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Pure Joy<br/>Intervista a Joy Grifoni
Photo Credit To Riccardo Pellizzola

Pure Joy
Intervista a Joy Grifoni

28 gennaio 2019

Si intitola Pure Joy il disco pubblicato da Abeat realizzato dall’ensemble guidato da Joy Grifoni: l’abbiamo intervistata.

Di Eugenio Mirti

Ci spieghi il titolo del disco?
Spirit of the Wood è un’opera che intende raccontare una storia, una riflessione ispirata all’amore che nutro per la natura, nella quale ho la fortuna di vivere immersa. Si tratta del primo di una serie di cinque dischi che saranno dedicati ciascuno ad un elemento dell’ambiente. Questo percorso nella filosofia taoista viene definito Wu Xing e segue un tragitto di eterna creazione in cui gli elementi creano un racconto di reciproca rigenearzione.
Osservare la natura mi ha portata a riflettere molto sulla mia storia personale e sul cammino dell’umanità. Nell’universo tutto è in cambiamento, e l’atto creativo non può che nascere da un pacifico equilibrio delle parti. Credo che la natura sappia dare molte sagge risposte alle domande della nostra coscienza, in un’epoca di grande frammentazione e smarrimento.
La parola “wood” mi è sempre piaciuta molto perchè significa sia “legno” che “foresta”, mi riporta subito alla metafora dantesca della selva come sfida esistenziale. Il legno, inoltre, è una materia viva che rappresenta l’energia della crescita. La vitalità e la creatività appaiono in primavera: le piante sbucano dalla terra e tutto prende vita lentamente ma inesorabilmente, con la forza e la delicatezza di un germoglio in formazione. Si tratta di un viaggio attraverso la speranza di una rigenerazione.


Come lavori a composizioni e arrangiamenti?
I brani raccolti in questo primo lavoro sono stati scritti nell’arco di un decennio e sono frutto di innumerevoli manipolazioni. Nelle mie scritture cerco di conservare un approccio più istintivo che razionale, affidandomi moltissimo all’importanza delle idee melodiche. Credo che scrivere un tema che abbia una sua cantabilità sia molto importante; il lavoro armonico solitamente soggiace a questa esigenza. Gli arrangiamenti nascono, invece, dal lungo lavoro di sperimentazione pratica con il gruppo, sia in prova che nei live. I musicisti con cui ho avuto la fortuna di lavorare hanno portato moltissime interessanti proposte ed alcune di queste sono poi rimaste negli arrangiamenti definitivi che abbiamo inciso. In particolare la collaborazione con il nostro primo ospite, Fausto Beccalossi, è stata molto fertile di innovazioni.
Le idee tematiche arrivano quando meno potrei aspettarmelo. Molto spesso mi succede che ad una piccola frase se ne agganci un’altra in maniera immediata, e in poco tempo ne viene fuori un tema. A volte, invece, ci vogliono diversi giorni di limatura perchè un tema mi soddisfi pienamente. Passeggiare nella natura mi distende e mi pone in una dimensione creativa in cui più facilmente riesco a trovare le soluzioni che cerco.

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Come si è formato il quintetto?
Mi piace pensare questo gruppo come una stanza nella quale ognuno è libero di entrare ed uscire, un laboratorio permanente. Con alcuni membri della band suono ormai da molti anni, con altri ho iniziato questa collaborazione più recentemente. Posso dire che il supporto di ognuno è stato fondamentale per avere una visione caleidoscopica del suono che sto cercando. Passare attraverso molti linguaggi e molte esperienze ha arricchito moltissimo sia me che le scritture del progetto. Le primissime sperimentazioni con questi brani risalgono addirittura all’ensamble con cui partecipammo ad Umbria Jazz Winter del 2010, nel quale erano coinvolti musicisti da ogni parte d’Europa. Viaggiare e confrontarmi con tanti idiomi è stato importante per la mia ricerca. Pure Joy è oggi non solo un quintetto, ma una famiglia molto grande di cui fanno parte decine di artisti che hanno contribuito a valorizzare il nostro lavoro.

Cos’è il jazz oggi?
Questa non è una domanda semplice. Posso dirti con onestà che io mi sono avvicinata a questo genere incuriosita dalla grande libertà che leggevo nell’improvvisazione. Ho sempre considerato il mondo del jazz un angolo libero del mondo; spero che questo linguaggio così forte, fiero e politico possa fungere da vessillo interculturale per una svolta necessaria in favore di una maggiore responsabilità e di un più sano altruismo. Il jazz di oggi è una creatura meravigliosa che abbraccia migliaia di idiomi, di storie e di umori; un messaggio di pace. Spero che anche noi musicisti delle nuove generazioni sapermo comprendere e valorizzare tanta ricchezza. Credo che l’importante sia mettere insieme gli elementi affinchè possano generare insieme, in armonia, una nuova forza.

Cambia per un musicista essere leader?
Io non credo molto nella leadership a senso unico. Credo possa a lungo andare ostacolare la libera espressione creativa. Anche se sono di fatto la fondatrice del progetto Pure Joy posso dire che ogni scrittura viene creata come un abito per calzare su chi la indosserà, quindi la leadership di ognuno è molto importante. La responsabilità condivisa alleggerisce molto il peso delle decisioni da prendere e mi piace pensare che ognuno sia leader del suo elemento. A me spetta un incarico di tessitore, un po’ come è il ruolo stesso del contrabbasso che dovrebbe sostenere, creare una base per il ritmo, l’armonia e la libera danza della melodia.
Essere leader di se stessi, invece è importante. Significa saper prendere posizione con le proprie idee anche se può essere molto scomodo. Spero che la mia musica possa migliorare qualcosa nell’anima di chi la ascolta, anche solo per una volta. La “gioia pura” che dà il nome a questa ricerca non fa tanto riferimento al mio nome quanto ll’intento che mi prefiggo di portare avanti nell’arte e nella continua ricerca di sfide e collaborazioni.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Se
Spirit of the wood era soprattutto ispitato alle tradizioni del Sud America quest’anno siamo già all’opera con la registrazione di un secondo album che si intitolerà “Firedance”, carico di molte suggestioni mutuate dal nord Europa e dal rock. La sperimentazione di Mark Turner continua ad appassionarci molto e ne traiamo grande ispirazione. Nei prossimi giorni avremo ospite un grandissimo artista italiano, Giovanni Amato. Lavorare con lui ci emoziona molto perchè stimiamo infinitamente il suo lavoro. Ci saranno senz’altro moltissime nuove idee, che ci porteranno avanti verso il terzo passo di questo meraviglioso viaggio attraverso la conoscenza dei linguaggi e della natura. Sono molto curiosa di avere un riscontro dal vivo delle nuove opere di questo bellissimo percorso con un’etichetta speciale come Abeat.

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