15 agosto 2017
Diviso tra didattica e performance, Corey Christiansen ha costruito nel tempo il suo stile personale, diventando una delle voci più interessanti del jazz contemporaneo.
Di Ivano Rossato
Stai lavorando al nuovo album? Come sarà?
Con “Lone Prairie” (Origin Records, 2013) e “Factory Girl” (Origin Records, 2016) ho mescolando elementi del linguaggio e dell’armonia jazz alla musica folk americana, che è quella con con sono cresciuto nelle montagne dello Utah, dove c’è un background molto forte di vecchie canzoni della frontiera e dei cow-boy. Quello che ho fatto è iniziare ad arrangiare cinque brani della tradizione folk e poi scrivere alcuni originali basati su quegli arrangiamenti. Il prossimi disco sarà costruito in maniera simile; la cosa divertente è che non importa se al pubblico piace il jazz o no, comunque amano questa musica perché è la melodia a parlare.
Sembra che nel nel corso del tempo nel tuo modo di suonare e arrangiare lasci più spazi e pause: è un effetto voluto?
Probabilmente non è un fattore cui penso consciamente; un aspetto sul quale ho lavorato costantemente è quello di migliorare il fraseggio e suonare in maniera più consapevole. Credo anche che dedicarsi per un po’ alla musica folk, che ha delle qualità di apertura e di leggerezza, probabilmente abbia influenzato il mio playing.
Hai pubblicato molti libri di didattica; se avessi solo una pagina a disposizione quale tema sceglieresti?
Wow! Sarebbe difficile… molti studenti spesso vogliono andare troppo velocemente, ascoltano un disco o partecipano a un workshop o a un concerto e si sentono ispirati, così probabilmente lavorano su dieci o quindici cose contemporaneamente, e questo non porta da nessuna parte. Così se avessi solo una pagina a disposizione probabilmente suggerirei “scegli un numero piccolo di elementi su cui lavorare, magari anche solo uno, e studialo in profondità per un mese, poi passa a qualcos’altro”. In questo modo non vieni distratto dalla tua stessa ricerca. Oggi ci sono così tante informazioni disponibili sul web che è molto utile stilare una lista di argomenti nei quali non si è molto bravi, per poi iniziare a lavorare sul più facile e spostarsi gradualmente su quelli più complicati, uno alla volta.
Come scegli i musicisti dei tuoi gruppi?
Mi piace suonare con gente più brava di me: diventa una sfida. Cerco musicisti intuitivi che capiscano la mia idea di musica, e generalmente succede quando hai un background simile. Ma mi piace anche confrontarmi con qualcuno che dia più opzioni alle mie composizioni: capacità simili e diverse dalle mie, allo stesso tempo.
Musica in streaming: una benedizione o una maledizione?
Alcuni sono molto perplessi a proposito della perdita di diritti d’autore che può verificarsi con lo streaming, e in effetti io spero che si trovi un modo per pagare meglio il musicista per i diritti dei suoi brani; ma non mi preoccupo più di tanto, in definitiva mi sembra che sia un elemento utile, perché se molti nel mondo mi conoscono e decidono di comprare un mio CD o un mio libro è anche grazie al web. La tecnologia è qui, non se ne andrà, ed è inutile combatterla: meglio usarla come forma di promozione.