2 gennaio 2020
Si intitola “Alla porta dei sogni” (AlfaMusic, 2019) l’album realizzato da Giovanni Battaglino insieme a un folto gruppo di musicisti, tra cui Alessandro Chiappetta, Davide Liberti e Mattia Barbieri: l’abbiamo intervistato.
Per “Alla porta dei sogni” ti sei ispirato a vari mondi sonori: classica, folk, cantautori, ma nel disco collabora un nucleo di musicisti legati al jazz: come mai questa scelta?
Tutto nasce perché avevo suonato alcuni dei brani live più volte insieme ad Alessandro Chiappetta; avevamo reralizzato degli arrangiamenti in duo e abbiamo pensato di registrarli; il progetto ci è piaciuto e da lì è poi nata l’idea di realizzare un disco intero. Essendo partito con Alessandro ho cercato di mantenere il mood jazz, quindi ho poi coinvolto Mattia Barbieri e Davide Liberti. Infine si è inserito Paolo battaglino, mio fratello, che mi ha ulteriormente aiutato.
C’è un legame storico tra il sound cantautoriale e il jazz.
Sì, sono dei begli intrecci. Credo che i musicisti con cui ho collaborato abbiano trovato un bel modo di arrangiare i miei brani; alcuni degli ascoltatori mi hanno detto che a volte ricordo loro quel sound alla Cammariere; e in effetti c’è anche un brano intitolato “Lo swing dello scorpione”! Forse sarebbe stato utile avere un produttore, data la quantità e la varietà del materiale che ho usato.
Ci sono degli artisti di ambito jazz che hai amato e ascoltato?
Tantissimi… Dave Holland, Charles Mingus, i contrabbassisti!
In generale trovo che i dischi degli anni 30, 40 e 50 abbiano dei suoni incredibili.
Nell’era della musica liquida qual è il significato di produrre un disco?
In effetti me lo sono chiesto, anche perché poi ho realizzato un crowdfunding che è andato molto bene A mio avviso i dischi vanno fatti, così come i libri vanno scritti. L’oggetto in quanto tale mi piace, mi piace la copertina, la grafica. In “Alla porta dei sogni” per esempio non ci sono i testi, ma c’è un lavoro di grafica di Paolo Mottura che rende il booklet un bell’oggetto.
Quale sarà il prossimo progetto?
Ho scritto tre canzoni al pianoforte: mi piacerebbe provare a chiamare un quartetto e suonarli tutte con un taglio preciso e definito, a differenza di questo album che è nato invece più vario.
© Jazzit 2019