In occasione dell’edizione 2016 del festival Lucca Jazz Donna abbiamo incontrato la cantante e violoncellista Patty Lomuscio, che ha presentato dal vivo i brani del suo album d’esordio “Further To Fly”, pubblicato da AlfaMusic, nel quale rivisita il repertorio di Paul Simon e Art Garfunkel
di Roberto Paviglianiti
Che significato c’è nel partecipare a un festival rivolto alla scena jazzistica femminile come “Lucca Jazz Donna”?
Non credo ci sia discriminazione nei nostri confronti, ma penso sia bello che ci sia una manifestazione interamente dedicata alla figura femminile come quella che organizzano a Lucca. È la prima volta che partecipo al festival, pensavo di trovare più cantanti e invece ci sono in cartellone molte pianiste. Questo mi ha sorpreso e mi fa piacere.
Nel booklet del tuo disco d’esordio “Further To Fly” (AlfaMusic, 2016) ci sono i ringraziamenti ai tuoi genitori. Sei vissuta in ambiente favorevole al tuo sviluppo artistico?
Sì, molto. Ho perso mio padre a otto anni, quando lui ne aveva quarantaquattro. Era un grande appassionato di musica, come del resto mia madre, e aveva comprato un pianoforte per mia sorella. L’ambiente in casa era sereno e questo ha favorito l’approccio alla musica. Loro non mi hanno mai ostacolato, anzi, mi hanno incoraggiata e sostenuta anche nel mio percorso nella musica classica che mi ha portato a imparare il violoncello.
“Further To Fly” contiene rivisitazioni del repertorio di Paul Simon e Art Garfunkel. Quali sono i motivi di questa scelta?
L’idea del disco è nata nel 2011, quando sono andata a New York per studiare e fare esperienza nel mondo del jazz. Lì ho rincontrato il contrabbassista Gianluca Renzi, e tra noi è nato un bel rapporto professionale e di amicizia. Andando via da New York ci siano salutati con la promessa di registrare un disco. Tornata in Italia ero un po’ indecisa su cosa voler pubblicare; ho scelto di lavorare sul repertorio di Paul Simon e Art Garfunkel perché hanno influenzato la mia fase di ascolto adolescenziale, e perché sono molto legata al loro disco “The Concert In Central Park” (CBS, 1982), che mi tiene idealmente legata a New York. Gianluca ha curato gli arrangiamenti dei brani e mi ha fatto conoscere il pianista Jon Davis, che suona nel CD insieme al batterista Vince Ector.
Qual è stato il tuo approccio a brani celebri come The Sound Of Silence?
I brani sono armonicamente molto semplici, pertanto Gianluca Renzi ha fatto un ottimo lavoro di arrangiamento stravolgendoli armonicamente e ottenendo ottimi risultati. È un repertorio di spessore, al quale mi sono avvicinata con grande entusiasmo. Registrarlo è stata un’esperienza che mi ha reso felice, e credo sia un disco che possa piacere sia all’appassionato di jazz sia a chi ascolta musica pop.
L’esperienza a New York, delle quale ci parlavi prima, si è rivelata formativa?
Molto, sotto ogni punto di vista. Gli input che si ricevono a New York non si possono trovare altrove. È una città ricca di energia, e per conoscere il jazz è il massimo. Si fanno esperienze sul campo come, per esempio, cantare durante delle jam session al Birdland, come mi è capitato di fare.
A New York hai avuto difficoltà di inserimento nell’ambiente jazzistico?
No. Sono andata da sola, con una discreta conoscenza della lingua, e non è stato difficile inserirsi, perché tra i giovani musicisti c’è solidarietà e ci sia aiuta a vicenda.
Ora che stati presentando l’album dal vivo, come affronti la performance?
Prima di salire sul palco sento una grande emozione, e guai se non fosse così! Dopo le prime note mi rilasso e mi godo il concerto. Cantare mi diverte.
Nei tuoi ascolti c’è altro al di là del jazz?
In effetti ascolto molto jazz, soprattutto cantanti, come Norma Winstone o Abbey Lincoln, per la quale ho scritto una biografia (L’urlo dell’Africanità, Enter Edizioni, 2012, NdR). Inoltre, conosco e ascolto molta classica, e poi ho nel cuore i Radiohead, uno dei miei gruppi preferiti. Sono dei grandi musicisti, hanno una grande conoscenza della musica e sono ricchi dal punto di vista armonico. Ho studiato a fondo alcuni loro dischi durante un corso di composizione, album come “In Rainbows” (XL Recordings, 2007). Analizzare le loro forme musicali mi piace, è molto affascinante.
Che obiettivi hai per il prossimo futuro?
Sto iniziando a scrivere dei nuovi brani. Vorrei realizzare un lavoro che includa anche il violoncello e sto pensando di utilizzare l’elettronica. Sono brani che scaturiscono da esperienze vissute in questi anni, o in maniera spontanea, istintiva. Solitamente scrivo di getto, poi cerco di capire in seguito se tenere in piedi un’idea o meno. Mi convinco di quello che scrivo a distanza di tempo, anche se spero che il mio secondo disco non verrà pubblicato tra molti anni (ride, NdR).