27 giugno 2019
L’intervista al contrabbassista italiano
In occasione dell’uscita dell’album “Theater”, per l’etichetta Cam Jazz, abbiamo incontrato il contrabbassista Jacopo Ferrazza.
Di Nicola Barin
Ci racconti com’è avvenuto l’incontro con Stefano Carbonelli e Valerio Vantaggio?
Valerio e Stefano sono stati due incontri fortunati, illuminanti nella mia vita. Valerio l’ho conosciuto sui banchi di scuola al liceo dove abbiamo subito condiviso, oltre ad una grande amicizia, la nostra passione per la musica. Mi ricordo che mi regalò un disco di Dennis Chambers che mi influenzò tantissimo. Da li in avanti iniziammo a suonare insieme, prima in duo, poi con le varie formazioni che nel corso degli anni abbiamo sempre condiviso. Stefano l’ho conosciuto tempo dopo nelle varie jam session di Roma, ma il vero incontro musicale è avvenuto nel 2014 durante il master estivo di Enrico Rava a Siena Jazz. Successivamente abbiamo deciso di formare un trio e di sperimentare con la nostra musica; questo mi ha dato modo di comporre brani ad hoc per il trio cercando di valorizzare le loro grandi doti unendo le influenze comuni per creare una musica che spaziasse tra vari generi e correnti.
La maturazione del trio
In questo secondo album come leader si ha la sensazione che il trio sia cresciuto in termini di interplay che di sperimentazione, concordi?
Penso sia vero! Fortunatamente abbiamo avuto modo di suonare tanto in questi 3 anni, dall’uscita del primo disco “Rebirth” in poi. Siamo maturati come musicisti e uomini, riuscendo a metterci sempre di più ognuno al servizio dell’altro. Anche io ho approfondito di più le tecniche di scrittura e le ho adattate sempre meglio, almeno credo, alle loro caratteristiche, cercando di tirare fuori dal trio dei suoni e una sonorità originale. Con Stefano e Valerio abbiamo in comune la passione per la musica classica, per il rock e altri generi, questo ci ha permesso di sperimentare e affrontare la musica nuova con spirito libero, privi di giudizi e preconcetti. Lo stare insieme poi ha agevolato il lavoro portandoci ad unire l’amicizia al lavoro musicale. Devo dire di essere molto orgoglioso del mio trio e non potrei desiderare di meglio.
La funzione del contrabbasso appare sempre più svincolata dal mero ruolo di accompagnamento ritmico: come mai questa scelta?
La musica nel corso dei decenni si è evoluta e continuerà a farlo sempre. Se prendiamo ad esempio la musica classica è ricca di esempi di strumenti ritenuti d’accompagnamento posti poi al ruolo di solista, come nel caso di Bottesini. Nel mio trio comunque non ci sono solisti e mi piace immaginare che ci sia la musica al primo posto. Ognuno è una ruota dell’ingranaggio dedito a far scorrere il meglio possibile ciò che deve arrivare all’ascoltatore.
Parlare di accompagnamento ritmico forse è fuorviante o anacronistico, specialmente nella musica moderna, gli strumenti si scambiano in continuazione dei ruoli in base alla composizione e alla scrittura nella quale si muovono. Chiaramente col passare dei periodi storici il basso ha acquisito un’importanza diversa nel jazz, ma secondo me questo è avvenuto di pari passo con la complessità della scrittura e con le influenze di altri generi che hanno sempre più permeato la scuola mainstream.
Quando mi chiedono che tipo di lavoro faccio, rispondo sempre che sono un musicista non un bassista, perché mi piace pensare all’insieme e alla musica in toto invece che a una singola componente.
Il tour è già partito, ci illustri le principali date?
Da quando è uscito “Theater” abbiamo già presentato il disco in numerose date in giro per l’Italia. Ora suoneremo al festival di Villa Celimontana il 20 luglio e al festival di Ambria Jazz in Valtellina il 27. Da fine Agosto in poi ci saranno molte altre serate nei club italiani e all’estero.
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