esperienza a Villa Celimontana.
Come e quando è avvenuto il passaggio di consegne tra te e tuo padre?
Mio padre mi ha lasciato l’Alexanderplatz nel 2000, e da quel momento in poi abbiamo iniziato a promuovere una serie di manifestazioni parallele, portando il jazz fuori dai confini regionali e nazionali: siamo stati i primi ad entrare in Cina, abbiamo promosso eventi in Israele, Londra, New York – nel 2003 portammo tutti i musicisti di jazz italiani nei locali della “Grande Mela” – e in tante altre capitali internazionali. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo portato il jazz in tutti i luoghi che prima non erano dediti a questo genere musicale, facendolo conoscere a tutta la popolazione. Questa è stata la storia di Jazz & Image fino al 2015, anno in cui mio padre è scomparso. Seguendo le sue orme, l’attuale rassegna Jazz & Image è rappresentata in Italia da un “jazz libero”: sono fermamente convinto che la libertà sia un requisito fondamentale nella musica.
Photo Credit To Riccardo Romagnoli
Cosa è rimasto di queste esperienze?
Oggi come oggi, l’Alexanderplatz porta avanti da ventiquattro anni il festival “Jazz & Wine in Montalcino” (svoltosi dal 20 al 25 luglio, ndr), in collaborazione con l’azienda vitivinicola Banfi, tra i più grandi produttori di vini nel mondo, e abbiamo dato un contributo aggiuntivo nel fare di Montalcino una delle città italiane più visitate e amate dai turisti internazionali. Poi gode di ottima salute anche l’Orbetello Jazz Festival, giunto alla sua quarta edizione, in uno dei luoghi più suggestivi della Toscana, un luogo di vacanza ancora oggi particolarmente amato dai romani. Il festival si svolgerà dal 28 agosto al 5 settembre, con bellissime proposte musicali, mai banali (Fabrizio Bosso, Israel Varela, Leonardo Radicchi, etc., ndr). E infine c’è una novità: per la prima volta, il jazz dell’Alexanderplatz sbarca anche in Campania, in un luogo di civiltà estremamente importante nel mondo, Paestum, dal 26 al 28 agosto. Insomma, in un ambito culturale come quello del jazz ci vuole competenza e passione, come quella che Luciano Vanni ha messo su Jazzit: una rivista che considero estremamente preziosa perché ha svecchiato il modo di vedere il jazz sulla carta stampata e perché è ancora oggi una rivista impaginata con cura, con buoni articoli e con una visione di apertura mentale che rappresenta il punto di forza di tutto l’ecosistema che sta a fianco della pubblicazione, tra Jazzit Fest, multimedia, social e corsi di educazione all’ascolto e di formazione professionale.
Veniamo ora al presente e a questa nuova rassegna che offre uno straordinario sguardo sul Colosseo.
È l’apoteosi: il Festival del Colosseo. Cosa vuol dire questo festival? Per prima cosa, è il sogno di un figlio che riesce a riportare in vita le idee del padre. Dedico questo pensiero a mio padre Giampiero, il quale mi ha trasmesso la passione per quello che faccio: io amo l’Alexanderplatz e amo fare jazz targato “Alexanderplatz”, che vuol dire un pieno di entusiasmo, amore e cultura nella più grande onestà intellettuale possibile. Onestà che però sta svanendo sempre di più, dato che – e questo discorso non riguarda solo Roma – la maggior parte delle cose sono in mano a persone sbagliate. Ci tengo inoltre a ricordare che la rassegna “Jazz & Image” si avvale della collaborazione della storica etichetta AlfaMusic, che da anni opera nel campo del jazz nazionale e internazionale, e che nel corso degli anni ha consolidato una grande sinergia con l’Alexanderplatz Jazz Club, e della preziosa collaborazione dell’Associazione Culturale Hangar.
Photo Credit To Riccardo Romagnoli
Hai qualche messaggio da trasmettere relativamente alla situazione attuale del jazz?
Il mio messaggio a tutto il mondo del jazz è quello che sta portando avanti anche Luciano Vanni attraverso Civitates e il Jazzit Fest: non seguire esclusivamente i finanziamenti pubblici, ma curare il pubblico degli appassionati. Solo e soltanto con il rispetto e il sostegno alla comunità dei musicisti e degli appassionati, anche la scena jazzistica nazionale potrà avere un futuro migliore. Inoltre, rilanciare la città di Roma – al Colosseo, nel posto più antico del mondo – attraverso il jazz è un qualcosa che mi rende fiero e orgoglioso, e mi riempie di responsabilità. Cercherò di sbagliare il meno possibile nel segno dell’Alexanderplatz.
Cosa ti auguri per il futuro?
A quindici anni mio padre mi ha messo tutte le sere a registrare e attivare le tessere di adesione e ingresso all’Alexanderplatz, mentre i miei coetanei facevano altro. Lo ringrazierò per tutta la vita per avermi dato la possibilità di vivere un sogno così grande e se oggi sono la persona che sono lo devo solo ai trent’anni che ho passato tutti i giorni all’Alexanderplatz. Per il futuro, mi auguro davvero che la musica ritorni centrale nella vita delle persone e che ritorni nelle mani di chi è competente.
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