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Landscape<br/>Intervista a Leopoldo Sebastiani

Landscape
Intervista a Leopoldo Sebastiani

9 aprile 2020

“Landscape” è un album fresco e vivace, ricco di colori e di emozioni, estremamente vario, ma niente affatto dispersivo. Protagonista di questo percorso musicale molto interessante è il Duo Manibé, composto da Mauzio Lampugnani e Leopoldo Sebastiani, al quale abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di questo nuovo lavoro.

Di Fabio Caruso

Il Duo Manibé presenta un organico poco usuale; insieme a te, al basso e sounds programming, c’è Maurizio Lampugnani, percussioni e voce. Com’è nato questo progetto?
Il progetto è nato nel 2014 su iniziativa di Maurizio, che mi contattò perché aveva apprezzato in alcuni miei lavori un certo approccio chitarristico nel comping, in particolare nel mio album “Chaplin” del 2002. Abbiamo fin da subito e senza esitazioni deciso di mettere su un progetto in duo, avvalendoci, dove necessario, della tecnologia. Abbiamo anche realizzato dei video di alcuni brani (Manibè, Open Air, Potou e My Son’s Smile) che hanno ottenuto un elevato numero di visualizzazioni.

Tre brani sono arricchiti dal flauto di Nicola Stilo
Nicola Stilo è un musicista fantastico, con un curriculum che annovera anche una pluriennale collaborazione con Chet Baker. Abbiamo suonato molto spesso insieme e codificato una formula di trio molto interessante, ho collaborato alla realizzazione del suo album “Immagini”; inoltre con lui sono stato in tour insieme al grande chitarrista e compositore brasiliano Toninho Horta. Ho sempre cercato di coinvolgere Nicola nelle mie produzioni, perché trovo sia uno dei migliori flautisti al mondo, oltreché un grande amico. Nei tre brani dell’album in cui egli suona (Axe, Supreme Allucinations, Afrika Nuit) devo riconoscere che il suo contributo è stato fantastico, non soltanto per ciò che solisticamente esprime in termini di gusto e tecnica, ma per la spinta che ne riceve il brano dal punto di vista dell’arrangiamento.

“Landscape” è un album dinamico e molto godibile, che amalgama bene world music e jazz. Puoi raccontarcelo?
Volevamo per ogni brano utilizzare un’originale tavolozza di colori e coltivare tessiture ritmiche sempre diverse, così da creare 12 affreschi sonori. Nel disco si colgono echi di Africa, mediterraneo, oriente e talvolta un groove funky. L’utilizzo dello zenko, (uno strumento a percussione simile all’hang ma con una timbrica più dolce) ci ha fornito ulteriori possibilità. Inoltre ho voluto integrare il nostro sound con suoni virtuali ed elettronici, mantenendo, però, sempre la centralità della matrice acustica. Il disco è permeato di echi jazzistici, nelle armonie che ho realizzato sul basso come in talune scelte di arrangiamento.

Molte sono le suggestioni che si ricavano dall’ascolto di “Landscape”; si passa da sonorità più prettamente africane e mediterranee, come in Axe, Afrika Nuit e Salamalé, a ritmi quasi funky, come in Supreme Allucinations, fino ad atmosfere più intime, come in My Son’s Smile e Struggle.
Questa varietà deriva dal fatto che io e Maurizio abbiamo dei background molto differenti e ciascuno ha voluto portare con sé il proprio immaginario musicale, senza alcuna limitazione e all’insegna della sperimentazione pura e della massima inclusione. È un album che in sostanza affronta il tema del viaggio e si struttura in due parti distinte: la prima si apre con Axe e si chiude con Struggle, la seconda inizia con Landscape e termina con Manibé. Struggle e Landscape sono le due facce della stessa medaglia, essi riflettono le due anime del duo, come terra e aria; sono gli unici due brani che non abbiamo composto insieme. In Landscape non ho suonato nessuno strumento, ma è stato scritto al computer e ho utilizzato solo suoni virtuali. Mi sono concesso una digressione ambient.

Tutti i brani sono tuoi e di Lampugnani. Come avete lavorato alla composizione?
Abbiamo deciso di prenderci tutto il tempo che occorreva e di concepire insieme tutti i brani, salvo Struggle e Landscape che, come detto, sono a firma singola. La gestazione è stata piuttosto lenta e ha conosciuto momenti di riflessione, ma credo che alla fine questo “lasciar decantare” i brani abbia giovato al risultato finale. Anche la fase del missaggio, da me curata personalmente, è stata molto delicata e importante, affinché tutte le prerogative sonore del duo potessero essere ben esplicitate in un prodotto che dovesse risultare easy listening, ma mai banale o lezioso.

Il disco è prodotto dalla Onlus “ Music for LOVE”. Puoi parlarci di questa collaborazione?
Quando io e Maurizio stavamo cercando un’etichetta adatta per questa produzione ci siamo posti il problema di poter fare in modo che la nostra musica veicolasse anche un messaggio positivo, di pace e integrazione tra i popoli, appunto perché la nostra musica è nata spontaneamente con quell’intento. Questa opportunità ce l’ha data Franco Nannucci, una persona molto sensibile, presidente di “Music for LOVE”, un’associazione che raccoglie fondi per iniziative umanitarie in Africa. Franco ha proposto di produrre il disco e noi abbiamo avvertito che questa fosse l’occasione giusta per realizzare il nostro obiettivo, non solo come musicisti ma come esseri umani in questo grande villaggio globale.

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