17 ottobre 2023
Quest’anno da giugno a settembre, in splendide località piemontesi del Monferrato, inserito nel Patrimonio Mondiale Unesco, è andata in scena la sesta edizione del Monfrà Jazz Fest, festival che si propone di valorizzare il territorio, determinando intrecci virtuosi fra jazz, prodotti locali di qualità e forme organizzative sostenibili in sintonia con l’ambiente. Ce lo racconta la direttrice artistica Ima Ganora.
a cura di Arianna Guerin
Buongiorno Ima e benvenuta su Jazzit! Tu sei la Presidente dell’Accademia Europea d’Arte Le Muse, che organizza il festival. Partiamo quindi dalle origini: com’è nata l’Accademia e quando ne sei diventata Presidente?
Cominciamo dall’ultima parte. Sono presidente delle Muse da quando è stata fondata, ma non è stato un grande sforzo diventarlo. Era il 2007 quando, insieme alla compianta Patrizia Barberis e a uno straordinario gruppo di amici, abbiamo deciso di dotare la nostra città di un centro di formazione e produzione artistica e culturale dedicato all’arte, che era ed è ancora un progetto molto condiviso, il quale vede eccezionali musicisti e artisti proporre musica, danza, teatro e arti figurative a 360 gradi. Una famiglia grande, variopinta, un po’ folle, sempre in movimento e sempre alla ricerca di un nuovo traguardo, dove ognuno può trovare il proprio spazio, crescendo e condividendo entusiasmo, energia e bellezza. In questa impresa ci siamo divisi i compiti in base alle nostre competenze e professionalità. Per quanto mi riguarda, avendo oltre a una formazione musicale anche una specializzazione nell’organizzazione di eventi, ho assunto l’incarico di Presidente, mentre Patrizia è diventata direttrice della didattica. Da allora molti professionisti e artisti si sono aggiunti al gruppo direttivo, qualificando sempre di più la nostra offerta formativa e di produzione artistica.
E invece per quanto riguarda la storia del Monfrà Jazz Fest, ce la potresti raccontare attraverso le sue tappe più importanti?
Abbiamo creato il festival nel 2018, connotandolo sin da subito come un grande progetto nazionale destinato a far conoscere il territorio del Monferrato, appena nominato Patrimonio Unesco. La musica avrebbe dovuto farne apprezzare le caratteristiche che non si possono descrivere su un sito internet: la bellezza di essere immersi in un paesaggio ancora tutto da scoprire sorseggiando un bicchiere di buon vino, per esempio. Per farlo abbiamo coinvolto istituzioni e realtà commerciali legate a ciò che di bello e buono questa terra ci offre: panorami, buon cibo e grande tradizione enoica.
Il festival va in scena in suggestive location del Monferrato Piemontese: come riuscite attraverso i vostri eventi, concerti e degustazioni a valorizzare questo splendido territorio?
Un grande merito va proprio alla rete di attori del territorio, sia pubblici che privati, che come noi lo amano alla follia. Noi aiutiamo a mettere a fuoco le loro idee e spesso ci piacciono perché sono fuori dagli schemi e legate a un tipo di turismo di scoperta che è perfetto per il Monferrato. Il concerto all’alba sul Po o il concerto nel bosco a Odalengo Grande sono nati così.
E cosa ha voluto raccontare al pubblico l’edizione 2023 del festival?
L’edizione del 2023 ha avuto due temi: il primo è il sorriso, “Let’s smile”, un mio mantra che ripetevo anche all’inizio di ogni concerto, invitando ciascuno a guardare il proprio vicino e a sorridergli. Dopo è tutto già più bello! Il secondo tema è quello dell’ambiente. Viviamo in un territorio molto bello, ora la sfida è quella di battersi affinché rimanga intatto. Oltre a rendere il festival a impatto zero, sono nate anche una serie di iniziative con il Parco del Po piemontese e una raccolta fondi che permetterà di piantumare quaranta nuovi alberi.
Photo Credit To Mattia Bodo
Come avete selezionato gli artisti presenti in programma, che spaziano da stimati protagonisti del mondo del jazz a giovani talenti?
Come sempre cerchiamo di fare un mix equilibrato: il jazz è una musica dialogica e una delle cose che ci è sempre piaciuta è far parlare tra loro non solo generi ma anche generazioni differenti. Un esercizio che in passato ha dato moltissimi frutti.
Il tema di questa edizione è appunto, come dicevi prima, “Let’s Smile”: in che modo possono, secondo te, la musica e la cultura rendere migliore e più felice la vita delle persone?
In generale ci rende felice ogni cosa che sentiamo possa farci diventare persone migliori. Non è detto che debba essere per forza la musica e la cultura, conosco un sacco di gente che è sommamente felice quando fa sport. Ma certo la musica unisce, è un linguaggio universale come il sorriso. È un qualcosa di così radicato in noi che è impossibile resistergli.
Photo Credit To Mattia Bodo
E parlando di te… Cosa ti rende felice in generale nella vita?
Moltissime cose. Dopo un periodo difficile, ho deciso che ogni giorno meritasse almeno un motivo per farmi sorridere, anche solo per un attimo. Ho iniziato da piccole cose, un caffè con un’amica, fermarmi davanti a un bel panorama e così via. Questo piccolo rituale è diventato una vera e propria abitudine, uno stile di vita. Ho scoperto che la felicità non proviene dall’esterno, ma scaturisce all’interno di noi stessi; inoltre è contagiosa e diventa ancora più gratificante quando la si condivide con gli altri. A volte ci sfugge il fatto che siamo circondati dalla bellezza dei luoghi e delle persone, perché troppo stressati o narcotizzati dai ritmi e dalla pressione della società. Basta semplicemente aprire gli occhi, il cuore e le orecchie a ciò che ci circonda, e spesso non bisogna cercare neanche poi così tanto. Forse sono avvantaggiata anche dal fatto che vivo in un territorio meraviglioso, il Monferrato, sono circondata, oltre che dalla mia famiglia, da persone che condividono le mie stesse passioni. E poi bisogna lasciare anche spazio allo stupore e all’incanto, che spesso possono sorprenderci in modo piacevole. E ovviamente per essere felici non può mancare la musica, in tutte le sue forme e stili, è una costante colonna sonora della mia vita.
Il Monfrà Jazz Fest si impegna anche a difendere e tutelare l’ambiente, il pianeta e la biodiversità, per costruire un futuro più sostenibile per tutti: quali iniziative avete attivato in tal senso?
Tante: fondamentale in questo progetto è lo stretto legame con il Parco del Po Piemontese e l’adesione al circuito Jazz Takes The Green, con l’obiettivo di favorire la riconversione dei festival jazz in eventi green, grazie all’adozione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), elencati in un’apposita check list. In tutti gli eventi il MonJF ha adottato azioni concrete sia per responsabilizzare sul tema della sensibilità, sia per ridurre il proprio impatto ambientale. Abbiamo attivato iniziative come “Bicchiere Amico Green”, che prevede di usare bicchieri riutilizzabili, lavabili e riciclabili al 100% e per i quali è stata chiesta una cauzione. Con il ricavato piantumeremo quaranta alberi. I bicchieri sono serviti per distribuire acqua gratuita, un gesto di ospitalità e accoglienza, nonché esempio di scelta consapevole, che effettuata attraverso una filiera sostenibile ci ricorderà sempre quanto questa risorsa sia importante per il pianeta. Alcuni appuntamenti del festival sono andati a supportare direttamente le attività degli enti locali che si occupano della salvaguardia degli aspetti più peculiari del territorio. È il caso del progetto “LIFEOrchids, Custodi di orchidee”, che ha la sua espressione nel Festival delle Orchidee a Pecetto di Valenza (AL). Poi c’è la salvaguardia delle farfalle, promosso dal progetto di Citizen Science, attraverso una giornata divulgativa da trascorrere tra incontri con esperti, e dei rondoni, con una serata alla scoperta di questa specie e della loro straordinaria vita poco salvaguardata. Il Monfrà Jazz Fest inoltre ha dedicato due mostre fotografiche al tema della sostenibilità.
Il Monfrà Jazz Fest ha per protagonista il jazz, non soltanto come stile musicale, ma anche come modo di vita e di fruizione: in che modo il festival lo esprime? E che cos’è per te il jazz?
Per me il jazz è un’espressione infinita di cose… è libertà assoluta, nel rispetto dell’armonia e dell’altro, è parlare di pancia con l’eleganza di una poesia, è urlare al mondo ciò che non ci piace e allo stesso tempo cullarci in una ballad, è una sincope scatenata dove puoi ballare anche da sola, è la fusione che ti permette di mescolare stili e tradizioni, è ritmo, carezza, urlo, ballo, non so dargli una definizione… e forse mi piace proprio per questo.
E infine, quali sono i sogni che sei riuscita a realizzare finora con il festival e quali progetti hai per il suo futuro?
Il festival è soprattutto una squadra, un bellissimo dream team, dove ognuno trova il suo spazio di condivisione ed espressione. Tante persone che hanno messo in gioco le loro capacità, competenze e professionalità. Tanti sono i sogni realizzati finora. I risultati parlano da soli: il festival non si è mai fermato, neanche durante la pandemia, è diventato un punto di riferimento non solo nel territorio ma a livello nazionale, riesce a fare cultura e a condividerla con migliaia di persone di tutte le età, grazie a un linguaggio musicale che è trasversale e universale. È un palcoscenico dinamico dove i grandi nomi si affiancano a giovani emergenti, la donna ha un ruolo da protagonista a fianco dei colleghi maschi, è un evento in cui regaliamo ogni anno prime assolute e nuove produzioni. È una vera e propria festa dove tutti, artisti e pubblico, si sentono accolti a casa come amici di sempre. Abbiamo mille progetti per il futuro del nostro festival, e sicuramente tante sfide da affrontare. La più importante: vogliamo crescere senza rinunciare a quella artigianalità da piccola boutique, che riesce a essere glamour e sostenibile allo stesso tempo.
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