21 dicembre 2017
Incontriamo Corrado Beldì, direttore artistico di NovaraJazz, un progetto che è qualcosa di più di un evento, perché unisce una ricca programmazione di concerti con laboratori didattici, workshop, guide all’ascolto, progetti sociali e degustazioni. NovaraJazz è inoltre tra i soci fondatori dell’associazione nazionale I-Jazz e in questa intervista cercheremo di saperne di più su una storia tanto complessa quanto affascinante: un esempio di come si possa promuovere in Italia la cultura della musica jazz.
di Luciano Vanni
Ci racconti come e quando nasce NovaraJazz?
NovaraJazz nasce per merito di Riccardo Cigolotti, mio amico e socio, che a partire dal 2003 iniziò a organizzare alcuni concerti jazz al Conservatorio Cantelli. In seguito invitò per una residenza Butch Morris, che per me rappresentava una vera e propria leggenda. Così, complice anche una strana conferenza a cui ero stato invitato per parlare di Uri Caine, decidemmo di lavorare insieme per creare un festival. Riccardo aveva 25 anni, io ne avevo 29. In questi giorni, stiamo avviando la nostra quindicesima stagione di concerti.
Quale tradizione aveva la tua città, per quanto riguarda la musica jazz?
Novara non aveva una vocazione molto spiccata per il jazz, anche se in città vivevano alcuni musicisti storici, penso a Wally Allifranchini, e due scuole di musica, di cui nessuna particolarmente votata al jazz, nemmeno il locale Conservatorio. Tuttavia in città erano stati organizzati nel corso degli anni alcuni concerti con musicisti di rilievo, ricordo Mal Waldron con Tiziana Ghiglioni, George Wallington e l’Ensemble di Myra Melford al Broletto, quando avevo diciassette anni. Negli anni settanta c’era stato inoltre un concerto di Milt Jackson, di cui resta ancora una bellissima foto dietro la reception di un albergo nel centro storico.
Cosa significa, al giorno d’oggi, essere promoter di un evento jazz?
Nel mio caso significa cercare di costruire nel tempo una istituzione che possa promuovere la musica jazz contemporanea, e allo stesso tempo sia in grado di costituire uno strumento di promozione del territorio, delle bellezze architettoniche e naturalistiche di Novara e della sua provincia, ma anche delle tradizioni enogastronomiche che ci contraddistinguono: il riso, il gorgonzola e gli ottimi vini delle nostre colline.
Quali sono gli strumenti con cui riuscite a finanziare la vostra attività?
Abbiamo il sostegno di base del Comune di Novara e della locale Fondazione BPN, e inoltre partecipiamo a bandi di altre fondazioni bancarie piemontesi, il cui ruolo è fondamentale per consentirci di realizzare la programmazione del festival e della stagione. Da qualche anno abbiamo anche un contributo da parte della Regione Piemonte e da tre anni siamo entrati, come nuova istanza, tra le stagioni sostenute dal FUS. Abbiamo poi un ufficio sponsoring che si occupa di coinvolgere aziende partner che credono nel nostro progetto, penso a Novamont che realizza per noi i bicchieri brandizzati in bioplastica Matter-Bi, al Consorzio Gorgonzola che sostiene i nostri progetti enogastronomici, a Radici Chimica che supporta iniziative legate alla solidarietà e a tanti altri ancora, dai Media Partner nazionali al biscottificio Camporelli che ci offre generose quantità di biscottini di Novara, la cui degustazione è ormai una tradizione per i musicisti provenienti da ogni parte del mondo che vengono a suonare da noi.
Raccontaci, in poche parole, il carattere, l’identità e i valori del vostro festival.
Promozione dei linguaggi innovativi: siamo un festival molto orientato al free jazz. Attenzione ai giovani, e in questo caso penso alla rassegna di Street Jazz con quarantasei concerti di gruppi provenienti da quattordici conservatori italiani e alla stagione Taste of Jazz, con ventidue concerti di giovani gruppi e un concorso che porta il vincitore a suonare sul palco principale di NovaraJazz e al festival estivo di Chalon-sur-Saone. Esperienza intesa come ricerca costante di una fusione tra musica e territorio, e mi viene in mente il concerto nel prato della Canonica del Duomo, al tramonto, con una performance di ricerca, seguita da una degustazioni di risotti e di vini locali. Attenzione al sociale, come il nostro progetto di Orchestra di Periferia. Crescita del pubblico di domani, e penso a tal proposito a tutti i progetti di musica per bambini che stiamo costruendo in questi anni e che vorrei diventassero presto un festival nel festival.
Che relazione avete con il tessuto cittadino? Come siete riusciti a coinvolgere gli abitanti della vostra città?
Il nostro è un lavoro costante, in cui chiedo continuamente ai miei collaboratori: “Chi non abbiamo ancora coinvolto nel nostro progetto?”. Credo che un festival e una stagione di successo debbano interagire in modo tentacolare con tutte le associazioni locali, anche con quelle che apparentemente hanno obiettivi diversi: penso così ai progetti per gli anziani fatti con Auser, alla collaborazione con la Società Fotografica Novarese e alle recenti esperienze con la Cooperativa Sociale Aurive, ma anche al Rotary, all’Arci, alle scuole di musica, insomma vorrei che tutti contribuissero al nostro progetto, che è e resta un progetto per la città.
Che tipo di comunicazione avete adottato per valorizzare il vostro evento?
Lavoriamo molto sul web, abbiamo costruito una newsletter con 16.000 contatti, lavoriamo sui social concentrandoci su FB e su Instagram, per i quali abbiamo una persona dedicata. Facciamo poi comunicazione cartacea, costituita da manifesti, locandine e cartoline e abbiamo un ufficio stampa che lavora molto bene sulle testate locali, nazionali ma anche internazionali. Quest’anno sono venuti a trovarci i giornalisti di Salt Peanuts, di JazzWise e di El Paìs. Un lavoro costante che intendiamo portare avanti, nei prossimi anni, sviluppando degli strumenti di promozione turistica all’estero, con l’obiettivo di portare sempre più appassionati, anche stranieri, a passare un fine settimana a NovaraJazz, tra concerti e scoperta delle bellezze del territorio.
Andiamo sul programma: che musica ascolteremo in questa stagione?
Abbiamo dieci concerti in programma per la stagione invernale: siamo partiti con una nostra coproduzione, il duo di Gabriele Mitelli e Alexander Hawkins, due musicisti che stimo molto. Avremo poi il duo inedito di Antonio Zambrini e Ada Montellanico, che in questi anni ho avuto modo di stimare anche come presidente appassionata di MIDJ. Ci sarà quindi la consueta produzione multidisciplinare musica-danza con Roberta Racis del Balletto di Roma insieme a Francesco Diodati ed Ermanno Baron. Segnalo poi il duo di Trevor Watts e Veryan Weston che proseguirà la nostra ricognizione sul jazz inglese, e nella stessa sera suoneranno i “nostri” Stefano Ferrian e Simone Quatrana. Torneranno poi Marco Colonna e Agustí Fernández, questa volta in un inedito trio con Zlatko Kaučič. Avremo poi due residenze, quella di Dave Burrell con Winword Passages e l’Ararat Ensemble ed Eve Risser la quale, oltre a un concerto in solo, realizzerà un nuovo progetto musicale con il nostro NovaraJazz Collective, in residenza a Mare Culturale Urbano all’interno del cartellone di Jazzmi. Abbiamo poi ventidue concerti Taste of Jazz all’Opificio, uno sguardo ampio e interessante sui giovani talenti under 35 del Nord Italia, tra l’altro in circuito in altre quattro location tra Piemonte e Lombardia, e quattro appuntamenti con l’Aperitivo in Jazz al Piccolo Coccia, un programma divulgativo, inteso come un’illustrazione nel tempo dei vari stili della storia del jazz.
Tra i tanti artisti del cartellone, quali sorprese ti attendi?
Eve Risser è la grande sorpresa dell’anno per il jazz europeo. Mi aspetto un concerto in piano solo memorabile. Ho poi una grande ammirazione per il percorso artistico di Marco Colonna, un vero musicista da esportazione. Infine, se proprio mi dai una terza cartuccia, sono molto curioso di riabbracciare Dave Burrell, che sarà per la terza volta a Novara, ma in questa occasione con un progetto orchestrale inedito e in prima mondiale.
Come si è evoluto, negli anni, questo evento?
NovaraJazz è un gomitolo di passioni che si è allargato negli anni aggiungendo progressivamente altri elementi, i quali sono entrati in sinergia e lo hanno rafforzato. Penso ai concerti nei luoghi più affascinanti di Novara e provincia, come la cupola di San Gaudenzio, opera incredibile di Alessandro Antonelli o i concerti nel Parco del Ticino. Penso al programma per bambini che si sta consolidando. Penso all’Orchestra di Periferia che sta nascendo. Penso alla collaborazione con le scuole, con gli studenti in stage dei Licei Musicale, Artistico e Alberghiero. Penso a tutti quei commercianti generosi che ogni anno partecipano al concorso Vetrina in Jazz e trasformano per un mese il centro storico di Novara in un luogo di creatività diffusa, che ha colpito moltissimi spettatori e artisti venuti in città da tutto il mondo.
Qual è la più grande gratificazione umana e professionale che vivi ogni volta che promuovi questa manifestazione?
Vedere l’entusiasmo del team che lavora a NovaraJazz con grande passione perché vede in questo progetto una crescita per tutta la città e perché no, per la propria vita. Parlare con persone che mi fermano per strada per chiederci di continuare, perché «quel concerto è stato memorabile» e «ho preso le ferie per NovaraJazz» e «Novara non sarebbe la stessa senza di voi». Ecco, queste sono le gratificazioni che ci spingono a continuare.
E infine: tre parole per descrivere il vostro festival
Esperienza, immaginazione, partecipazione.