
28 ottobre 2023
Giunto alla sua 47° edizione, torna a Roma uno dei più importanti festival europei, che da quasi mezzo secolo porta nella Capitale non solo i grandi nomi storici della scena internazionale ma anche, con instancabile curiosità e sensibilità, quegli esponenti delle nuove generazioni che continuano a innovare un genere musicale per sua natura senza confini. Il Roma Jazz Festival andrà in scena dal 2 al 26 novembre con 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, la Casa del Jazz e il Monk Roma.
Il festival sarà inoltre preceduto da un’anteprima il 12 ottobre, il concerto del franco-libanese Ibrahim Maalouf, uno dei musicisti più popolari della scena d’Oltralpe, che si esibirà al pianoforte e alla tromba, accompagnato da François Delporte alla chitarra e Mihai Pirvan al sassofono, in un grande evento speciale che segna la collaborazione fra due dei più prestigiosi festival jazz in ambito internazionale, il JAZZMI di Milano e, appunto, il Roma Jazz Festival.
Diretto da Mario Ciampà, il Roma Jazz Festival 2023 è realizzato con il contributo del MIC – Ministero della Cultura, di Roma Capitale ed è prodotto da IMF Foundation, in co-realizzazione con Fondazione Musica per Roma.
In un inebriante vortice di suoni e ritmi di ogni genere, da ogni parte del mondo, che si espande per un mese intero, per aggiornare la cartografia del jazz e indagare le tracce seminali della scena che verrà, sempre in perfetta sintonia con le grandi tematiche che segnano il nostro presente, il Roma Jazz Festival 2023 ruota intorno al concetto di “transizione”. «In un mondo dove la “transizione” ecologica, tecnologica, economica e sociale, rappresenta una delle principali priorità, la musica jazz, sempre attenta ai cambiamenti, non poteva che generare una ulteriore transizione stilistica», commenta il direttore artistico Mario Ciampà. «Oggi, la linea di demarcazione tra jazz, musica elettronica, musica contemporanea, musica popolare, rap o pop è diventata sempre più sottile e sfumata. Gli artisti dell’avanguardia contemporanea stanno creando una fusione unica in costante divenire, che sfida le convenzioni e non ha paura di evolvere verso qualcosa di nuovo. Il jazz contemporaneo è diventato un terreno fertile per l’esplorazione e l’espressione individuale, permettendo agli artisti di spingersi al limite delle loro abilità e di farsi portavoce di un messaggio di condivisione, integrazione e libertà».
PROGRAMMA
Dopo l’anteprima del 12 ottobre, il festival si apre il 2 novembre all’Auditorium Parco della Musica con uno dei chitarristi più influenti di tutti i tempi, John Scofield, in trio con Vicente Archer al basso e Bill Stewart alla batteria, per presentare live alcuni brani di “Uncle John’s Band”, il nuovo album appena uscito per la storica ECM, insieme a un repertorio di grandi classici del jazz, del rock e del blues.
Photo Credit To Nick Suttle
Il giorno seguente, 3 novembre, sempre in Auditorium, arriva al festival uno dei pesi massimi del jazz contemporaneo, il leggendario bassista e visionario compositore Avishai Cohen, per molti anni al fianco di Chick Corea: anche lui in trio, in cui spicca la giovanissima batterista Roni Kaspi, per un concerto che ruota intorno a uno dei suoi ultimi album, “Shifting Sands”, un lavoro nato nella sua Gerusalemme durante la pandemia.
Photo Credit To Hamed Djelou
Fra gli appuntamenti più attesi di questa edizione del Roma Jazz Festival c’è sicuramente, il 4 novembre, il concerto della cantante e chitarrista californiana Judith Hill, “voce stellare e potente” come ha scritto Rolling Stone. Artista straordinaria, che ha iniziato la sua carriera come corista di Stevie Wonder e Michael Jackson, prima di farsi produrre il suo primo album nientemeno che da Prince, Judith Hill porta sul palco quell’esplosivo mix di soul “vecchia scuola”, funky psichedelico, rock-blues e jazz, che contraddistingue il suo ultimo album. La data romana in Auditorium è una tappa di un lunghissimo tour mondiale, che anticipa il nuovo disco di prossima uscita, da cui è estratto il suo recente singolo Runaway Train, un brano in cui l’acclamatissima cantante fa un primo bilancio della propria vita e del proprio percorso artistico, fra scelte difficili e svolte liberatorie.
Dopo lo straordinario successo della scorsa edizione, tornano al festival i concerti dedicati ai più piccoli: “Fiabe Jazz” è un format/spettacolo di teatro e musica del Teatro Popolare d’Arte, che rilegge alcune delle fiabe più celebri a ritmo di jazz. Due gli appuntamenti mattutini in Auditorium, il 5 novembre con Kappuccetto Rosso e il 18 novembre con Cenerentola Rock. A completare il quadro della programmazione pensata per le bambine e i bambini, il concerto della Jazz Campus Orchestra, ensemble di giovanissimi talenti diretto da Massimo Nunzi il 12 novembre in Auditorium, con replica il 19 novembre al Monk: “Piccola storia del jazz tascabile per ragazze e ragazzi” è un affascinante viaggio nella storia del jazz, fra il racconto di divertenti aneddoti e l’esecuzione dei brani più celebri dei grandi maestri, da Louis Armstrong a Duke Ellington, da Dizzy Gillespie a Charlie Parker e John Coltrane.
La figura del Jocker, divenuta popolare grazie a Batman, ma che in realtà ha origine nelle corti medievali come archetipo di identità camaelontica, è invece al centro del progetto in trio di Vincent Peirani, fisarmonicista francese celebrato a livello internazionale sia dal pubblico che dalla critica più esigente: il 5 novembre in Auditorium presenta al festival il suo ultimo lavoro “Jockers”, un tripudio di jazz/rock dallo spirito indie, arricchito da effetti elettronici, in cui la formazione celebra figure come Jeff Buckley, Led Zeppelin, Trent Reznor e, addirittura, Marilyn Manson.
Photo Credit To Stanislas Augris
Ultimo dei tre appuntamenti del 5 novembre, il live al Monk di MonoNeon, artista/icona che ha fatto dell’eclettismo la propria cifra stilistica: avant-garde e southern soul, funk e campionamenti, suoni atonali e voci distorte polifoniche, sono soltanto alcuni dei territori esplorati da un artista iper-prolifico (ben venticinque album in dieci anni!), apprezzato anche per i suoi bizzarri e vistosissimi look ispirati al dadaismo e per il suo originale basso capovolto suonato con la sinistra.
Dal Monk si torna in Auditorium Parco della Musica con l’imperdibile concerto del 9 novembre, quello del pianista sudafricano Nduduzo Makhathini, uno dei musicisti più impegnati nella diffusione del messaggio artistico del suo Paese. La sua musica, cosmica e ancestrale, è un concentrato di spiritualità e amore per le radici del popolo zulu, un insieme di mistica contemporaneità, tradizioni religiose, insinuanti cantilene e appaganti esperienze emotive, come dimostra il suo ultimo album “In The Spirit of Ntu”, un disco che celebra l’unità dell’essere in stretta comunione con la natura.
Photo Credit To Hugh Mdlalose
Legato alle radici, ma di tutt’altra provenienza geografica, è il Carlsson Kotača Trio, giovanissima formazione composta da musicisti provenienti dalla Svezia, dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia, che il 10 novembre alla Casa del Jazz proporrà al pubblico del festival un’originale rivisitazione in chiave jazz, con decise incursioni elettroniche, dei canti popolari del nord e dell’est Europa.
Photo Credit To Jiří Lubojacký
L’11 novembre in Auditorium la 47° edizione del Roma Jazz Festival tocca un altro dei suoi momenti culminanti con l’attesissimo concerto degli Yellowjackets, una band leggendaria che, in oltre quarant’anni di carriera alle spalle, costellata da innumerevoli riconoscimenti, ha scritto la storia della fusion e del jazz elettroacustico. La formazione statunitense ha da poco pubblicato l’ultimo album “Parallel Motion”, un ritratto in technicolor di una band in vibrante comunione creativa, che non mostra segni di un’imminente crisi di mezza età.
Photo Credit To Roberto Cifarelli
Oltre al concerto mattutino della Campus Jazz Orchestra, sono due i concerti in programma il 12 novembre, entrambi in Auditorium. Nel pomeriggio, il live di Conversessions, ensemble vincitore di LAZIOsound 2023, che esplora le possibili interazioni fra jazz e metal, soul e progressive. In serata sarà invece la volta di Jan Bang & Eivind Aarset Trio: Aarset e Bang sono due tra i musicisti norvegesi più influenti nel campo della musica sperimentale ed elettronica, vantano collaborazioni con artisti del calibro di David Sylvian e Nils Petter Molvær. Fra jazz, ambient ed elettronica, portano sul palco l’esperienza multidimensionale dell’ultimo lavoro inciso insieme, “Last Two Inches of Sky”, una coinvolgente miscela di suoni art-pop.
Photo Credit To Anita Soukizy
Programma doppio anche per la giornata del 16 novembre, quando al festival si esibiranno in contemporanea Anaïs Drago alla Casa del Jazz, considerata tra le più talentuose violiniste del panorama italiano e, in Auditorium, Tony Levin’s Stick Men, il progetto di Tony Levin e Pat Mastelotto, rispettivamente il bassista e il batterista della storica band King Crimson, cui si aggiunge la touch guitar di Markus Reuter, uno strumento da lui stesso disegnato, che dialoga brillantemente con il chapman stick di Levin, strumento che ha in sé sia le corde del basso che quelle della chitarra.
Photo Credit To Emanuele Meschini
Lo stesso schema si ripeterà il giorno seguente, 17 novembre: alla stessa ora in Auditorium si esibirà l’istrionico sassofonista Francesco Bearzatti che, dopo una serie di album dedicati a icone rivoluzionarie come Tina Modotti, Malcom X, Thelonious Monk e Zorro, presenta al festival il nuovo progetto “Post Atomic Zep”, in cui reinterpreta il repertorio dei Led Zeppelin; alla Casa del Jazz invece appuntamento con una delle musiciste più interessanti della nuova generazione, la compositrice e contrabbassista Ilaria Capalbo, per assistere all’esecuzione live di “Khartago”, il suo primo album come band leader, che gli è valso un deciso apprezzamento da parte della critica nazionale e internazionale e un lungo tour europeo. In occasione della tappa romana, Ilaria Capalbo presenterà in anteprima anche alcune nuove composizioni scritte per il suo quintetto, caratterizzate dall’uso di sonorità elettriche, arrangiamenti sperimentali e un forte interplay.
Photo Credit To Paolo Soriani
Dopo la matinée con Fiabe Jazz, il 18 novembre si articola ancora una volta con un doppio concerto serale in contemporanea. Alla Casa del Jazz arriva la pluripremiata batterista e compositrice, nonché animatrice culturale e attivista per le pari opportunità, Cecilia Sanchietti che, alla guida del suo nuovo Swedish Quintet, presenterà in anteprima il suo nuovo album “Colours”, di prossima uscita per Parco della Musica Records, un disco dalle sonorità nordeuropee in stile ECM, tra modern e pop-jazz.
Atmosfere completamente diverse saranno invece quelle create da Raffaele Casarano in Auditorium: il sassofonista salentino, considerato tra i più talentuosi e conosciuti interpreti della New Jazz Generation italiana, fiore all’occhiello della Tùk Music di Paolo Fresu, presenta live al festival il suo ultimo album “Anì”, uscito nel 2022 e dedicato a sua figlia Anita. Un disco dalla dimensione spirituale/trascendentale, che parte dal Salento per allargare i confini in direzione sud, verso il calore mediterraneo del Nord Africa.
Dal Nord Africa si spicca il volo verso l’Iran con scalo in Australia: il 22 novembre in Auditorium arriva l’Eishan Ensemble, formazione in continua evoluzione guidata dall’acclamato musicista e compositore iraniano-australiano Hamed Sadeghi, artefice di uno stile definito da molti come Persian Chamber Jazz o Middle Eastern Jazz fusion.
Photo Credit To Rhiannon Hopley
Il gran finale della 47° edizione del Roma Jazz Festival si aprirà con un concerto che promette di essere un’esperienza davvero unica: il 26 novembre, nel pomeriggio, saliranno sul palco dell’Auditorium Parco della Musica tre musicisti straordinari, a partire da Shabaka Hutchings, la voce più rappresentativa della nuova scena inglese, colui che ha reso il jazz “cool” tra le nuove generazioni, anima di gruppi come Comet is Coming, Sons of Kemet e Shabaka and The Ancestors. A dialogare con le sue evoluzioni al sax, al clarinetto e al flauto ci saranno le melodie incantatorie del cantante e compositore marocchino Majid Bekkas e la potente e raffinata complessità ritmica del batterista americano Hamid Drake: un travolgente incontro tra le ipnotiche e rituali sonorità gnawa, l’anima black e il jazz americano contemporaneo.
Subito dopo ci si sposta al Monk per l’esplosione ritmica del live di Giacomo Turra & The Funky Minutes, un vero tripudio di funk e R&B ad opera del giovane chitarrista che con i suoi video infiamma la sua pagina Instagram, seguita da migliaia di followers in tutto il mondo.
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