8 luglio 2019
Si intitola “Trisonic” il nuovo album di Fabrizio D’Alisera
In occasione dell’uscita del suo nuovo album “Trisonic” abbiamo intervistato Fabrizio D’Alisera.
Di Eugenio Mirti
Ci spieghi il curioso titolo dell’album?
Volevo dare all’album un titolo che potesse descrivere il sound del progetto in modo preciso. “Trisonic” ovvero “trisonico” rende immediatamente l’idea di un trio, inoltre “tri” pronunciato alla latina rimanda in un certo senso al “three” anglofono.
Come hai scelto i musicisti?
Era da diverso tempo che stavo sperimentando il suono del trio e stavo aspettando di trovare il bassista giusto per realizzare le idee che avevo in mente. Pietro Ciancaglini è un bassista formidabile e di grande esperienza, èin grado di esplicitare perfettamente l’armonia e nello stesso momento ha l’energia per dare il drive a tutto il gruppo; inoltre in diversi brani il contrabbasso rafforza i temi del sassofono; è quindi un elemento ritmico, tematico e solistico in “Trisonic”. Non è un caso che Pietro abbia avuto collaborazioni con musicisti dal calibro di Lee Konitz, Joe Lovano e Dave Kikoski.
Quanto ad Andrea Nunzi, lo conosco da molti anni ed ho suonato spesso insieme a lui; è un batterista che ha molto controllo dinamico e sa seguire il solista dandogli grande supporto. Credo siano pochi i batteristi che sappiano ascoltare cosa succede in ogni momento e “fiutare” cosa serva alla musica.
Mi ritengo molto fortunato a poter suonare con musicisti come Pietro ed Andrea.
Come lavori a composizioni e arrangiamenti?
Dedico diverso tempo a capire bene il suono che voglio tirare fuori; impiego più tempo a capire quello che a scrivere i brani. Per “suono” non intendo il suono dei singoli strumenti, ma l’impasto tra di essi e la direzione verso cui punta la musica. Il trio in questo senso è molto impegnativo: da un lato ti dà la massima libertà e la possibilità di affondare nella tua immaginazione, in questo senso puo’ essere considerato un ensemble dal suono “intellettuale”; d’altro canti però ha un sound poderoso e crudo che ci avvicina ad una dimensione primitiva della musica.
Ho cercato in “Trisonic” di dare un equilibrio a questi due aspetti contrastanti. Per quanto riguarda la composizione in senso tecnico non scrivo mai con il sassofono. Spesso scrivo prima il tema e successivamente l’armonia. A volte succede invece che una sequenza armonica mi ispiri particolarmente la creazione di una melodia.
Per approfondire lo spettro armonico dei brani uso la chitarra, strumento che ho studiato per diversi anni prima del sassofono.
Perchè la scelta di “Ask me now”?
È l’unico standard del disco, gli altri brani sono tutte mie composizioni. Monk ha scritto musica incredibile, con un grande senso logico, e non ho mai capito perchè sia stato visto come “bastian contrario” ,”sui generis”, o additittura “folle”. Trovo al contrario che la sua musica abbia un forte senso logico; nella sua musica funzionano le note ed i rapporti intervallari, c’è un grande senso architettonico e strutturale, e lo stesso succede nella musica di Charlie Parker, pur essendo diversa. Inoltre il sound di Monk ha un fortissimo rapporto con la tradizione rurale e ragtime; quando la musica è costruita in questo modo puo’ essere suonata a mio avviso con qualsiasi strumento ed ensemble.
Ho scelto di suonare questo brano in solo sax. Mi rendo perfettamente conto che è stata una grande sfida, specialmente con uno strumento monofonico!
Cosa è il jazz oggi secondo te?
Lungi dal voler essere polemico trovo che oggi si faccia molta musica definita come “jazz”, ma che secondo me non lo è affatto. Con questo non voglio dire che non si possa fare altra musica, anzi! Ogni musicista puo’ e deve esprimersi liberamente e fare la musica che vuole; questo non significa però che sia “jazz”.
Nella società attuale stiamo perdendo la capacità linguistica di nominare le cose con delle parole adeguate, e questo genera molti fraintendimenti, in ogni campo, non è un problema esclusivamente musicale. Trovo che un musicista per potersi esprimere in modo efficace abbia bisogno di avere una profonda conoscenza della tradizione e dell’idioma jazzistico.
Ovviamente partendo da questo poi si puo’ creare una musica che può anche allontanarsi molto dai modelli storici, ma questo va fatto con coscienza e conoscenza, altrimenti non può esserci profondità musicale e non può esserci un legame con ciò che è stato prima il jazz.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sicuramente fra un pò mi verrà in mente qualcosa di diverso, tenersi allenati è un buon modo per favorire l’arrivo di nuove idee. Al momento però sono ancora concentrato su “Trisonic”.
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