5 maggio 2023
Intervistiamo la cantante e compositrice milanese Camilla Battaglia, che ci racconta “Càlór”, il suo ultimo lavoro discografico, pubblicato nel febbraio del 2023 dall’etichetta discografica Parco della Musica Records.
a cura di Andrea Parente
Buongiorno Camilla e bentornata su Jazzit. Essendo figlia d’arte (Camilla è la figlia della cantante Tiziana Ghiglioni e del pianista Stefano Battaglia, ndr), è normale che tu abbia il jazz nel tuo DNA: partendo quindi dalle tue origini artistiche, come si è evoluto poi il tuo percorso musicale nel tempo, grazie alla tua personalità e alle tue esperienze?
La musica e il jazz hanno sempre fatto parte della mia vita, ma non ho mai pensato veramente di fare la musicista fino a poco tempo dopo la registrazione del mio primo album “Joyspring”, accompagnata dal trio di Renato Sellani, quando frequentavo la Facoltà di Filosofia alla Statale di Milano nel 2010. Nel 2012 mi sono iscritta al triennio di canto jazz alla Siena Jazz University e nel 2016 ho cominciato il percorso dello European Jazz Master, che mi ha portata a Copenaghen, Berlino e Amsterdam per due anni. Nel frattempo ho frequentato il Codarts di Rotterdam con un Erasmus nel 2015 e ho vissuto un periodo a New York, per conoscere da vicino la scena vibrante di musicisti e compositori che mi ispiravano. Ho lavorato negli anni per espandere sempre di più il mio linguaggio di musicista, improvvisatrice e compositrice, misurandomi sia con l’improvvisazione radicale che con la musica contemporanea in ambito acustico ed elettronico. Mi sento pienamente allineata con quello che faccio quando continuo a ricercare e a trovare nuove soluzioni per utilizzare il mio strumento e scrivere musica. Sono molto legata ora anche al mio lavoro di didatta che, per quanto complesso, mi ricongiunge sempre a un profondo rispetto, quasi religioso, nei confronti della musica.
Photo Credit To Musacchio Ianniello Pasqualini Fucilla
Gli ultimi tre anni non sono stati tempi facili per tutti i protagonisti del settore dello spettacolo. Come hai gestito il tuo tempo? Cosa hai imparato da questa difficile situazione?
È stato un lungo periodo di riflessioni molto intense sul lavoro di musicista, che è però al tempo stesso la mia più grande passione. Domande sul valore di fare musica in quest’epoca, sui cambiamenti morfologici del settore, sul pubblico a cui ci rivolgiamo e sulle nuove frontiere della produzione discografica, hanno portato a considerazioni anche dolorose, ma probabilmente necessarie per continuare a intraprendere onestamente un percorso professionale così delicato. Durante quel periodo ho deciso di posporre ogni tipo di produzione discografica (a parte l’uscita di un singolo, Dead Butterfly, a giugno 2020, che però era stato pianificato mesi prima), e di non partecipare a nessun tipo di performance in streaming, spaventata dalla possibilità di distacco dall’esperienza performativa da parte di un’audience che nel nostro settore è sempre più scarsa e con una media di età molto alta. Sono stata comunque fortunata e in quel periodo sono riuscita a lavorare soprattutto con la mia performance in solo e ad altri progetti in residenze artistiche, oltre che continuando a insegnare online. Ho trascorso inoltre molto tempo dedicandomi anche ad altre passioni, approfondendo l’amore per la musica elettronica, attraverso lo studio di un programma per la sintesi audio in tempo reale e la composizione algoritmica, “Supercollider”, oltre che scrivendo musica e concentrandomi sulla preparazione di progetti, che ho successivamente portato a compimento. Ho sicuramente imparato in quel periodo a definire il mio ruolo di musicista non solo in base alle performance live, ma soprattutto secondo una pratica e una routine di scrittura ed esplorazione del mio strumento.
Focus sul presente. Cosa ci racconti in “Càlór”, il tuo ultimo lavoro discografico pubblicato nel febbraio del 2023 dall’etichetta discografica Parco della Musica Records? Come hai sviluppato l’iter narrativo del disco?
L’idea è nata durante l’estate del 2021 con l’approfondimento del mio contatto con la scena musicale di Berlino, che si compone di musicisti, improvvisatori e compositori, il cui lavoro è di grande interesse per la mia ricerca. Ho immaginato il repertorio come una specie di dialogo aperto tra corpo e mente e allo stesso tempo una celebrazione di questa relazione straordinariamente complessa, di cui ognuno di noi fa esperienza in maniera del tutto personale. Ho voluto raccontare attraverso il linguaggio della musica la relazione tra la realtà sensibile del corpo e quella percettiva della mente e celebrare la fragilità del sottile equilibrio che intercorre tra le due.
Cosa lo differenzia dai tuoi precedenti album “Tomorrow” (2016) ed “EMIT” (2018)?
La prima differenza di cui vado particolarmente fiera è di aver curato per intero la produzione musicale dell’album, mentre sia per “Tomorrow” che per “EMIT” ero stata affiancata da Andrea Lombardini, musicista e produttore per il quale nutro una stima profonda e da cui ho imparato moltissimo. “Tomorrow” è un album in cui la scrittura è stata molto legata all’ispirazione di un momento, di una persona o di una circostanza ed “EMIT” invece il frutto di un ampio lavoro di ricerca nell’ambito delle tecniche compositive del serialismo integrale. D’altra parte “Càlór” è pensato come un corpo in movimento, dove grande spazio è lasciato alla personalità dei componenti del gruppo e la cui composizione è una parte integrante, ma non il focus centrale, del lavoro, tanto che le tracce Hear, Scent, Sacrum, Chest e Throat nascono come composizioni estemporanee in studio, affidate a un solo strumentista o a un duo, che ho successivamente rielaborato in fase di post-produzione.
Il disco è stato registrato tra settembre e ottobre del 2022, in occasione del concerto alla Casa del Jazz. Ci racconti le emozioni che hai provato?
I giorni trascorsi insieme a Roma sono stati molto intensi e ci hanno stretto in uno spazio creativo che ha sicuramente fatto crescere la band moltissimo, sia a livello umano che di interplay. È senza dubbio un privilegio per un musicista vedere il proprio lavoro sostenuto da un’istituzione come l’Auditorium Parco della Musica e poter disporre, per la creazione del proprio album, di spazi di lavoro e performativi così prestigiosi. Ricordo di aver usato molto spesso la frase «sono molto felice!» durante l’intera settimana trascorsa a lavorare all’album.
Cosa ti ha motivato nello scegliere Julius Windisch (pianoforte), Nick Dunston (contrabbasso) e Lukas Akintaya (batteria) come collaboratori del disco?
Ognuno di loro è stata la primigenia ispirazione che mi ha spinta a immaginare questa band e questo album. Ognuno di loro è un bandleader, un compositore, un improvvisatore e un musicista alla costante ricerca di innovazione della propria prospettiva artistica e della propria produzione musicale. Sono strumentisti straordinari, ma soprattutto sono artisti che pensano alla musica non come mero atto estetico, ma come una forza espressiva e un linguaggio in costante evoluzione di forma e significato.
Photo Credit To Musacchio Ianniello Pasqualini Fucilla
La formazione del disco è un quartetto. Cosa ha significato questo a livello timbrico, espressivo e di arrangiamento?
La fortuna di lavorare con musicisti come Julius, Nick e Lukas è che concepiscono il proprio strumento come un’estensione della loro interpretazione dei concetti espressi nella musica che stanno approcciando. Lavorando con loro ho potuto constatare come l’esecuzione del brano fosse davvero solo il primo step verso poi una resa personale e caratteristica di quello che il pezzo rappresenta nel repertorio, attraverso un opinato lavoro sulle dinamiche, i timbri e il tipo di fraseggio. Consapevole di ciò ho immaginato questa formazione come l’incontro di quattro voci che si alternassero all’interno dei brani nel ricoprire ruoli diversi per sostenere la musica, con la volontà di sovvertire la concezione classica della formazione voce, pianoforte, contrabbasso e batteria. Ho scritto questa musica e immaginato questo repertorio come se scrivessi per un quartetto d’archi o un piccolissimo coro, cercando di sfruttare a pieno le caratteristiche dei suoi componenti.
Photo Credit To Musacchio Ianniello Pasqualini Fucilla
Il disco è formato da undici brani originali. Da cosa ti lasci ispirare quando componi?
La scrittura è una parte molto importante del modo in cui amo fare la musicista. Altrettanto fondamentale per me è cercare ispirazioni e tecniche sempre diverse per approcciare un nuovo lavoro di composizione. Che ad ispirarmi sia la poesia, la scienza, tecniche numeriche, il rapporto tra un dato posizionamento degli astri e dei pianeti o un’esperienza personale, scrivere per me è sempre il compimento di una riflessione e la materializzazione di un’idea che ha per me molto significato. Nel caso di “Càlór” l’ispirazione è venuta sia dalla personalità musicale dei membri della band, che dalla curiosità di investigare il rapporto tra corpo e mente.
Photo Credit To Musacchio Ianniello Pasqualini Fucilla
L’uscita del disco è stata preceduta dal videoclip di Eyes, un video molto curioso e originale. Ci motivi questa tua particolare scelta artistica? Questo imperscrutabile occhio rappresenta uno specchio della società, dell’anima, della tua arte o sottintende qualche altro misterioso significato?
Eyes è concettualmente uno dei brani centrali per leggere l’album. L’impianto strutturale è quello di una canzone, il cui interprete principale cambia muovendosi in diverse direzioni timbriche, come lo sguardo degli occhi di chi sta osservando una realtà che muta costantemente. Gli occhi sono una parte del nostro corpo a cui da sempre associamo moltissimi fattori soggettivi: diciamo che sono lo specchio dell’anima, che non mentono mai, che sono più grandi del nostro stomaco e così via… Per questo rappresentano perfettamente la riflessione contenuta nell’album sul divario tra la realtà dei sensi e l’interpretazione che noi poi arbitrariamente affianchiamo ad essa ed è questo che viene rappresentato nel video: si tratta della ripresa dei movimenti di un occhio che si muove scrutando una realtà che ognuno degli spettatori può immaginare soggettivamente.
Piccola curiosità. Nel 2012 ti laurei in Filosofia presso L’Università degli Studi di Milano e ti iscrivi subito dopo al triennio di Canto Jazz presso la neonata Siena Jazz University, dove ti laurei nel 2016 con il massimo dei voti. Il binomio “jazz-filosofia” è un argomento molto interessante ed è stato più volte dibattuto in libri che ho letto al riguardo (ad esempio, “Temporale Jazz: estetica dell’improvvisazione” di Marco Testucci). Quanto la filosofia ha influenzato il tuo percorso musicale, e viceversa?
La filosofia è stata la mia grande passione fin da ragazzina, quando leggevo La Nausea di Jean-Paul Sartre e rimanevo affascinata dagli interrogativi sull’esistenza e la realtà che ci circonda. Questa passione si è connessa a quella della musica in termini di ispirazione per la scrittura, ma anche di investigazione delle ragioni per le quali abbia senso fare la musicista come lavoro e la sua utilità nel sistema della società contemporanea.
Photo Credit To Musacchio Ianniello Pasqualini Fucilla
Uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Quali, invece, gli obiettivi che ti poni adesso?
Per quanto sia complesso dal punto di vista logistico, sto contemporaneamente lavorando a tanti progetti diversi. C’è il mio progetto in solo “Perpetual Possibility”, il cui album è uscito a ottobre 2022, ispirato alle liriche dei Quattro Quartetti di T.S Eliot. Il duo con Rosa Brunello “HOODYA”, con l’album uscito il 28 aprile 2023 dedicato alla forma canzone “A song has a thousand years”. Il mio large ensemble ELEkTRA, per il quale ho scritto una suite in cinque parti dedicata a cinque figure archetipiche femminili con Simone Graziano (pianoforte/synth), Francesco Fiorenzani (chitarra), Francesco Ponticelli (contrabbasso), Francesca Remigi (batteria) e la partecipazione di Andrea Lombardini (basso elettrico), Michele Tino (sax alto), Francesco Fratini (tromba), Giulia Barba (sax baritono/soprano), Federico Pierantoni (trombone), Francesco Bigoni (sax tenore), Anais Drago (violino) e Nazareno Caputo (vibrafono), del quale è già uscito un singolo nel 2020 per l’etichetta Ropeadope Records e il cui album vedrà la luce il prossimo autunno. Il sestetto elettro-acustico Sanguigna Ensemble, con musica dedicata alle poesie di E.E. Cummings, con Francesco Fiorenzani (chitarra), Andrea Beninati (violoncello), Pierluigi Fantozzi (clarinetto), Michele Tino (flauto/sax tenore) e Simone Brilli (batteria), il cui album uscirà nel 2023. Il duo con Luca Perciballi alla chitarra e live electronics “Public Speaking”, una meditazione sulle strategie formali e le prospettive storiche aperte in Occidente dal melodramma. Il duo inedito “La Libellula” con Matt Mitchell al pianoforte, che sarà una produzione originale dell’Auditorium Parco della Musica nel 2023, con un repertorio originale dedicato ai versi di Amelia Rosselli, contenuti nell’omonima collezione. L’obiettivo è sempre e soltanto continuare a fare musica nel modo più onesto e gioioso possibile.
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