25 ottobre 2022
Intervistiamo il percussionista e didatta salernitano Igor Caiazza, che ci racconta il suo ultimo lavoro discografico “People”, registrato al Marekà Studio di Napoli e pubblicato dall’etichetta discografica AlfaMusic. L’album, oltre ad ospitare musicisti di spicco del jazz italiano, si avvale della partecipazione del clarinettista toscano Nico Gori.
a cura di Andrea Parente
Il tuo nuovo disco “People” (AlfaMusic, 2022) è uscito il 23 settembre. Cosa ti ha spinto a incidere questo disco?
La consapevolezza che l’empatia sia una delle cose più importanti per la nostra vita, perché gli esseri umani, in quanto animali sociali, hanno la necessità di relazionarsi tra di loro. “People” è stato voluto da me e da Nico Gori dopo una serie di concerti nei quali l’empatia e l’umanità sono state tali da decidere di voler incidere queste sensazioni. Tant’è che i brani del disco li ho scritti ispirandomi proprio allo stile e al modo di suonare di Nico.
Cosa ti ha spinto, invece, a scegliere AlfaMusic, l’etichetta discografica di Fabrizio Salvatore e Alessandro Guardia?
Per lo stesso motivo per cui ho deciso di suonare il jazz, scegliendo le persone con cui condividere la musica, i concerti e i dischi: l’empatia, appunto. Quando incontri persone che hanno i tuoi stessi interessi, i tuoi stessi obiettivi e che avvertono le tue stesse sensazioni senza che ci sia il bisogno di parlare, allora quelle sono le persone giuste con cui condividere qualcosa. E ciò è accaduto anche con Fabrizio Salvatore e Alessandro Guardia di AlfaMusic.
Cosa spinge oggi un musicista a registrare un disco, nonostante tutte le difficoltà causate dall’espandersi della musica “liquida”?
Credo che la motivazione sia la stessa che spinge un altro artista a dipingere un quadro, scolpire una scultura, costruire un’installazione. Materializzare il proprio pensiero, la propria idea, il proprio talento, avere qualcosa da dire e desiderare di condividerlo con il mondo, con le altre persone. Questo credo che sia il desiderio di ogni artista, anzi, di ogni essere umano.
Che significato ha il titolo? Come hai sviluppato il percorso narrativo del disco?
“People” è dedicato alle persone, e in particolare ai rapporti umani. Ho pensato a quanto la presenza o meno di un essere umano condizioni la vita di ognuno di noi, e quanto ciò sia importante per il nostro umore, per le nostre ispirazioni. Questa è una frase che ripeto spesso, perché oggi, dopo la pandemia, con una guerra in atto e i social network che ci dividono e ci allontanano sempre più, abbiamo dimenticato quanto invece i rapporti e le relazioni umane siano importanti per la nostra sopravvivenza.
“People” è il tuo secondo disco da leader. Cosa lo differenzia da “Blu” (Abeat Records, 2021), il tuo precedente lavoro discografico?
Sicuramente lo strumento musicale: in “Blu” suonavo il vibrafono, mentre in “People” suono la batteria! Inoltre “Blu” è un disco introspettivo, profondo, e la musica scritta è simile a una “colonna sonora”. “People” invece è un disco più “jazzy” e rivela chiaramente la mia passione per il jazz, senza mai però allontanarmi troppo dal mondo della musica classica e dallo spirito partenopeo che mi appartengono da sempre.
Cosa ti ha motivato nello scegliere il clarinettista Nico Gori, il contrabbassista Marco De Tilla e il pianista Claudio Filippini come collaboratori del disco, insieme ad Emilia Zamuner, Marco Zurzolo e Alessandro Tedesco come ospiti?
Provenendo da un percorso “classico”, ho iniziato a suonare jazz proprio per scegliere le persone con cui condividere la musica, cosa che in un’orchestra, per ovvie ragioni, non è possibile fare. Motivo per cui, ogni volta che registro un disco è fondamentale per me avere amici, e luoghi “amici”, con cui e dove registrarlo. Anche questa volta la scelta dei miei compagni di viaggio non è stata casuale: sono tutti musicisti, artisti, professionisti e amici, con cui c’è una particolare empatia e naturalezza nel confronto umano.
Nel corso degli anni hai collaborato con artisti molto importanti della scena jazzistica nazionale e internazionale, quali Fabrizio Bosso, Javier Girotto e, infine, Nico Gori. Cosa hai imparato da loro?
L’umiltà e l’amicizia sincera. I grandi musicisti, tutti quelli che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita, hanno in comune la semplicità, l’umanità e un’immensa cultura.
Degli undici brani presenti nel disco, nove sono composizioni originali, mentre due sono omaggi alla tua carriera operistica. Da cosa ti lasci ispirare quando componi?
Dall’istinto, dallo stato d’animo di un momento, dalle sensazioni interiori che un luogo, un’atmosfera o un essere umano riescono a trasmettermi. Cerco sempre l’ispirazione più diretta e naturale possibile, non uso costruzioni mentali, ma scrivo volutamente in maniera semplice e chiara.
Il tuo background musicale è caratterizzato da una solida formazione “classica”. Qual è il segreto per conciliare due mondi così diversi tra di loro, quali la musica classica e la musica jazz?
Beh, premettendo che conciliare due generi musicali praticamente opposti possa risultare quasi impossibile, per quanto mi riguarda posso dire che sia stato quasi un caso, per “colpa” della mia iperattività e necessità di sentirmi libero. Mi spiego: la musica classica è un genere musicale molto limitato, nel senso che è tutto prestabilito, delineato, chiuso in delle regole rigide e ben precise. Questo determina il dover sempre avere una preparazione e una disciplina enormi, e un’altrettanta padronanza dello strumento musicale. Ma questi “limiti”, per carattere, mi stavano un po’ stretti, così, grazie alla mia adolescenza da batterista, ho sempre coltivato anche altri generi musicali, appassionandomi infine al jazz, che credo sia il genere musicale più puro e libero che esista. La mia via di fuga dalla musica classica, insomma!
La tua formazione è un quartetto. Cosa ha significato questo a livello timbrico, espressivo e di arrangiamento?
Solitamente non amo le formazioni “classiche”, nel senso che in quanto polistrumentista preferisco sempre mescolare strumenti e strumentisti diversi. Questa volta, per dare modo al grande Nico Gori di emergere con i propri strumenti e con il suo inconfondibile modo di suonare, ho pensato di “accompagnarlo” con una classica formazione in trio: piano, contrabbasso e batteria.
Hai presentato il disco in anteprima nazionale al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, in occasione del “Napoli Jazz Fest 2022”. Che emozione hai provato?
Beh, differentemente dagli altri miei dischi, “People” è stato concepito e registrato a Napoli, tant’è che l’ultimo brano, non previsto, scritto praticamente una settimana prima della registrazione, è dedicato a questa straordinaria città. Si intitola Il Mare di Napoli, e chiaramente il “mare” in questione non è semplicemente il mare di Napoli, ma la sua gente, la sua atmosfera, i suoi profumi e i suoi odori, la sua aria, il suo cibo, la sua arte… insomma, un mare di cose caratteristiche di Napoli! Nel disco il suono e il modo di suonare palesemente partenopeo di Marco Zurzolo credo rappresentino tutto questo appieno! Presentarlo poi al Napoli Jazz Fest, tra l’altro facendo in modo che “People” uscisse esattamente lo stesso giorno della data del nostro concerto al Conservatorio di Napoli, è stata la massima celebrazione che io potessi desiderare!
Il 14 e 15 febbraio ho avuto il piacere di assistere alle registrazioni del disco al Marekà Studio di Vittorio Riva e Francesca Prattico. Alla domanda «come sono andate le registrazioni?», tu mi hai risposto «in perfetta armonia e amicizia, senza ansie, senza fretta, senza stress. È stato come passare due giorni di vacanza insieme agli amici di sempre. Questo è lo spirito migliore per condividere ed esprimere al meglio la musica». Le stesse sensazioni si sono presentate anche durante la performance live del disco?
Assolutamente sì! Sempre per il motivo che ho tenuto a spiegare all’inizio di questa intervista, e che terrò sempre a evidenziare nella mia vita: ho scelto di suonare il jazz per scegliere le persone con cui condividere la musica, i progetti, i dischi e i concerti. E questo è imprescindibile. Faccio sempre in modo che nulla e nessuno possa compromettere la serenità umana dei gruppi di persone con cui scelgo di suonare. Quindi, “selezionando” con molta cura i musicisti e gli amici con cui condividere i miei progetti, i live sono sempre una grande festa.
Infine, che progetti hai per i prossimi mesi?
Nei prossimi mesi porterò in tour “People”, che ho già presentato in diversi concerti di metà ottobre a Roma, Potenza e Salerno, e ce ne saranno altri a breve, in trattativa e in via di definizione. Contemporaneamente però non mancano mai i periodi in cui cerco di ritagliarmi il tempo per continuare a suonare la musica classica, insieme alle orchestre con cui collaboro ormai da molti anni. Inoltre un prossimo progetto jazz già bolle in pentola, ma non lo svelerò ancora!
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