Ultime News

Lucrezio De Seta
La passività va combattuta
Jazz Life

Lucrezio De Seta</br>La passività va combattuta</br>Jazz Life
Photo Credit To Emanuele Vergari

Nome e Cognome Lucrezio De Seta
Luogo e data di nascita Roma, 12 settembre 1970
Strumento batterista, percussionista, compositore
Web  lucreziodeseta.com

di Luciano Vanni

Quali caratteristiche specifiche ha la tua attività professionale? Che cosa distingue il tuo lavoro dagli altri?
Fatico a pensare alla mia attività come a un lavoro per un motivo molto semplice: la passione necessaria al ritagliarsi un posto nella musica suonata di questa nazione deve essere talmente tanta e costantemente alimentata che l’avrei praticata anche se avessi avuto un altro lavoro.

Come è cambiato il tuo mestiere nel corso degli anni?
Diffuso abbassamento generale del livello artistico e professionale. Ritorni economici vicini alla rimessa continua.

Quali obiettivi sociali, culturali e artistici ti sei posto?
Esprimermi per invitare il prossimo a esprimersi a sua volta e partecipare alla vita comunitaria. Dal pianerottolo di casa alla scena nazionale o internazionale.
 La passività sta diventando il cancro della nostra cultura di umani del ventunesimo secolo, e va combattuta con ogni mezzo, ed è il dovere di tutti gli intellettuali, musicisti compresi, dare il proprio contributo.

Come gestisci la tua carriera? Hai un team che ti affianca o sei da solo?
Sono solo, ma cerco di coinvolgere professionisti specializzati in aree in cui io non ho competenze sufficienti. Anche se questo è molto difficile da realizzare, non essendoci più figure professionali definite, ma solo tuttofare poco efficaci.

Quali problemi hai riscontrato nel corso della tua carriera? Che cosa ti piace di più del tuo mestiere? E cosa, di meno?
L’impossibilità di costruire una carriera senza bisogno di coltivare “amicizie” strategiche e/o di convenienza. Tutti elementi che vanno per evidenti motivi a detrimento della qualità della proposta finale.

Come ti poni davanti al mercato internazionale? Lo consideri un’opportunità rilevante? Come ti stai muovendo? Hai già avuto esperienze positive? Quanto incide, nella tua economia, il mercato internazionale?
Il mercato internazionale è l’unico modo per riuscire a contare numeri sopra le decine, sia per vendite che per pubblico consapevole. Il mercato italiano non esiste più, quindi è imperativo dover estendersi al di fuori dei limiti nazionali.
 Anche lì valgono le stesse regole, devi conoscere le persone per avere accesso ai mercati esteri, anche se, di positivo rispetto alla scena italiana, magari ti rispondono comunque, anche se solo per declinare la tua offerta. Dal punto di vista delle vendite la mia musica vende praticamente solo all’estero, fatto evidenziato anche dalla indisponibilità degli italiani di acquistare dischi o video in download.

A fianco della tua attività artistica ne coltivi anche altre (promoter, direttore artistico, booking agency, didattica, autore di libri-metodi)?
Certo. Se non lo facessi non potrei fare la spesa ogni settimana, anzi… non esisterei.

Dedichi tempo, professionalmente, ai social? E se sì quanto tempo e su quali social (Facebook, Twitter, Instagram)? Quanto pensi siano rilevanti ai fini della tua notorietà e della tua professione?
Circa un’ora al giorno, spalmata a intervalli regolari durante tutta la giornata. Credo sia un necessario optional per massimizzare le proprie potenzialità sul pubblico.

Hai una pagina personale/privata e una artistica/pubblica? Come gestisci la tua comunicazione all’esterno? Fai attenzione a non parlare di politica, calcio, vita privata, oppure ti senti libero di scegliere linguaggi e argomenti?
Ho una pagina privata e una pubblica. Pur sapendo che il personaggio pubblico in ambito di arti e spettacolo è consigliabile non poterlo inquadrare in una casella di tipo politico o di ideali particolari, credo che gli attori della scena intellettuale abbiano il dovere di prendere posizione rispetto agli argomenti della vita di un paese o di fatti internazionali. Se lo facessero anche i top seller da classifica top-ten, forse il mondo in cui viviamo sarebbe molto migliore di quello che inevitabilmente è oggi.

Che strategia adotti per promuovere la tua attività? Cerchi di instaurare rapporti diretti con giornalisti, promoter, discografici, manager?
Ove possibile e compatibilmente con il mio carattere e le mie idee, sì.

Che cosa ne pensi della promozione artistica applicata ai video? Investi risorse nella realizzazione di teaser, videoclip, riprese live? Hai un tuo canale YouTube?
Sì, anche se può diventare un’arma a doppio taglio per il pericolo di sovraesposizione, identificazione in uno stereotipo difficilmente modificabile, etc.

Quanto tempo dedichi all’aggiornamento del tuo web? Lo ritieni ancora uno strumento valido?
Poco, ma cerco di non andare oltre i due anni di “invecchiamento”. Il proprio sito è più per i contatti professionali. Oramai i numeri girano solo sui social.

In che stato economico versa il jazz italiano, dal tuo punto di vista? Che cosa funziona, e che cosa non funziona?
Il jazz è un ottimo catalizzatore, nel senso chimico della parola, ossia un elemento che, aggiunto ad altre sostanze, può massimizzare una determinata reazione chimica. Quindi abbiamo auto “jazz” treni “jazz”, linea di moda “jazz”, scuole “jazz” e contratti telefonici “jazz”, ma se proviamo a vendere il “jazz” come prodotto a sé stante nessuno, o pochi, ne vogliono sapere di pagare per averlo. Come sarebbe stata l’Aquila, se al pubblico si fosse chiesto di pagare 2 euro per ogni concerto cui hanno assistito?

Che cosa ne pensi di ciò che sta accadendo nella discografia? Ha ancora senso parlare di cd?
Sì, ma solo come biglietto da visita per la propria attività concertistica. Le vendite oramai sono anni che non ripagano l’investimento, soprattutto nei casi in cui c’è stata la cura nella produzione delle opere musicali su CD/disco (il vinile va forte, ma i numeri sono ridicoli).

Hai dei modelli specifici che riconosci di qualità non tanto sul fronte artistico ma su quello del music business?
Fino a qualche anno fa sì. Oggi credo che parlare di music-business sia un termine destinato a divenire un ossimoro.

Come ti poni davanti ai finanziamenti pubblici dirottati ai festival? Pensi siano utili? Pensi che siano un doping ai danni dei contribuenti oppure di fondamentale importanza sociale e culturale? Che cosa significa secondo te “investimento pubblico in cultura”?
Credo siano la più grande fonte di anti-democrazia di tutti i tempi. I finanziamenti pubblici dovrebbero essere limitati alla sanità (quella vera, non quella delle multinazionali) e alla sicurezza e cultura della legalità (quella vera, non quella delle istituzioni corrotte).
 Tutto il resto, in un paese come l’Italia, nel quale tutto si muove per “conoscenze”, non fa altro che distruggere le iniziative imprenditoriali vere e le idee vincenti, rendendo quest’ultime totalmente inefficaci a causa dell’impossibilità di competere con realtà che non hanno necessità di riscuotere successo di pubblico per esistere, e quindi senza alcun rischio d’impresa.

Ritieni che un musicista abbia anche un ruolo sociale, oltreché artistico? E se sì, in quale direzione?
Come detto più su, credo che il musicista possa intrattenere l’incoscienza o scuotere le coscienze. Oggi credo sia giunto il momento di tendere tutti, o chi è in grado di farlo, sulla seconda destinazione d’uso del nostro artigianato.

Se tu avessi un ruolo politico rilevante, quali interventi adotteresti per migliorare la cultura e il music business relativo alla musica jazz?
Programmi di seria didattica musicale nella scuola primaria e secondaria.
Defiscalizzazione delle attività artistiche, soprattutto se di carattere educativo.
Concorsi aperti a chiunque per esportare il jazz italiano nel mondo attraverso la rete delle Ambasciate e degli Istituti di Cultura Italiana sparsi in tutto il globo.
Seria regolamentazione delle attività commerciali che ospitano musica, con particolare rispetto delle regole fiscali, contributive e di sicurezza applicate ai musicisti, che a loro volta devono essere inquadrati in una forma professionale ben definita.

Se tu avessi un ruolo manageriale rilevante (promoter, discografico, editore, manager) in questo ambiente come ti, comporteresti?
Mi cercherei un lavoro.


Come ti vedi, professionalmente parlando, tra dieci anni?
Molto più insegnante da una parte e in giro per il mondo a fare poche cose, ma di alto contenuto artistico e professionale, dall’altra. Il che è in linea di massima la tendenza che vivo oramai da una decina di anni a questa parte.