
Dal 28 al 30 settembre terza edizione di “I Poeti del Piano Solo”, festival organizzato a Firenze da Musicus Concentus, in collaborazione con l’Associazione Something Like This, totalmente dedicato al recital di piano solo, diretto dal pianista Stefano Maurizi e dal Presidente del Musicus Concentus Fernando Fanutti, che quest’anno tocca tre location diverse, ovvero Sala Vanni, Museo dell’Opera del Duomo e Teatro Puccini.
Apertura il 28 settembre in Sala Vanni con Enrico Pieranunzi, il 29 secondo appuntamento con Tania Giannouli al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, chiusura il 30 settembre al Teatro Puccini con la star Tigran Hamasyan, evento speciale per festeggiare i 50 anni di vita del Musicus Concentus.
Musicus Concentus in tutti questi anni ha sempre proposto una straordinaria panoramica delle realtà più interessanti tra jazz e new music e ha ospitato a Firenze i protagonisti delle nuove scene sonore.
Il lavoro condotto negli anni ha permesso all’attività del Musicus Concentus di scoprire e seguire da vicino l’evoluzione di alcuni tra i più ispirati artisti di oggi, invitati più volte, con differenti progetti, per documentarne gli sviluppi sonori.
Di fianco all’attenzione rivolta agli esponenti del jazz statunitense ed europeo, il Musicus Concentus ha considerato anche altri percorsi musicali, spaziando dalla musica colta europea alle tradizioni etniche, fino all’elettronica, per definire un percorso originale e catturare il meglio della musica che ci circonda.
La storia di Musicus Concentus inizia nel lontano 1972, a Firenze, dove un gruppo di prime parti dell’orchestra del Maggio Musicale firmò l’atto di costituzione dell’associazione, con l’obiettivo di dedicare l’attività ad una più solida presenza, in città, della musica contemporanea.
A quel tempo il contemporaneo era “altro” rispetto ad ora, «nell’orbita del Musicus entrarono subito il pioniere della musica elettronica Pietro Grossi, Karlheinz Stockhausen — con uno storico concerto nel Salone de’ Dugento di Palazzo Vecchio, nel 1987 — e Luciano Berio» (Fulvio Paloscia, su La Repubblica).
Poi arrivarono i grandi nomi della lirica con la prima assoluta in un palazzetto dello sport di Luciano Pavarotti, ma anche l’invito a Liza Minelli. Nel frattempo la sede dell’associazione era cambiata: sia i Carmelitani, sia la Soprintendenza erano stati convinti a fare della Sala Vanni luogo per concerti, nonché sede del Musicus Concentus.
E poi arriva il 1992, anno dell’avvio di una nuova fase del Musicus Concentus: un gruppo di amanti del jazz e delle nuove musiche, composto da Fernando Fanutti, Giuseppe Vigna e Luca Conti – con Alessandro Tarchiani che rimaneva “in squadra” dalla precedente gestione – subentrò alle redini dell’Associazione, avviando così il nuovo corso denominato “Tradizione in Movimento”.
“Tradizione in Movimento” è lo slogan, il claim, che caratterizza Musicus Concentus da trent’anni e sta a significare la profonda volontà dell’Associazione di indagare le tradizioni della musica, sempre con un occhio all’innovazione, al contemporaneo e quindi al movimento.
Il primo concerto è storia, il 19 maggio 1992. «Debuttammo nel Teatro della Compagnia appena restaurato con il Brass Fantasy di Lester Bowie. Dopo aver passato le prove a perdersi, come una classe in gita scolastica, salirono sul palco indossando perfetti smoking blu elettrici, e sbalordirono per disciplina, ritmo e coreografia» (I ricordi del Presidente Fernando Fanutti nell’articolo di Caterina Ruggi D’Aragona, su Corriere Fiorentino).
Seguiranno poi tanti altri nomi della scena di Chicago e newyorkese, il pop italiano, la canzone d’autore, il folk e l’elettronica.
Ad oggi i “capitoli” che compongono il cartellone di Tradizione in Movimento sono svariati: Glorytellers per il cantautorato e le ricerche folk e rock, Disconnect <code> per la sperimentazione elettronica, I Poeti del Piano Solo dedicata interamente alla riscoperta del pianoforte, Nextech per i grandi dj dell’elettronica, A Jazz Supreme in cerca del migliore jazz contemporaneo e Jazz Prime come incubatore e rampa di lancio per nuovi talenti jazz.
Da menzionare anche le collaborazioni con MetJazz, Secret Florence, Firenze Jazz Festival, The Cage, Jazz Club of Vicchio e BHFM.
La grande novità di questa terza edizione di “I Poeti del Piano Solo”, segno del percorso di crescita che anima il progetto, sta nella diffusione degli appuntamenti nella città di Firenze: ogni concerto si svolgerà in un luogo diverso, coinvolgendo sedi prestigiose in un ideale giro della città in musica.
Si comincerà dalla Sala Vanni, sede del Musicus Concentus e cuore pulsante della sua attività, si proseguirà aprendo al pubblico del jazz la meravigliosa Sala del Paradiso al Museo dell’Opera del Duomo, dove sono esposti gli originali delle Porte del Battistero di Firenze, si concluderà al Teatro Puccini recentemente rinnovato per accogliere il grande pubblico con un’acustica di prim’ordine.
L’apertura di questa terza edizione, prevista per mercoledì 28 settembre in Sala Vanni, è affidata a Enrico Pieranunzi (inizio ore 21:15 – ticket 13€ + dp – prevendite Boxol.it).
Piano Solo di Pieranunzi è un’avventura musicale da seguire nota dopo nota. Si passa da una canzone di Gershwin a Scarlatti, da un blues a un brano originale che racconta una storia tutta sua.
La sua musica, è stato scritto, «dà voce al desiderio di superamento del confine interpretativo» ed egli «si prende la libertà di interpretare se stesso». Classe, eleganza, immaginazione sono gli ingredienti di un’esperienza sonora che riesce a catturare appassionati di ogni genere musicale.
Blues, barocco e molto altro, una esecuzione eclettica in cui pianismo, composizione e arrangiamento sono inscindibilmente intrecciati e che spesso lo hanno visto impegnato anche come autore di musica per film e teatro: questo il mondo musicale senza confini di Enrico Pieranunzi, musicista tra i più versatili della scena musicale europea, nella cui particolarissima avventura sonora musica jazz e classica convivono fin dall’inizio una a fianco dell’altra.
Nei decenni della sua ricca discografia (più di ottanta album) il celebre artista annovera collaborazioni prestigiose con luminari del jazz come Chet Baker, Paul Motian, Charlie Haden, Marc Johnson e Joey Baron, ma anche un disco in duo con Bruno Canino (“Americas”) e lavori incentrati su Scarlatti, Bach, Haendel, Martinu e Gershwin.
È l’unico musicista italiano ad aver registrato più volte a suo nome nello storico studio “Village Vanguard” di New York e, tra i tanti riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua attività musicale, vanno ricordati il Django d’Or francese (1997) come “miglior musicista europeo”, l’Echo Award 2014 in Germania come “Best International Piano Player” e il premio “Una vita per il jazz”, assegnatogli dalla rivista Musica Jazz.
Quest’anno, grazie al contributo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, I Poeti del Piano Solo fa tappa anche al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Nella meravigliosa Galleria del Campanile sarà infatti protagonista giovedì 29 settembre Tania Giannouli (ingresso gratuito con prenotazione a partire dal 26 settembre, massimo 2 persone per prenotazione).
Tra i nomi più freschi e attuali del panorama europeo, compositrice e improvvisatrice, la pianista trasferisce sulla tastiera questa sua doppia dimensione che la porta a esplorare il mondo del jazz con personalità, facendo ricorso anche al suo background classico e alle influenze folkloriche della terra di origine, la Grecia.
I suoi concerti di piano solo accompagnano l’ascoltatore in un viaggio sonoro in cui l’inventiva del momento si sposa con influssi diversi, che si intersecano dinamicamente con crescente intensità.
A una tecnica che non lascia spazio per nessun dubbio, si aggiunge una profonda abilità di improvvisatrice.
Non a caso la Giannouli è stata recentemente candidata, insieme a Tigran Hamasyan e Shai Maestro, ai Deutscher Jazzpreis, importante riconoscimento della discografia tedesca.
La tre giorni dedicati al recital di Piano Solo si chiude il 30 settembre al Teatro Puccini con il concerto dell’armeno Tigran Hamasyan (inizio ore 21:15 – ticket 15/25 € + d.p – prevendite Boxol.it).
Considerato uno dei più straordinari musicisti della sua generazione, il trentenne Tigran Hamasyan unisce la potenza dell’improvvisazione jazz, la musica folcloristica della sua terra natale, l’Armenia, e la potenza del rock.
La sua vita è stata sin da subito caratterizzata dalla musica. Cresciuto in una famiglia dove si ascoltava rock e jazz, Hamasyan a tre anni tenta già di capire come eseguire la musica dei Beatles, dei Led Zeppelin o Deep Purple, al pianoforte.
Quando la famiglia si trasferisce a Yerevan, Tigran ha dieci anni e ha appena iniziato a incuriosirsi al jazz. È a questo punto che nella sua formazione musicale entra Vahag Hayrapetyan, un insegnante che si era formato con Barry Harris e che, come dice il pianista, «mi ha fatto capire cos’era il jazz e mi ha insegnato il be-bop». A tredici anni rivaluta la musica delle sue origini e inizia a trarne ispirazione.
Trasferitosi a Los Angeles fonda il gruppo Aratta Rebirth. Nel frattempo la sua carriera ha preso il via. Nel 2003 vince il premio “rivelazioni” al Jazz à Juan e il premio della critica e del pubblico al Festival di Montreux, nel 2006 ottiene il premio come “Best Jazz Piano” al Thelonious Monk Institute of Jazz. Nello stesso anno registra il suo primo album “World of Passion”, uscito nel 2009 insieme a Red Hail con gli Aratta Rebirth.
Nel 2015 vince il prestigioso Paul Acket Award al North Sea Jazz Festival e l’anno successivo vince l’Echo Award (il Grammy tedesco) per il migliore album pianistico internazionale dell’anno con “Mockroot”.
Downbeat ha definito la musica di Tigran «sublime», Brad Mehldau ha detto «Tigran really grabbed me, in this really cool way». Di appena pochi mesi fa il suo ultimo disco “StandArt”.
INFO