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Satoyama
Inside The Score

Satoyama<br/>Inside The Score

21 ottobre 2019

Il nuovo appuntamento con “Inside the Score”

Nuovo appuntamento con la rubrica Inside The Score: abbiamo chiesto ad alcuni dei musicisti più emblematici della comunità jazzistica italiana di raccontarci una loro composizione. Buona lettura.

Dei Satoyama; a cura di Eugenio Mirti

Magic Forest è l’ultima traccia del disco, al quale dà il titolo. Questa scelta non è stata casuale, ma legata al paesaggio sonoro che il brano vuole regalare all’ascoltatore, una vera e propria chiusura del viaggio cominciato con la prima traccia, Plastic Whale. Questo ci ha portato ad immaginare una parte ritmica lenta e costante, in crescendo, che una volta unita alle altre caratteristiche del brano potesse dare la sensazione di “conclusione”, di “approdo”, di “scoperta” di un posto veramente magico.

Christian Russano (chitarra) ha originariamente scritto il tema e, come da prassi, l’arrangiamento è stato curato in sala prove da tutti e quattro insieme, cercando di creare il contesto migliore e più sincero possibile per dare voce alla melodia. Quest’ultima comincia nella sezione B dello spartito, ed è sostanzialmente costruita secondo una forma AABA. L’armonia è stata affidata alla chitarra, che accompagna anche ritmicamente la melodia stessa, cercando di renderla il più distesa e aperta possibile. Alla batteria abbiamo pensato subito di darle la responsabilità di rendere il tutto trascinante ma anche leggero, largo e morbido, mentre al contrabbasso è stato affidato il ruolo di costruire un tappeto sonoro sulla tonica del brano, il Mi, in modo da creare un bordone che potesse accentuare il carattere “viaggiante” e “sognante”.

Le A del tema presentano una progressione di accordi tonale che ruotano diatonicamente attorno al Mi maggiore e i suoi relativi gradi (quarto, quinto e sesto); in fase di arrangiamento ci siamo subito resi conto che questa parte del tema così esposta ci catapultava immediatamente nella nostra foresta magica, avvolti da una moltitudine di emozioni e immagini: viaggio, pace, distensione, sogno ma anche curiosità, magia, speranza.

Nel costruire questo piccolo arrangiamento siamo sicuramente stati influenzati dalla moltitudine di ascolti differenti che ognuno di noi ha abitualmente (in particolar modo, probabilmente, alcuni sound del post-rock, musica classica ed alcune caratteristiche di certe tipologie di jazz nord europeo). Nella parte B del tema abbiamo voluto spezzare per un attimo l’armonia e la ritmica viaggiante delle A verso sensazioni più malinconiche, che si risolvono dopo appena 8 battute.

Il solo di batteria è stato fin dall’inizio parte della costruzione del brano ed è stato “testato” in svariati modi. La costruzione armonica che lo accompagna è costruita secondo una progressione del tipo I – III- VImin – IImin – IIImin- IV, per la quale abbiamo studiato per diverso tempo le diverse modalità nell’affidare le voci ai tre strumenti interessati (contrabbasso, chitarra e tromba); il contrabbasso rimane sulle toniche lunghe, lasciando le parti superiori dell’armonia agli altri due strumenti, anch’essi impegnati con note lunghe (la chitarra grazie all’utilizzo dell e-bow).

Il nostro intento è stato quello di creare un sound molto “orchestrale”, sul quale la batteria potesse improvvisare liberamente. La scelta di affidare alla batteria un’improvvisazione libera sopra un tappeto orchestrale largo, ma in un certo senso anche serrato, nasce dalla volontà di creare un contrasto tra essa e i tre strumenti, così da contrapporre un nucleo caotico ad un nucleo ordinato e solenne. Come per la melodia, anche il solo lo abbiamo voluto costruire sulla dinamica, come intensità e come ingresso degli strumenti. La batteria, dopo l’esplosione, riesuma il groove iniziale per portare ad un’altra esposizione del tema (questa volta solo AAB, ci sembrava superfluo rifare tutto), anche questa con un lieve crescendo, senza il contrabbasso nella prima A per lasciare “respirare” il tutto dopo il grande impatto sonoro del solo.

Nella conclusione abbiamo deciso di sganciare il contrabbasso dal tappeto, per poter costruire una linea ascendente lirica che potesse andare sempre più in alto fino a “sfinire”, seguita poco dopo dalla batteria, mentre la chitarra si prende il ruolo di “tappeto” che apparteneva prima al contrabbasso, gonfiando la riverberazione per creare una sorta di grande massa fluida sonora nel quale tutto si immerge inesorabilmente, con la serenità di aver raggiunto, attraversato ed osservato pieni di speranza la foresta magica, dove tutto è in equilibrio.

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