19 marzo 2022
Intervistiamo il chitarrista e compositore Roberto Macry Correale, il quale esordisce nel mercato discografico con “A Simple Day”, un disco di composizioni originali pubblicato nel catalogo Jazz & Contemporary dell’etichetta discografica Workin’ Label e distribuito da I.R.D. International Records Distribution.
a cura di Andrea Parente
“A Simple Day” (Workin’ Label, 2022) rappresenta il tuo esordio discografico. Cosa ti ha spinto ad incidere questo disco?
Sono diverse le motivazioni che ti spingono ad affrontare l’incisione di un disco. In primo luogo è come se di fronte a te si ponesse un senso di ”giustizia” nei confronti delle composizioni che sono nate nel corso del tempo e che non possono andare incontro all’infelice destino di morire dentro a un cassetto, o peggio dentro a un computer. Un’altra motivazione possiamo ritrovarla nella voglia di condividere con il mondo una buona parte di ciò che si è, cercando di ”suonare emozioni” in cui l’ascoltatore si possa ritrovare.
Che emozione hai provato a registrare il tuo primo album?
È una sensazione particolare; un misto di soddisfazione, orgoglio, percezione di crescita, paura. È un momento molto positivo, e di questo non posso che essere felice.
Che significato ha il titolo? Come hai sviluppato il percorso narrativo del disco?
“A Simple Day” è l’augurio di avere sempre quello sguardo del cuore capace di cogliere l’essenziale, cosicché anche in un giorno semplice possiamo sentirci allineati con noi stessi e con ciò che ci circonda, con una pacatezza mentale che ci faccia percepire una sensazione di maggiore profondità e ampiezza interiore. “A Simple Day” non è un punto di partenza né un punto di arrivo, ma una condizione transitoria, passeggera, tra i diversi momenti della vita e le varie condizioni dell’animo, alla costante ricerca di risposte per dare un maggiore senso alle cose. Le cadute, la voglia di rialzarsi e di sprigionare una fortissima energia interiore, quelle paure e quei contrasti ci consentono ogni volta di superare i nostri limiti, spingendoci sempre al di là di essi, in un’instancabile ricerca del senso dell'”oltre”. I brani del disco cercano di narrare proprio questo: una crescita interiore fatta di “loop emozionali”, che si pongono quasi come condizione necessaria per poter superare sempre il limite della nostra coscienza e conoscenza.
Cosa ti ha motivato nello scegliere il pianista Antonio Freno e il batterista Marco Morabito come compagni di viaggio in questa tua prima avventura discografica?
Ho incontrato Antonio e Marco durante il nostro percorso di studi presso il Conservatorio “Francesco Cilea” di Reggio Calabria. Durante questo periodo ho avuto la possibilità di frequentarli, conoscerli e capire le loro peculiarità musicali e personali. La scelta di fatto è dipesa dallo stile che volevo dare al disco, ma anche dalla sintonia che si era creata tra di noi; percepivo in loro ”accoglienza” e attenzione quando ci ritrovavamo a suonare assieme.
Il disco è composto da sei brani originali. Da cosa ti lasci ispirare quando componi?
C’è un fattore “istintivo” grazie al quale, assecondando il flusso compositivo che si genera suonando a mente libera, possono emergere degli elementi interessanti che contribuiscono a dare vita a un brano. Altre volte possono presentarsi delle sensazioni, o delle immagini nella mente, da cui si tenta di descrivere musicalmente ciò che si sente o si vede. C’è poi la parte “teorica”: attraverso lo studio dell’armonia si può essere colpiti da determinati approcci o soluzioni armoniche che ispirano nuove idee.
La tua formazione è il trio. Cosa ha significato questo a livello timbrico, espressivo e di arrangiamento?
Il trio è una formazione che restituisce grande spazio ai musicisti che lo costituiscono, spazio che comunque deve essere sempre necessariamente gestito. Ognuno ha un ruolo fondamentale che deve assolutamente incastrarsi con quello degli altri. Il Fender Rhodes ha dato il giusto apporto timbrico di personalità e intimità, sposandosi perfettamente con il suono della chitarra. La batteria è stato lo strumento che ha maggiormente inciso nello sviluppo dinamico dei brani. Lasciando spazio interpretativo al batterista durante le prove, abbiamo avuto la possibilità di confrontare varie opportunità di arrangiamento. Per la chitarra invece ho utilizzato alcuni effetti che fanno parte del mio “suono”: il distorsore, per dare un senso di forza e personalità, reverber e delay per aggiungere una maggior sensazione di spazialità.
Chiudiamo con uno sguardo al futuro. Che progetti hai per i prossimi mesi?
In questo momento stiamo organizzando delle date in tutta Italia per far conoscere il progetto. Condividere la musica con il pubblico suonando dal vivo è senza dubbio un aspetto fondamentale del nostro mestiere. Nel frattempo, la mia attività compositiva continua con la scrittura di nuovi brani da inserire in una nuova proposta musicale.
INFO
www.facebook.com/roberto.m.correale