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Oltreconfine <br /> Intervista ai Note Noire

Oltreconfine
Intervista ai Note Noire

16 ottobre 2017

Da uno scambio di comunicazioni con Roberto Beneventi, fisarmonicista dei Note Noire, è venuta l’idea di raccontare l’idea di musica, il percorso artistico e le due produzioni discografiche autoprodotte di un gruppo che nasce come manouche ma che, in occasione della registrazione di ‘Oltreconfine’, ha allargato i propri orizzonti espressivi. L’intervista è di fatto corale e collettiva.

Di Luciano Vanni

Innanzitutto presenta il gruppo ai nostri lettori. Quando vi siete incontrati e che musica avevate pensato di realizzare? Quali ascolti avevate in comune?
Il quartetto Note Noire è formato da Roberto Beneventi alla fisarmonica, Ruben Chaviano al violino, Tommaso Papini alla chitarra e Mirco Capecchi al contrabbasso: è nato nel 2005, ma la formazione attuale è attiva dal 2012. Siamo partiti da un repertorio tradizionale mitteleuropeo, ispirandoci alle sonorità e alle atmosfere tipiche della musica manouche e sempre seguendo la stella di Django Reinhardt, vero denominatore comune tra di noi.

Arriviamo alla vostra idea di musica. Cosa volete proporre al pubblico? Cosa pensate che vi caratterizzi?
Partendo da un’idea più tradizionale della musica europea, abbiamo e stiamo affrontando un percorso di ricerca di un linguaggio più moderno, stilisticamente e armonicamente più “fresco”, senza dimenticarci delle radici… un melting pot dove si possono trovare ritmi latin jazz, passionalità romantica e irruenta, improvvisazione collettiva.

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Cosa significa incidere un CD oggi? Ha ancora senso? Che valore ha realizzare una nuova produzione discografica? E che funzione ha, oggi, la performance live?
Incidere un CD oggi è una prova di coraggio, specie se autoprodotto, ma assolutamente necessario per la vita di ogni gruppo che ha bisogno di comunicare al di fuori della propria dimensione creativa. E il momento live ha ancora più importanza, nel ricreare ogni volta una comunicazione tra il progetto discografico e il pubblico.

Veniamo alla vostra produzione discografica. Quando nasce l’idea di entrare in studio? Cosa è accaduto negli ultimi anni?
Nel 2013 è uscito il nostro cd “Incontri”, una selezione di brani tradizionali e d’autore, di musica zigana, klezmer, rebetiko, musette e swing. Con l’entrata nel gruppo, l’anno precedente, del violinista Ruben Chaviano – cubano di Santa Clara -, dato il suo background musicale e la sua naturale tensione verso il fraseggio moderno, ci siamo guardati allo specchio e abbiamo visto quattro persone molto diverse; e la ricchezza derivante dalle peculiarità di ognuno ci ha fatto pensare che, se avevamo bisogno in quel momento di incidere il nostro repertorio con Ruben per consolidare un suono d’insieme, il nostro destino avrebbe dovuto essere la scrittura di materiale originale… e così è stato. Perciò nel 2015 abbiamo prodotto “Oltreconfine”, contenente, a parte un omaggio ad André Minvielle e uno ad Ottorino Respighi, tutti brani nostri.

E come nasce il gruppo e la selezione del repertorio?
Il gruppo nasce dalla nostra amicizia e dalla nostra stima reciproca, fondamentali per costruire un repertorio capace di esaltare le potenzialità di ognuno, restituendo un progetto ben amalgamato e in grado di comunicare con chi ascolta.

Quanto è importante, per voi, trovare un equilibro tra scrittura e improvvisazione? Come si muove, a riguardo, il vostro gruppo?
Ci muoviamo in maniera molto libera. Alcuni brani hanno bisogno di più scrittura, di un maggiore sviluppo nell’arrangiamento, mentre per altri pezzi è tutto molto immediato e naturalmente scorrevole.

E poi c’è il suono della band. Avevi dei modelli di riferimento?
I modelli sono quelli che ognuno di noi ha come proprio background musicale, non attingiamo direttamente da gruppi specifici. Certamente è innegabile la nostra ammirazione per Django Reinhardt, per compositori italiani del Primo Novecento, per gruppi tradizionali – come i Bratsch o il Titi Winterstein Quintett o l’orchestra di Tata Mirando – e, ovviamente, per la musica jazz in generale.

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Come cambia la vostra musica sul palco?
Sul palco il nostro repertorio si arricchisce di brani che non fanno parte dei nostri dischi, ma che ci piace suonare e che vengono particolarmente apprezzati. Altri brani, presenti nella nostra discografia, hanno, invece, nuovi arrangiamenti che sono sempre pronti a possibili cambiamenti.

Veniamo al vostro ultimo CD. Che cosa ha aggiunto alla vostra produzione discografica? Cosa lo caratterizza? Cosa è cambiato nel corso della vostra vicenda artistica?
Oltreconfine” è stato un enorme lavoro di sintesi. Il nostro più grande desiderio era di far confluire tutto l’enorme studio di esegesi, che avevamo fatto in passato su brani tradizionali, in un’opera originale. Il titolo stesso è un tributo a questo grande sforzo e anche l’artwork, fatto utilizzando incisioni del XIX secolo (che riproducono le prime macchine volanti immaginate e progettate dall’uomo).  È stato un grosso impegno individuale, forse un movimento non così percepibile dall’esterno, ma una fatica di straordinaria importanza per noi, un tributo al valore dei piccoli spostamenti fatti con lo sforzo delle proprie gambe o con la sola spinta del vento, che proprio per questo diventano grandi imprese. Allo stesso tempo, avevamo la necessità e il desiderio di far emergere le nostre caratteristiche. Stiamo ancora lavorando su questo e penso che i risultati si vedranno ancora di più nel nostro prossimo cd che uscirà nel 2018.

Ad oggi, ci racconti la vostra più grande soddisfazione?
Ce ne sono state tante! Già aver realizzato due cd autoprodotti ed essere pronti per registrare il terzo è una grande soddisfazione. Soddisfazione che si unisce alla voglia e allo stimolo di esplorare nuove strade. Un’altra cosa che ci ha fatto molto piacere è l’essere stati inseriti in due compilation “Django Festival” della prestigiosa etichetta Hot Club Records.
Altre soddisfazioni ci sono state date dai molti concerti in Italia, Francia, Regno Unito, Svizzera, Austria, Germania, Slovenia. E poi ci sono stato Piacenza Jazz Fest, Val Tidone Festival, Musicastrada Festival e Barga Jazz, che sono da ricordare come le più importanti rassegne a cui abbiamo partecipato, così come a Londra, nella programmazione della Royal Albert Hall per tre anni consecutivi, al Rhino Jazz Festival in Francia e al LongLake Festival in Svizzera.

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