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In forma di orchestra: le orchestre alla Casa del Jazz per “Summertime 2022”.

In forma di orchestra: le orchestre alla Casa del Jazz per “Summertime 2022”.

Roma, 16 agosto 2022

In forma di orchestra: le orchestre alla Casa del Jazz per “Summertime 2022”.

di Luigi Onori

L’esteso programma del “Summertime 2022” alla Casa del Jazz (5 giugno – 7 agosto) può essere letto e attraversato mediante diverse traiettorie e sentieri. In realtà sono quelli che il direttore artistico Luciano Linzi ha progettato, costruendo una rassegna a livelli plurimi, che ha raccolto con continuità il favore di varie tipologie di pubblico.

Tra l’avanguardia storica e le nuove tendenze (a volte con comune denominatore chicagoano), progetti e prime assolute, jazz italiano e internazionale, un posto di rilievo lo hanno avuto formazioni ampie sia consolidate (l’olandese ICP Orchestra con l’ottantenne Han Bennink) che a carattere didattico-professionale, come L’Orchestra Giovanile Jazz della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, diretta da Mario Raja (con quattordici musicisti sotto i trentacinque anni, selezionati mediante un bando cittadino). Non a caso la chiusura di “Summertime 2022” ha visto la Lydian Sound Orchestra di Riccardo Brazzale impegnata in un progetto speciale con David Murray.

LA STORIA CHE RITORNA: GRANDE ELENCO MUSICISTI

A quarantun’anni dallo scioglimento del 1981, la formazione guidata da Tommaso Vittorini è tornata a esibirsi (il 29/6) in una produzione originale della rassegna. Il Grande Elenco Musicisti venne ideato nel 1977 dall’allora ventiduenne sassofonista, compositore e arrangiatore romano, di cui il recital ha messo in risalto le qualità di autore. Quella suggerita dal direttore Linzi non è, però, una “operazione nostalgia”: funziona correttamente se quell’anomalo ensemble si colloca in una dimensione nazionale ed europea. Il G.E.M. nel 1977 (anno politicamente divisivo) canalizzò le varie esperienze vissute da Vittorini alla guida del Laboratorio di Musica Creativa e Improvvisata Europea: fu il giovanissimo leader di un’orchestra anarchica piena di solisti-compositori, da Eugenio Colombo a Maurizio Giammarco; in Europa stavano già fiorendo, da qualche tempo, ensemble in cui il jazz si univa ad altri patrimoni e alla sperimentazione, dall’ICP alla tedesca Globe Unity. In questo snodo si colloca il Grande Elenco Musicisti.

Dai tre giorni di prove e dal concerto romano sarà ricavata una prossima uscita discografica. I brani di Vittorini hanno dimostrato quanto la sua scrittura e la formula dell’innovativa orchestra fossero avanti, dai materiali sonori elaborati fino al rapporto gruppo/solista, una versione libertaria della dinamica “call & response”.

La formazione presentata a Roma annoverava qualche membro storico (Antonello Salis, Sandro Satta), musicisti formatisi in quel periodo cruciale (Mario Raja, Pietro Tonolo, Torquato Sdrucia, Michele Ascolese, Ares Tavolazzi, Massimo Carrano, Claudio e Mario Corvini, il cui padre – il grande trombettista Alberto – partecipò all’esperienza dell’ensemble originario), jazzisti di generazioni più giovani (Sergio Vitale, Massimo Pirone, Marcello Sirignano, Pietro Iodice). I profumi, i colori, le aperture, i soli e gli special, i temi e i background di Azero, Summer Treat, Alba del primo giorno, Tango a cucù, Tarab kane, Falegname per amore, hanno sottolineato con mille sfumature e tanta energia (e ironia) quanto futuro “scritto” già ci fosse nel 1977-’81.

FRAMMENTI DEL XX SECOLO

La Parco della Musica Records pubblicherà, ad inizio 2023, il repertorio presentato da Franco D’Andrea con una speciale orchestra il 14 giugno, anch’essa una produzione originale che ha coinvolto tanti soggetti: l’etichetta (in particolare Roberto Catucci) che, da anni, dà spazio alla progettualità di D’Andrea; il Parco della Musica Contemporanea Ensemble (con Luca Sanzò, Paolo Ravaglia e Flavio Tanzi, tra gli altri), diretto da Tonino Battista che ha guidato tutto l’organico coinvolto; una formazione jazz plurigenerazionale, comprendente musicisti di spessore (Gianni Oddi, Achille Succi, Tino Tracanna, Mirco Cisilino, Francesco Lento, Federico Pierantoni, Gabriele Evangelista, Roberto Gatto); l’arrangiatore spagnolo Eduardo Rojo che ha proiettato, a stretto contatto con D’Andrea, la musica “intervallare” del Maestro in una dimensione molto ampia.

I tredici brani ascoltati alla Casa del Jazz (tra cui P5 – Perfect Fifth, M2 – seconda maggiore e Six Bars) fanno parte della suite “Sketches of the 20th Century”. In essa confluiscono radici e diramazioni della poetica di D’Andrea: jazz tradizionale e linguaggio di Monk; (poli)ritmi africani e dodecafonia; aree intervallari e scuola viennese; Armstrong, Ellington, Stravinskij, Webern, Berg, minimalismo. È il “suo” Novecento che risuona con colori e timbri orchestrali anticonvenzionali, un’integrazione iperbolica di linguaggi, un’esplorazione strutturalmente ritmico-timbrica, aprendo spazi di solismo (Cisilino, Tracanna, Succi, Pierantoni) sempre incastonati nel discorso collettivo e guidati con sapienza da Battista. Il direttore ha avuto parole di elogio per Franco D’Andrea, che ha mantenuto la sua abituale riservatezza. Era soddisfatto, comunque, per la riuscita del non facile concerto, con molte e complesse parti scritte e l’integrazione inconsueta tra musicisti classici e jazz. La sera stessa il pianista ottantenne ha dichiarato a Sandro Cerini di Musica Jazz: «Per me esiste il jazz al centro di tutto (…) e il Padre in Europa, con tutta la parte armonica: ed è proprio l’Europa del Novecento, da Debussy in avanti. Dall’altra parte c’è la Madre, l’Africa, soprattutto per gli aspetti di vivacità ritmica e poliritmica. (…) Il progetto è molto complesso ma alla fine scorre, arriva e sono contento che questo si percepisca».

LA “MeJO” ORCHESTRA

Nel dialetto romano “mejo” è un superlativo assoluto e su questa ambiguità semantica gioca la sigla MeJO Metropolitan Jazz Orchestra, formazione di sedici elementi, scaturita dall’iniziativa dei giovani trombettisti Giacomo Serino e Iacopo Teolis, che riunisce validi solisti della scena capitolina e italiana. La sua peculiarità è che ogni quadrimestre – più o meno – muta ospiti e direttore d’orchestra (Antonello Sorrentino, Giovanni Amato) “aggiornando il proprio repertorio e arricchendo così la propria esperienza e identità musicale”. In più la formazione romana commissiona i suoi arrangiamenti a giovani compositori italiani, aiutandoli ad emergere.

Quanto presentato a Summertime il 4 luglio scorso è esemplificativo del lavoro della MeJO. Il progetto originale “Di cosa vive l’uomo, le canzoni di Kurt Weill e Bertold Brecht” è un originale omaggio al songbook dei due autori tedeschi, organizzato per due voci soliste e big band jazz. L’esperto e affermatissimo Peppe Servillo e l’emergente (anche come compositrice e leader) Costanza Alegiani sono state le voci di un rinnovato “teatro musicale”, con arrangiamenti originali di Gianluigi Giannatempo (coadiuvato da Filippo Minisola). Il progetto ha debuttato a fine 2021 (Orchestra Jazz di Sassari) ma a Summertime lo ha presentato la MeJO Orchestra, diretta da Marco Tiso.

A livello concertistico sono emersi l’alternanza e la fusione delle voci e delle lingue, in un intrigante gioco tra maschile – femminile, inglese (tedesco) – napoletano. Gli arrangiamenti briosi, la direzione autorevole e competente, gli originali interventi solistici (fra cui quelli del tenorista Federico Pascucci, del chitarrista Simone Sansonetti e del pianista Vittorio Solimene) hanno, inoltre, dato al recital spessore e vivacità, mostrando le possibilità ‘contemporanee’ di rilettura dei capolavori di Weill – Brecht, con un breve excursus anche nel fertile periodo americano del primo autore (Speak Low, Lost in the Stars). Il duetto vocale-teatrale in Tango ballade, il toccante duo Alegiani – Sansonetti de La ballata della ragazza annegata, Servillo in Jenny dei pirati hanno rappresentato i vertici dell’omaggio.

ENSEMBLE PER “OPERA APERTA” E SCRITTURA PERFORMATIVA: L’ORCHESTRA NAZIONALE JAZZ GIOVANI TALENTI

Fra i grandi organici di cui abbiamo parlato, quello che più è relazionabile con la ONJGT, diretta da Paolo Damiani, è il Grande Elenco Musicisti di Tommaso Vittorini. Si può dire che le intuizioni di quell’ensemble si sono sedimentate e arricchite nel tempo, fino ad approdare – mediante esperienze varie e significative, prima tra tutte quella magistrale dell’Italian Instabile Orchestra – ad una formazione che ha un’innovativa prospettiva didattica.

Nata nel 2015 su iniziativa di Paolo Damiani e del fiorentino Teatro Puccini (con l’appoggio di Fondazione Siena Jazz e Music Pool, nonché il patrocinio della Regione Toscana e del MIUR), la ONJGT è andata via via trasformandosi. Dalla seconda edizione (2019) l’orchestra viene prodotta dalla Fondazione Musica per Roma (CD “Oscene rivolte”, Parco della Musica Records), sempre con la direzione di Paolo Damiani, ma con un meccanismo di cooptazione che si libera dall’originaria selezione di studenti dei conservatori. Nelle più recenti edizioni, che rinnovano gran parte dei musicisti, si tende ad “arruolare” artisti giovani, magari già visibili come Costanza Alegiani, Sara Jane Ceccarelli, Giacomo Tantillo, Simone Alessandrini, Mattia Bondesan, Mariasole De Pascali, Andrea Molinari, Paolo Zou, Marco Centasso, Max Trabucco.

Ma cosa cambia rispetto alla big band tradizionale? Molto, praticamente tutto: organico, sezioni, repertorio, condotta delle parti, coinvolgimento a livello compositivo, metodi di direzione. L’ONJGT non vuole generare dei competenti orchestrali quanto tracciare un percorso (spesso individualizzato) che esalti le potenzialità di ciascuno ma nella relazione, profonda e sentita, con gli altri/e, alla ricerca di un diverso rapporto tra artista singolo e collettivo. È la filosofia di Paolo Damiani, maturata in decenni di didattica e di esperienze con organici estesi, unita alla finalità di trasmettere/affidare a musicisti/e quanto elaborato. In un certo senso è il punto (temporaneo) di approdo – per una successiva ripartenza – di ciò che hanno sperimentato gli ensemble europei (italiani compresi) degli ultimi decenni e alcune esperienze americane; in questo senso resta fondamentale e ispirativa la lezione di Lawrence “Butch” Morris con le sue “conductions”.

Nel concerto romano del 6 luglio la ONJGT ha presentato voce (Camilla Battaglia), due violini (Anais Drago, Eloisa Manera), due ottoni (Francesco Fratini e Michele Fortunato), tre ance (Federico Calcagno, Michele Tino, Sophia Tomelleri), chitarra (Giacomo Zanus), contrabbasso (Federica Michisanti), vibrafono (Nazareno Caputo), batteria (Francesca Remigi), con la direzione e il contrabbasso del Maestro Damiani. La disposizione dell’ensemble era semicircolare, in modo da permettere la miglior visione/interazione tra tutti i componenti e le componenti, dato che la terza edizione della ONJGT prevede un’assoluta parità di genere.

Il repertorio è stato tutto di composizioni originali dei membri, tra cui brani di Tomelleri (dalla forte ascendenza mingusiana), Damiani (Come vento di taglio sulla pelle), Fratini e Battaglia, ciascuno con proprie caratteristiche e la presenza dell’interazione tra scrittura e conduction. In definitiva la dimostrazione pratica di come il percorso della ONJGT stia dando i suoi validi frutti.

Il trombettista Francesco Fratini, già da due edizioni nell’organico, evidenzia per l’orchestra soprattutto «la dimensione di contributo collettivo ad una ricerca comune, condivisa. Trovo in essa il miglior esempio di democrazia, di equilibrio efficace, seppur imperfetto, tra l’incredibile varietà dei suoi componenti». Parole che si possono, anzi si debbono, sottoscrivere seguendo l’ONJGT dal vivo e nei suoi progetti discografici.

INFO

www.casadeljazz.com

www.auditorium.com/rassegna/summertime

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