La recente mostra Swing, Bop & Free, organizzata nell’ambito della rassegna meneghina JazzMi, ci ha dato l’opportunità di ammirare da vicino gli scatti fotografici di Roberto Polillo, quelli relativi alla sua produzione del periodo 1962 – 1974 nei quali sono ritratti molti grandi personaggi come Louis Armstrong, John Coltrane e Miles Davis. È stata una buona occasione per parlare con Polillo della fotografia in ambito jazz, di quello che ha rappresentato nel passato, dei cambiamenti in corso e di futuro.
di Roberto Paviglianiti
La mostra, le persone, il grande jazz
Allestita nell’ambito della rassegna JazzMi e dedicata al padre Arrigo Polillo, il più grande critico della storia del jazz italiano, Swing, Bop & Free è stata la mostra fotografica di Roberto Polillo dove sono stati esposti gli scatti relativi alla sua prima celebre produzione, quella che va dal 1962 al 1974, che include i ritratti storici di Miles Davis, John Coltrane, Louis Armstrong e di altri grandi musicisti. Il fotografo milanese ci ha parlato dei feedback ricevuti durante la mostra e dell’importanza storica delle sue foto: «Ha avuto un riscontro di pubblico molto interessante, soprattutto perché la gente era interessata sia alle fotografie sia alla storia del jazz. Ho fatto delle visite guidate, ho raccontato la mia storia e pillole di jazz degli anni Sessanta. È stata una bella esperienza e c’è stato un bel contatto con le persone, una sorta di esperienza didattica. Gli anni Sessanta sono stati un momento d’oro per il jazz, perché erano in attività i grandi maestri del jazz classico, come Louis Armstrong, Coleman Hawkins, Ella Fitzgerald, e poi c’erano i nuovi musicisti del free jazz che avanzavano. Erano anni importanti, di cambiamento».
Ritratti in bianco e nero
Negli anni Sessanta Arrigo Polillo, padre di Roberto, è il direttore della rivista Musica Jazz. È lui a commissionare al figlio le foto che gli occorrevano per i servizi redazionali. Vuole ritratti, e fa seguire i musicisti all’aeroporto, in albergo e nel backstage. Sono anni in cui Internet non esiste e le foto delle riviste sono praticamente l’unica occasione per i fan di vedere i volti dei loro musicisti preferiti. Roberto Polillo ricorda così quel particolare periodo storico: «Ero appassionato di fotografia e di jazz. Ho iniziato a sedici anni. Non fotografavo i gruppi e l’ambiente, ma figure singole e non ho mai fatto una foto in studio, erano scatti “rubati”. Usavo il bianco e nero, le pellicole a colori erano poco adatte, volevo cogliere l’espressione e spesso, in tal senso, il colore non aggiunge molto, anzi. Il bianco e nero drammatizza, e uno scatto è riuscito quando coglie l’attimo di intensità di un musicista che sta creando musica».
La foto jazz
Le foto di Roberto Polillo sono apprezzate in tutto il mondo, e hanno colto il carattere di un determinato momento storico. Sono foto che sanno “raccontare storie”, che catturano l’attenzione di chi le osserva per il loro magnetismo e il loro intramontabile fascino. Ma per fotografare il jazz serve un occhio particolare? Ecco cosa ci ha risposto: «La foto jazz può essere fatta in tanti modi: può esserci un ambiente, come il jazz club, il backstage e il teatro, oppure si può cogliere il rapporto tra il musicista e il proprio strumento, e gli strumenti del jazz sono molto interessanti da fotografare. Alcuni sono diversi dalla musica classica; la batteria, per esempio, è ricca di possibilità fotografiche. Negli anni Sessanta era tutto molto informale, quasi ci si poteva sdraiare sotto ai musicisti per scattare le foto, e questo dava molte soluzioni al fotografo. In altri ambiti, come la classica, questo aspetto spesso viene meno. Gli eventi rock, per dire, hanno tutta un’altra scenografia, quindi è il caso di scattare a colori per cogliere la grandezza dell’evento, ma si perde però un po’ il senso della musica in sé».
Rivoluzioni digitali
Roberto Polillo continua a documentare il jazz fino al 1974, dopodiché si dedicherà per quasi trent’anni all’informatica, altra sua grande passione, campo in cui riscuoterà notevole successo anche nelle vesti di didatta universitario. Riprende l’attività fotografica nel 2006 ritrovandosi catapultato nella nuova realtà digitale, come lui stesso ricorda: «Ho dovuto studiare da capo per adeguarmi al digitale. Questo nuovo aspetto tecnico dà possibilità d’espressione infinite. Poi possiamo anche essere nostalgici, ricordare la poesia e l’ansia del momento magico del ritiro dei provini al laboratorio di sviluppo, ma il digitale è superiore. La qualità, anche delle foto non professionali, è altissima, e questo in passato era impensabile». Roberto Polillo non si è perso d’animo e si è calato con umiltà in un nuovo scenario, riuscendo a rendersi riconoscibile anche nello spazio infinito della rete Internet, specializzandosi nella tecnica ICM, attraverso la quale realizza delle creative e intenzionali foto mosse.
Proiezioni future
Il digitale ha rivoluzionato la fotografia quanto le nostre abitudini quotidiane. Opporsi ai cambiamenti non è tra le intenzioni di Roberto Polillo, classe 1946, il quale sfrutta appieno le nuove possibilità, moltiplica la sua visibilità anche attraverso piattaforme social come Flickr e ipotizza scenari possibili. Ecco uno spaccato della sua visione futura: «Il linguaggio fotografico aveva dei limiti, oggi si è ampliato. Non dico, come fanno in molti, che la vera fotografia era un’altra, dico che viviamo una nuova fase. Uso reflex da 35mm e Photoshop in fase di postproduzione. Il futuro della fotografia ci serba grandi sorprese. Poter fare foto di alta qualità con il cellulare, immagini e video, ha cambiato il rapporto con la fotografia. Da rapporto artigianale, meditativo, documentario e di ricerca artistica, oggi è uno strumento di comunicazione. Si usa la foto per far vedere alla propria rete di contatti chi sono in quel momento. È un cambiamento concettuale enorme. I giovani pensano la fotografia in modo diverso da come la vedevamo noi. L’evoluzione tecnologica è continua. Le macchine fotografiche saranno sempre più avanzate, saranno sempre maggiormente connesse in rete, e crescerà in maniera esponenziale l’importanza delle riprese video».