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Una triade jazz tutta da bere. Intervista al Milk Jazz Trio

Una triade jazz tutta da bere. Intervista al Milk Jazz Trio

18 gennaio 2023

Abbiamo intervistato il Milk Jazz Trio, composto dal bassista e fondatore Roberto Pascucci, dal pianista Gabriele Petetti e dal batterista Ricky Turco. Il gruppo, nato nel 2008, ha inciso due album: “milk.” (prodotto nel 2010 dalla Philology Records di Paolo Piangiarelli) e “Drink Jazz, listen to milk!” (edito nel 2020 dalla Cat Sound Records di Mario Marcassa).

a cura di Andrea Parente

Raccontateci in breve come vi siete conosciuti.
Roberto: Ho conosciuto Ricky grazie alla collaborazione con il chitarrista Alex Stornello; ho incontrato invece Gabriele ad una jam session a Cremona, dove allora abitavo.

Quali sono i vostri riferimenti musicali?
Ricky: Fin da subito ci siamo trovati in sintonia sui nostri gusti musicali e sulle relative influenze, a partire dal jazz scandinavo alla Esbjörn Svensson Trio, passando per l’ECM di Keith Jarrett, Pat Metheny e Jan Garbarek, per arrivare al pop sofisticato di Donald Fagen, Prefab Sprout e Level 42, senza dimenticare le nostre radici nella tradizione del trio jazz, da Bill Evans a Michel Petrucciani, arrivando pure all’M-Base di Steve Coleman, così come ai mondi elettronici dei Kraftwerk, Kruder & Dorfmeister, Bugge Wesseltoft

Com’è nato il progetto “Milk”?
Roberto: Ho da sempre desiderato partecipare a un trio jazz, per suonare e far ascoltare le mie composizioni; quando ho conosciuto Gabriele e Ricky ho subito pensato che potessimo dare vita a un’alchimia vincente.

Che influenze caratterizzano il sound del trio?
Gabriele: Parlerei davvero di un’alchimia che scaturisce, per quanto mi riguarda, dall’ascolto appassionato dei grandi della tradizione, come Louis Armstrong e Duke Ellington, trasfigurati nel pianismo di Earl Hines, per arrivare a John Lewis, Winton Kelly, Bill Evans, Paul Bley e Steve Kuhn; l’alchimia si rafforza poi attraverso una sezione ritmica fluida e innovativa, grazie alle influenze bassistiche di Roberto, che spaziano dal rock dei Kiss, al jazz di Charles Mingus, Jaco Pastorius, John Patitucci ed Eberhard Weber, al pop di Mark King e di Sting, per arrivare alla drum’n’bass di Squarepusher e alla musica contemporanea del suo maestro Stefano Scodanibbio, e per merito anche delle ugualmente poliedriche influenze di Ricky, che vanno dal prog di Bill Bruford e Phil Collins, ai maestri del jazz come Jack DeJohnette, Tony Williams, Mike Clark, Omar Hakim, Paul Wertico e Magnus Öström.

Come vi orientate per la “componente visiva” del trio? Mi riferisco alle copertine e ai videoclip.
Roberto: Si sarà notato come nella nostra componente visiva domini il colore bianco: la cosa è ovviamente legata al latte, elemento che prediligo e che finisce fatalmente con il condizionare la nostra immagine, a partire dal nome… Per quanto riguarda l’aspetto grafico e la videoproduzione, amiamo avvalerci di giovani talenti attenti all’innovazione, come il pixel-artist “Turbogamma” – alias Valerio Carradori – che ha curato il video di “Minimal Animal”.

“Drink jazz, listen to milk!” (Cat Sound Records, 2020) è il titolo del vostro ultimo lavoro discografico. Spiegateci il “concept” di questa produzione musicale.
Ricky: Questo nuovo lavoro esce a distanza di ben dieci anni dal primo progetto discografico ed è un album insieme di rottura e di conferma: avevamo l’esigenza di ampliare le nostre sonorità in varie direzioni, sia nel senso dell’elettronica, sia nella modernità delle ritmiche; d’altra parte ritroviamo rinnovati l’anima lirica, l’aspetto cinematico delle atmosfere e il vigore del groove.

Come avete sviluppato l’aspetto narrativo del disco?
Roberto: Ho pensato a una rosa di composizioni che avessero una loro coerenza stilistica, con particolare attenzione all’equilibrio tra momenti di tensione e momenti più intimistici e riflessivi, sia attraverso gli arrangiamenti che per mezzo della tracklist, elemento per me molto importante.

Come vi siete suddivisi i ruoli nella produzione del disco?
Gabriele: La produzione esecutiva è del trio; tutte le composizioni e gli arrangiamenti sono di Roberto, con contributi anche miei e di Ricky. Le prove e le registrazioni avvengono in un posto incredibile, immerso tra i boschi delle montagne veronesi, dove Ricky abita ed ha il proprio studio: lì passiamo giorni e notti insieme, cementando sempre di più la nostra musica e la nostra amicizia.

Ho avuto modo di ascoltare il disco e ho apprezzato il lavoro di sperimentazione musicale, a partire dal basso effettato di August Rain e dalle atmosfere progressive di Aerobrain, passando per l’intimità di Velia e la calda atmosfera di Hours by the Window (unico brano non originale, cover dei Level 42), fino alle progressioni ritmiche di Dance of Cosmic Particles, e alle sonorità elettroniche di Default, brano che chiude l’album, davvero molto interessante. Cosa lo distingue dal precedente progetto discografico del 2010?
Gabriele: Il disco di esordio “milk.”, uscito per la Philology di Paolo Piangiarelli, è stato interamente registrato e mixato all’Elfo di Tavernago (PC) dal bravissimo Alberto Callegari, che nell’ultimo lavoro ha curato il mastering. L’ultimo album “Drink Jazz, listen to milk!”, invece, è prodotto dalla Cat Sound Records di Mario Marcassa. Le sonorità sono in sostanza più ricche in quanto, accanto agli strumenti acustici, c’è un grande utilizzo di vari bassi elettrici, effetti, synth e percussioni elettroniche. Da notare che ben tre brani sono stati registrati, sia per l’audio che per il video, “live in studio” al Teatro “Ventidio Basso” di Ascoli Piceno.

Dove si può ascoltare e acquistare il disco?
Ricky: L’album si può ascoltare e acquistare sulle principali piattaforme digitali. Attraverso il nostro sito (milk3.bandzoogle.com), peraltro, si può accedere direttamente a tali piattaforme con gli appositi link. Per quanto riguarda invece il supporto fisico, abbiamo deciso di optare per una soluzione innovativa, ovvero chiavette usb confezionate in un adeguato packaging, in vendita presso lo shop on line dell’etichetta e in occasione dei nostri concerti.

La pandemia ha drammaticamente fermato il settore artistico. Come avete reagito a tale situazione?
Roberto: Abbiamo reagito nella maniera più semplice, diretta e forse ardita possibile: facendo uscire il disco in piena pandemia, il 2 maggio 2020; il riscontro sul web è stato davvero lusinghiero.

Quali sono le sfide che avete dovuto affrontare e che affrontate tuttora?
Ricky: Chiaramente la distanza che ci separa – abitando in tre città diverse e distanti tra di loro – costituisce un ostacolo alla programmazione dei concerti, per cui dobbiamo necessariamente optare per rassegne e festival.

Che emozione vi suscita tornare a suonare per il pubblico?
Ricky: In effetti il primo concerto, tenutosi nella primavera del 2021 (dopo la “segregazione” forzata), ci ha fatto scoppiare il cuore di gioia!

Ora che i luoghi dello spettacolo sono più accessibili, che progetti avete per il futuro? Cosa vi aspettate da voi stessi?
Roberto: In realtà abbiamo in programma di tornare a esibirci all’estero, per ora tra Austria e Germania; vorremmo poi realizzare un nuovo disco, possibilmente prima dei prossimi dieci anni!… A parte gli scherzi, è già in cantiere un prossimo album, ancora diverso dagli altri…

 

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