
Sono un critico musicale: ossia, una di quelle sinistre creature che nelle notti di luna piena divorano dischi, per poi restituirli trasformati in recensioni.
O meglio, quest’attività di cottura alchemica l’ho svolta su Jazzit per buona parte degli ultimi dieci anni, insieme a interviste e pezzi sull’attualità jazzistica. Poi, è subentrato un senso di sazietà.
Intendiamoci, sono felice di averlo fatto, perché mi ha permesso di scoprire quanta bella musica e quanti bravi musicisti ci siano in giro. Però, chissà: sarà l’età che avanza («lei è entrato nella quinta decade», come mi ha detto recentemente il medico), sarà la mia natura anacoretica che si fa sempre più prepotente, sta di fatto che con il passare del tempo ho cominciato ad interessarmi in maniera quasi esclusiva alla storia del jazz.
E, scavando scavando, mi sono accorto che, più andavo indietro, più le cose si facevano interessanti.
Come tanti, io ho cominciato ad ascoltare il jazz con ciò che avevo a disposizione. E ciò che avevo a disposizione era la collezione di cd di un amico, da cui ho attinto i miei primi ascolti: Miles Davis, Coltrane, Bill Evans, Ornette Coleman. Da lì sono partito, per poi andare avanti. Raramente indietro.
Già il be bop, a quei tempi, mi pareva difficile da digerire. Lo swing, lo guardavo con lo snobismo del neofita, per il quale oggi provo un senso misto di tenerezza e di vergogna. Ciò che era successo prima, per me, nemmeno esisteva.
E invece esisteva eccome, solo che ce ne ho messo di tempo per rendermene conto. Dapprima leggendo, poi scovando i dischi, poi – con l’avvento di YouTube e del file-sharing – navigando e scaricando.
E allora questo blog vuol essere una raccolta, assolutamente asistematica ed estemporanea, delle cose che mi piacciono di più; di quelle che ho scoperto, continuo a scoprire e – speriamo – scoprirò in futuro. Ad ognuna, assocerò un piccolo commento: “piccolo” perché non intende prevaricare la musica, ma solo introdurla e accompagnarla.
Vi aspetto.