2 maggio 2020
Abbiamo intervistato il chitarrista Guido Di Leone, proprietario e direttore artistico del Duke Jazz Club di Bari, a proposito dell’attuale difficile momento per la musica.
Di Fabio Caruso
Che cosa ha causato più problemi in questa situazione alla tua attività?
Di fatto è stata bloccata un’attività che ha dei costi di gestione fissi e, ovviamente, per ridurre i costi al massimo si è costretti a non far lavorare il personale e ad annullare tutti i concerti. Una macchina intera che si ferma. I concerti probabilmente si recupereranno, ma non sarà la stessa cosa. Per di più per il Duke, che è un club giovane (avrebbe festeggiato il primo anno di vita proprio in questo periodo), la situazione è ancora più grave.
Quali sono i progetti per l’immediato futuro?
Non faccio progetti. Con la poca chiarezza che sta dimostrando il Governo non è possibile fare previsioni. Certo è che quello di cui si parla, cioè di ridurre il pubblico (e comunque ripartendo chissà quando), è ugualmente un grosso problema. L’unica possibilità sarebbe, forse, quella di poter fare il doppio set, ma un club vive anche dei momenti prima e dopo il concerto, l’opportunità di bere un drink in compagnia; se si tolgono queste cose si rischia di diventare come un cinema e a queste condizioni non so se un jazz club ha più ragione di esistere. Molti club non hanno più di cento posti e ridurli a quaranta o giù di lì significa non poter neanche pagare la SIAE e il personale. Quindi, al momento preferisco non fare progetti.
Come vedi la situazione per spettacoli e intrattenimento?
Non facile, perché tutto dipende da quello che sarà deciso e comunque, anche qualora la situazione si dovesse sbloccare, ci sarà sempre da far fronte ai problemi economici. Ora parlo anche da musicista: il mio club senza concerti non ha senso, mentre per i locali che possono vivere anche solo somministrando cibi e bevande i musicisti rischiano di diventare un costo che probabilmente non ci si potrà più permettere. Quindi, per quel che riguarda la musica dal vivo, non la vedo affatto semplice. Per gli spettacoli pubblici si tratta, invece, di sbloccare (si spera) almeno la situazione estiva e questo vorrebbe dire poter fare dei concerti.
Ci sono facilitazioni che il Governo sta mettendo in atto e che vi potranno aiutare?
Si parla di tante ipotesi, ma ora come ora non sono al corrente di qualcosa su cui poter contare veramente. Tutto ciò che è stato detto in quest’ultimo periodo non mi sembra molto affidabile.
Quali sono secondo te le azioni da intraprendere per aiutare meglio il vostro settore ?
A mio avviso una cosa fattibile potrebbe essere quella di convogliare comunque verso il mondo dello spettacolo i fondi pubblici che sono solitamente stanziati per questo settore. Mi spiego. Se io, ad esempio, potessi ugualmente percepire il corrispettivo del mio compenso previsto per i concerti organizzati da Enti pubblici, che avrei dovuto tenere in questo periodo, sarei ben lieto di usarli in attività culturali gratuite, anche on-line, o, per esempio, per produrre dischi, da distribuire anche gratuitamente, per muovere cultura e far conoscere gli artisti. Chiarisco ancora meglio ciò che intendo dire.
Per esempio, ono stato contattato recentemente da un’agenzia di Modena per tenere una trasmissione on-line in duo con il chitarrista americano Peter Bernstein: verremo pagati da fondi che il Comune di Modena, prima della crisi, aveva già stanziato per dei concerti “normali”.
Cosa puoi consigliare a chi ha un piccolo locale e si trova nella stessa situazione?
Probabilmente consiglierei di non perdere la voglia di progettare, ma usando la ragione, senza illudersi. Da quello che sento, molta gente sta già iniziando a pensare a giugno o luglio: io, al momento, consiglierei di stare ancora alla finestra. Anche perché per organizzare una piccola rassegna non ci vuole poi molto. Qualche organizzatore mi sta già contattando per agosto o settembre, ma a me sembra un po’ prematuro.
Pensi che stante la grande crisi si riuscirà a fare in modo che il compartimento spettacolo sia più tutelato in futuro?
Nel nostro Paese, quando ci sono crisi così gravi e problematiche, ci si riunisce, ci si incontra, si fanno vivi i sindacati e le associazioni di categoria e si spera che le cose possano essere migliorate. Purtroppo, però, spesso succede che, una volta che la situazione si è calmata, ognuno tende a pensare a se stesso. Gli italiani hanno questa forte capacità di rialzarsi in piedi, ma individualmente e a quel punto diventa secondaria la questione sociale e il senso di comunità. Tuttavia in questa occasione ci sono molte organizzazioni che si stanno dando da fare e quindi spero che si possa creare una identità collegale della musica e del jazz in particolar modo, che è la musica di cui mi occupo.