28 febbraio 2019
In occasione dell’uscita dell’album Shuffle Mode, pubblicato l’etichetta Cam Jazz, abbiamo incontrato la contrabbassista Rosa Brunello.
Di Nicola Barin.
Ci racconti come ti sei avvicinata alla musica jazz?
In casa, da piccola, si ascoltava tanta musica ma non il jazz in particolare. Mi sono avvicinata inizialmente tramite un disco meraviglioso di Ella Fitzgerald che spesso la domenica mattina mia mamma suonava per svegliarci (Ella Fitzgerald Sings the Cole Porter Songbook). Successivamente grazie ai corsi della scuola musicale di David Boato nel mio paese. All’epoca qui c’era molto più fermento di adesso e, anche se ero troppo piccola per recarmi ai concerti ed alle jam, era comunque molto eccitante.
Partiamo dal titolo del nuovo progetto Shuffle Mode: ci racconti come è nato?
Il primo giorno in studio, la mattina, mentre facciamo colazione, parliamo con Ermanno Basso il quale era giunto giusto il giorno prima dal Jazzahead! a Brema dove aveva partecipato a diverse conferenze, tra cui anche una che riguardava proprio la Shuffle Mode Generation. In quel momento ho pensato che era il titolo perfetto: è la generazione di questi ultimissimi anni, quindi rispecchia il suono moderno del gruppo, che ascolta la musica in modo passivo, superficiale e spezzettato.È interessante perché ha anche un suo lato positivo, ovvero, se si è persone curiose, intelligenti e aperte, si può spesso giungere a nuovi ascolti, inaspettati e stimolanti!
Poi, se uno vuole approfondire, si può paragonare tutto ciò alla società, a ciò che la politica sta distruggendo, ai sempre più gravi cambiamenti climatici.. ma non sono qui a fare politica.
Questo nuovo album si discosta, apparentemente, dai precedenti introducendo l’elettronica in maniera più vigorosa e influente. Qual è stata l’idea di base?
L’idea di base è partita essenzialmente dal gioco. Era da un po’ che volevo avvicinarmi a questo mondo elettronico, grazie a Frank Martino mi ci sono buttata con gran divertimento. Per me è stato, ed è tutt’ora, un vero e proprio svago, una scoperta continua di nuovi suoni (quanto meno per me), ed è proprio il suono l’elemento fondamentale su cui ho basato (anche) questo nuovo disco.
In che modo è nata ed è cambiata nel tempo la formazione che ti accompagna i “Los Fermentos”?
Los Fermentos è ormai un marchio che mi segue dal 2015, anno in cui ho iniziato con una formazione completamente diversa rispetto ad ora: ottoni, contrabbasso e batteria, ovvero David Boato alla tromba, Filippo Vignato al trombone e Luca Colussi alla batteria. Abbiamo inciso il primo disco, Upright Tales, nel quale erano presenti come ospiti Enzo Carniel al piano, Dan Kinzelman al sax e Francesca Viaro alla voce, poi la situazione è mutata e nel secondo album, Volverse – Live in Trieste (2018), alla tromba è subentrato Alessandro Presti (mantenendo quindi la stessa strumentazione).
Se uno ascolta i primi due album probabilmente non si aspetta un terzo disco come Shuffle Mode: la formazione è tutt’altra a partire dalla strumentazione acustica fino all’utilizzo robusto dell’elettronica. Ci sono Michele Polga al sax tenore ed effetti, Frank Martino alla chitarra 8 corde e all’elettronica, l’ormai storico Luca Colussi alla batteria, e io che mi divido tra contrabbasso, basso elettrico, synth e voce.
Ci sveli quali sono le peculiarità del tuo modo di comporre?
Mi risulta molto più facile comporre se ho in testa il suono della formazione, se poi conosco i musicisti ai quali proporrò i miei brani ancora meglio.
In generale cerco di dare importanza alla melodia: anche nei momenti in cui può risultare più ostica cerco di farla risolvere in qualcosa di cantabile.
Da quando ho iniziato a scrivere i brani per Shuffle Mode sto attraversando un periodo molto importante di ascolti per me nuovi: Tortoise, Thom Yorke, São Paulo Underground, Kraftwerk, Björk, Jun Miyake, Nicholas Jaar, Aphex Twin, Slove, Amatorski, ma anche un ritorno a band che mi hanno segnata anni fa come Massive Attack. Tutto ciò mi ha stimolata moltissimo a cercare soluzioni inedite, sia a livello di suono che dal punto di vista melodico-armonico-ritmico. I riff di basso sono spesso punti di partenza, nonostante mi piaccia molto scrivere alla chitarra o al pianoforte, poi arriva il canto.
Attualmente sei in tour per la promozione dell’album, puoi rivelarci qualche novità circa i progetti futuri?
Al momento, oltre alla presentazione di Shuffle Mode, sto partecipando a progetti stimolanti. Faccio parte, ed è uscito lo scorso ottobre, il nuovo disco Minesweeper del trio di Enrico Terragnoli insieme a Zeno De Rossi, un trio che adoro, sia umanamente che musicalmente e dal quale imparo tantissimo. A fine mese inizierò a suonare nel nonetto internazionale di un artista egiziano veramente interessante, Maurice Louca: sono sicura che sarà un’esperienza davvero eccitante.
Ad aprile sarò in tour in Giappone con il nuovo quartetto di Enzo Favata, insieme a Pasquale Mirra e U.T. Gandhi. Uscirà a breve anche il nuovo bellissimo disco del gruppo di Alessia Obino A sound is a million shape. Sto confezionando un nuovo progetto originale, non jazz, ma non voglio svelare troppo.
Infine ho iniziato a mettermi in discussione con un lavoro solistico utilizzando contrabbasso, voce ed elettronica: non semplice ed alle volte frustante ma comunque molto stimolante.
Insomma, tante cose belle!
© Jazzit 2019