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“Ricominciare dalle parole”: le nuove storie di Giovanni Battaglino

“Ricominciare dalle parole”: le nuove storie di Giovanni Battaglino

9 agosto 2023

Intervistiamo il cantautore e cantante lirico piemontese Giovanni Battaglino, il quale ci racconta “Ricominciare dalle parole”, il suo ultimo lavoro discografico pubblicato nel gennaio del 2023 dall’etichetta discografica AlfaMusic e distribuito da Believe ed Egea Music.

a cura di Andrea Parente

Buongiorno Giovanni e benvenuto su Jazzit. Il tuo incontro diretto con la musica avviene all’età di nove anni, quando inizi lo studio del pianoforte da tua cugina Luisa Tajo, nipote di Italo Tajo, celebre basso italiano. Che ricordi hai di quel momento?
Fu mia mamma a chiedere a Luisa se volesse darmi lezioni di pianoforte. I miei genitori cantavano, suonavano e provenivano da famiglie che li avevano educati musicalmente. A casa mia c’erano chitarre, percussioni e fisarmonica, ma per studiare pianoforte sarei dovuto andare da mia nonna, che non abitava lontano. Luisa Tajo fu ben contenta di insegnarmi molte cose di tecnica pianistica e di interpretazione musicale. In seguito proseguii gli studi all’Istituto Musicale Corelli di Pinerolo.

Raccontaci del tuo percorso musicale. Come si è evoluto nel tempo?
La musica mi ha sempre incuriosito e appassionato, quindi ho percorso le strade che via via incontravo praticandola. Provando a sintetizzare, direi che il mio percorso si è sviluppato in tre direzioni: in primis la scrittura di canzoni, che sin dai primi esperimenti con i gruppi musicali da adolescente, mi ha portato all’attività solistica attuale. Avendo scelto di accompagnarmi con la chitarra, ho studiato fingerpicking e jazz per poter ampliare le possibilità armoniche delle canzoni; per quanto riguarda i testi, invece, ho sempre cercato di collaborare e confrontarmi con autori e scrittori in progetti nei quali la canzone incontrasse la letteratura: un esempio di questo è il “Bùs ‘d l’Orchera Tour”, spettacolo scritto da Laura Pariani e portato in scena come prologo al Ravenna Festival 2011 con il mio gruppo Malecorde. La seconda strada musicale, invece, è quella del canto corale che, partendo dal Coro dell’Istituto Corelli, diretto da Claudio Morbo, mi ha portato prima a studiare canto per conoscere e poter utilizzare al meglio la voce, e poi a un’intensa attività in campo lirico-sinfonico in continua crescita. Infine, la musica popolare, una grande passione nata nella mia famiglia, interamente coinvolta nell’attività della Badia Corale Val Chisone, gruppo di ricerca e riproposta del repertorio di canti dell’area Occitana del Piemonte. Così fin da piccolo, seguendo i concerti e ascoltando i dischi, mi sono innamorato di questi pezzi meravigliosi, molti dei quali raccolti e registrati proprio da mio zio Agostino Calliero nella seconda metà degli anni Sessanta dai testimoni in Alta Val Germanasca. Col tempo ho sentito l’esigenza di riportare questi brani alla loro natura di canzoni senza tempo, realizzandone delle versioni per chitarra e voce, senza mai stravolgere le melodie originali. Ora li eseguo spesso, sia da solo che con musicisti di prim’ordine, come Dino Tron e Simone Lombardo.

Gli ultimi tre anni non sono stati tempi facili per tutti gli operatori del settore dello spettacolo. Cosa hai imparato da questa difficile situazione?
Il Covid mi ha confermato purtroppo quanto sia fragile, poco organizzato e coeso il settore dello spettacolo in questo paese. Mentre alcune attività, come ad esempio la produzione di armi, sono rimaste in funzione per tutto il periodo della pandemia in quanto “essenziali”, la musica e il teatro hanno subito delle vere e proprie frenate, con conseguenze spesso irreparabili. Ora che lentamente l’attività sta riprendendo, mi trovo a dover constatare che non ci sia stato alcun miglioramento e che, sostanzialmente, si operi come prima. Secondo me, invece, ci vorrebbe molta più organizzazione, semplificazione e strutturazione nel settore, e questo porterebbe a maggiore forza contrattuale e a più rispetto – e tutela – per i lavoratori dello spettacolo.

Focus sul presente. Cosa ci racconti in “Ricominciare dalle parole”, il tuo ultimo lavoro discografico, pubblicato nel gennaio del 2023 dall’etichetta discografica AlfaMusic? A cosa allude il titolo?
“Ricominciare dalle parole” nasce sostanzialmente durante il periodo della pandemia, grazie anche a una riuscita campagna di crowdfunding. Nella cartolina che ho distribuito ai sostenitori ho scritto «dalle parole può nascere una strada, una storia, la parola è incontro, è il futuro, è l’urgenza di dire qualcosa che non può più essere taciuto, ci stimola a uscire da noi stessi per esprimere e inventare». Ho scritto tutti i testi su un taccuino che ho voluto riportare nella grafica del booklet, realizzata magnificamente da Ivano Antonazzo, e lo stesso taccuino fa anche parte delle ricompense previste dal crowdfunding. L’album l’ho registrato in parte a Roma, negli studi di AlfaMusic, e in parte qui in Piemonte. Il titolo è nato prima del disco come intento programmatico e ha fornito il soggetto a molti testi come Dire e Ricominci; il tema della parola e della comunicazione è tuttavia presente in tutto il lavoro fino all’ultimo brano Valzer per uno spirito, scritto con Enrico Chierici, dove il dialogo è quello intimo e silente con un’entità altra.

Come hai sviluppato l’iter narrativo del disco?
Come ti dicevo prima, decidere anzitempo il titolo mi ha indicato la direzione verso cui andare, sia nella scrittura ex-novo che nella rifinitura di testi abbozzati in precedenza. Oltre ai brani sopra citati, aggiungo Isola pedonale, in cui la protagonista trova conforto nelle parole di un mendicante a cui decide di fare l’elemosina, e Il signore dei labirinti, in cui un imbonitore immaginario e simbolico vende la possibilità dell’oblio, rappresentata dalla permanenza in un labirinto. Con lo scrittore Giorgio Olmoti abbiamo voluto poi parlare anche di un tema tornato pericolosamente attuale, come la guerra, nella canzone La giostra.

Cosa lo differenzia dal tuo primo album da solista “Alla Porta dei Sogni” (2019)?
“Alla porta dei sogni”, innanzitutto, è nato diversamente: era il mio primo disco da solista e poi aveva preso forma poco alla volta, anche se l’idea programmatica di canzoni che nascessero dallo stato ipnagogico, o comunque onirico, legava tutti i brani. La prima cellula erano quattro brani registrati con Alessandro Chiappetta, per salvare il lavoro fatto in uno spettacolo che si chiamava “Canzoni dell’eroe quotidiano”, scritto con Nicoletta Fabrizio. Da lì ero andato avanti coinvolgendo altri musicisti in corso di lavorazione, arrivando poi a un risultato corale. “Ricominciare dalle parole” invece ha avuto un intento deciso a priori, oltre che nei testi anche negli arrangiamenti e nelle musiche, con il risultato, citando la recensione di Viviana Berardi su Vinile, di «lasciare una sensazione di equilibrio, nonostante ci sia un preciso mondo sonoro per ogni traccia».

Di quali artisti ti sei avvalso nel disco?
Molti sono gli artisti con cui ho collaborato per questo lavoro, e vanno tutti citati. Trattandosi di musicisti eccellenti e molto noti, lascerei ai lettori la facoltà di andare a cercarsi notizie, qualora non li conoscessero. Innanzitutto gli arrangiatori Marcello Sirignano e Luca Scarpa. Con il primo ho realizzato Il peso delle cose, Mancato amore, Non ho occhi e La giostra; con il secondo Dire (di cui è anche coautore della musica) e Strada per dove vorrai. Di entrambi mi interessava il loro approccio jazz-pop raffinato, le soluzioni armoniche geniali, sempre funzionali all’andamento del brano. Ho apprezzato molto poi che si siano attenuti alla struttura e agli intenti dei miei provini originari. La band, che ha suonato nei brani arrangiati da Marcello Sirignano e registrati negli studi AlfaMusic di Roma da Alessandro Guardia, è composta da Marco Rovinelli alla batteria, Pier Paolo Ranieri al basso, Alessandro Gwiss al pianoforte e alle tastiere, Alberto Lombardi alle chitarre, più lo stesso Marcello Sirignano agli archi e synth. Il fatto di essere a Roma mi ha dato l’opportunità di lavorare con questi musicisti eccezionali che, pur eseguendo delle parti scritte, hanno infuso nelle tracce grande capacità ed esperienza maturate in ambiti musicali di altissimo livello. Per i brani arrangiati da me e Luca Scarpa, ho chiamato una sezione ritmica eccellente, ricca di groove e fantasia, composta da Mattia Barbieri alla batteria e Davide Liberti al contrabbasso; per le chitarre dove non ho suonato io, ho chiamato mio fratello Paolo Battaglino, musicista di estrazione classica, ma di lunga esperienza pop e rock. Luca Scarpa ha suonato inoltre il pianoforte e le tastiere con maestria e gran gusto. Per il brano Ricominci, per cui volevo delle sonorità soul, ho avuto il privilegio di avere Paolo Gambino al piano, wurlitzer e hammond. Nel disco ci sono poi molti strumentisti a fiato per cui mi sono divertito sia a scrivere arrangiamenti che a lasciarli improvvisare. In primis, il grande Angelo Adamo, che ha steso su Strada per dove vorrai i suoi tessuti e i suoi guizzi con l’armonica; a seguire, un trio di sax composto da Nando Massimello (tenore), Luca Girardon (alto) e Carlo Degiovanni (baritono), che ho usato nel brano Ricominci come sezione e in Il signore dei labirinti come esecutori di parti singole, mutuate dalla mia traccia di chitarra acustica fingerstyle. Mia figlia Caterina Battaglino ha portato il suono e il calore unici del suo clarinetto in Valzer per uno spiritoDiego Vasserot (tromba e flicorno), oltre a improvvisare magnificamente ne Il peso delle cose, ha dato vita ai miei arrangiamenti bossa insieme a Francesca Lanza (flauto) in Isola pedonale. Francesca è anche la videomaker autrice del video de Il peso delle cose. “Ricominciare dalle parole” è anche un disco di voci. Mi sono impegnato a scrivere e sovraincidere armonie vocali e soprattutto ho avuto il privilegio di avere come ospiti Marco Priotti, Liana Marino, Olmo e Bruno Zanchetta. Marco ha duettato con me in Ricominci, un brano in cui volevo ci fosse una gran voce soul e blues come la sua, ovvero una voce molto diversa dalla mia, che potesse dare al brano quel carattere che io non avrei potuto aggiungere. Di Liana Marino, inconfondibile e grande cantautrice, mi piace moltissimo il fraseggio e nessuno meglio di lei avrebbe potuto cantare gli incisi di Isola pedonale. Alla bellissima voce tenorile di Olmo, anch’esso bravissimo cantautore, ho affidato un compito arduo, cioè quello di interpretare lo spirito protagonista di Valzer per uno spirito, problema da lui risolto brillantemente, sia armonizzando la mia parte, che inserendo vocalizzi evocativi di grande impatto. A un esperto di polifonia antica come Bruno Zanchetta non potevo che delegare le quattro voci sopra le mie dell’ultimo inciso de Il peso delle cose. Una menzione speciale la merita inoltre Fabrizio Salvatore di AlfaMusic, per la fiducia, insieme ai fonici, veri e propri maestri, perché prima di tutto musicisti,  Alessandro Guardia, sempre di AlfaMusic, autore anche del master, Alberto Macerata, amico e compagno di mille ore di registrazione in questi anni e Carlo Miori, eccellente new entry.

Il disco è formato da dieci brani originali. Da cosa ti lasci ispirare quando componi?
Per la scrittura delle canzoni parto spesso da visioni che nascono nello stato ipnagogico a livello cosciente. Sia le storie che i soggetti protagonisti delle canzoni sono immaginari, anche se hanno molta attinenza con la realtà e tutto ciò che scrivo è stato prima visto in questo stato di coscienza. È una condizione in cui ci si pone in stato di ricezione e si sviluppa poi quel materiale onirico per metterlo in versi. Questo è quello che faccio, ma non è necessariamente quello che viene percepito, anzi, spesso il pubblico mi dice che le mie canzoni sono dei racconti, oppure c’è chi mi dice di essersi ritrovato in un testo, oppure di essersi commosso. Una terapista mi ha chiesto di poter usare la canzone Ricominci nelle sue sedute. È il bello delle canzoni: tu le canti e da lì in poi non sono più tue, diventano di chi le ascolta.

Quali sono le parole che ti emozionano di più?
Le parole mi piacciono parecchio, spesso una storia, un concetto li preferisco letti o ascoltati che visti. La parola, in una poesia o in una canzone, ti permette di interagire, è un po’ quello che dicevo prima. Molti libri e molte storie sono notevoli non solo per quello che raccontano, ma anche per come lo fanno. Un grande scrittore o un grande cantautore, ad esempio, hanno una propria lingua e una propria voce. Una parola detta da loro non è la stessa pronunciata da qualcun altro: ha un altro suono, un altro colore. Quindi, posso dire che ogni parola, anche la più piccola, può emozionare; dipende da chi te la dice e come.

L’uscita del disco è stata preceduta dal singolo Non ho occhi, una canzone-progetto sul tema della cecità, realizzata con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti sezione di Torino, che racconta il mondo dei non vedenti. Cosa ti ha spinto ad affrontare una tematica così delicata?
L’idea è nata durante la pandemia. Ho pensato a come si potesse sentire un non vedente nel momento in cui ci veniva vietato di toccarci e dovevamo distanziarci e isolarci. Ho dato una musica molto lirica a Carlo Pestelli, amico e cantautore, perché mi aiutasse a scrivere le parole, e lui ha scritto la prima strofa e inciso proprio su questo tema, senza che ci fossimo accordati. Ho poi letto alcuni libri sull’argomento, che era molto delicato e difficile, e ho terminato la canzone. Confrontandomi poi con i non vedenti ho capito che, anche se molte immagini erano evocative del loro mondo e in molti si sentivano rappresentati dalla canzone, il mio approccio all’argomento era limitato, in quanto tendevo a considerarli meno fortunati di me, e mi sbagliavo. Ho conosciuto persone felici e risolte, che hanno moltissimo da insegnare a noi normovedenti.

Parallelamente alla tua professione di cantautore, svolgi un’intensa attività come cantante in ambito lirico-sinfonico in Italia e all’estero, con date in Cina e in Marocco. Ci racconti come gestisti queste due attività così diverse, ma così interconnesse?
Si tratta di due cose molto diverse tra di loro, ma l’approccio è simile e l’amore per esse pure. È questione prima di tutto di studiare ed esercitarsi, che è la condizione fondamentale del musicista, di salire su un palco e cantare, sia che si tratti di un pub che di un Teatro d’Opera, di fare musica con altri, siano essi i musicisti che ti accompagnano o i coristi della tua sezione. Il modo di cantare è diverso, anche se la tecnica che ti serve è la stessa. Il tipo di musica e di scrittura però aiuta e in qualche modo ti porta a cantare in un modo piuttosto che in un altro. La gestione delle due attività comporta che ci si debba dividere: quando fai una cosa, non fai l’altra. Ad esempio, sono tornato da poco da un tour in Giappone con il Coro Filarmonico di Verona: abbiamo presentato il Trovatore di Verdi sul sagrato di un tempio del 600 d.C, patrimonio dell’Unesco perfettamente intatto. Ora terrò qualche concerto di presentazione del disco e poi torno all’Opera (in tutti i sensi) per l’Elisir d’amore alla Fortezza Priamar di Savona a fine giugno.

Uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Quali sono, invece, gli obiettivi che ti poni adesso?
I progetti vicini sono molti. Innanzitutto, un concerto a metà mese in cui presenterò il disco in un auditorium della mia città in formazione cameristica. Saranno con me Marcello Iaconetti al violino, Marco Robino al violoncello e mia figlia Caterina al clarinetto. Agli inizi di luglio terrò un concerto dedicato a Jacques Brel con il cantautore Fabio Pasquet e i musicisti di Associazione Musicainsieme di Torre Pellice (TO). In luglio e agosto sarò al festival letterario di libri e musica “Scritto Misto”, giunto quest’anno alla sua nona edizione, che si terrà al Forte di Fenestrelle e itinerante in Val Chisone. Ci ritroveremo anche tutti insieme, col mio storico gruppo Malecorde, in un anfiteatro naturale per un concerto dedicato alla canzone d’autore a Quattordio (AT). Per il futuro c’è molta carne al fuoco. A parte diversi spettacoli che prenderanno forma, posso dire che ho già un’idea embrionale sul prossimo album: anche qui si tratterà di un progetto che si baserà su un argomento di attualità, un terreno sul quale dobbiamo confrontarci tutti quotidianamente. Ho incontrato ieri il direttore di una testata giornalistica nazionale, ci siamo confrontati e abbiamo stilato una prima lista di argomenti da sviluppare. Vorrei anche fissare su un disco i canti popolari che ho elaborato nell’attività di questi anni. Vedremo cosa capiterà ma, conoscendomi, se non dovesse cadere un meteorite o si verificassero altri impedimenti di salute, porterò a termine tutto quanto.

INFO

www.giovannibattaglino.com

 

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