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Fra voce e Gypsy Jazz<br/>Intervista a Fabio Lepore

Fra voce e Gypsy Jazz
Intervista a Fabio Lepore

21 ottobre 2019

Fra voce e Gypsy Jazz

L’album “Fragile” (Preludio, 2019) è il frutto del proficuo incontro fra le qualità vocali di Fabio Lepore e la profonda conoscenza che il chitarrista Salvatore Russo (per l’occasione con il suo Gypsy Jazz Trio) ha dello stile manouche. Abbiamo chiesto al cantante barese di parlarcene.

Di Fabio Caruso

Vorrei iniziare chiedendoti come mai hai deciso di incidere un disco con un trio di gypsy jazz, stile apparentemente distante da quelli a cui ci hai abituato nei tuoi lavori precedenti.
Una delle cose più belle per un musicista è rinnovarsi, sperimentare, incuriosirsi. Ho ascoltato per caso alcuni lavori di Salvatore Russo e sono rimasto folgorato dalla sua tecnica sopraffina e dal suo sound gypsy davvero originale.

Ed è così che è nata la collaborazione con Salvatore Russo?
Sì, ho iniziato quasi per gioco a cantare in macchina molti dei suoi brani strumentali e mi è piaciuto cosi tanto che ho deciso di contattarlo e di proporgli una collaborazione. Pochi momenti e l’alchimia è nata. Nutro una profonda stima nei suoi confronti, mi emoziona come musicista e a dirla tutta mi affascina molto il suono che nasce dal solido affiatamento che ha con il suo trio (Tony Miolla alla chitarra e Camillo Pace al contrabbasso). Quindi non mi bastava l’idea di iniziare a fare qualche concerto. Abbiamo subito pensato che registrare un disco a nostro nome sarebbe stata la miglior cosa per dare vita a un progetto serio.

Qual è l’idea alla base di questo lavoro?
È quella di unire la tradizione e l’originalità degli arrangiamenti gypsy jazz con il virtuosismo della voce e con brani vocali di tradizione differente: la canzone francese, quella spagnola, quella italiana e le colonne sonore da film. Ci siamo, poi, “divertiti” un bel po’ nel riarrangiare il Capriccio n. 24 di Paganini: davvero una sfida di velocità.

I brani che avete inserito in scaletta sono molto diversi fra loro. Come li avete scelti?
Ci ho messo un anno intero per scegliere una lista di canzoni che mi piacessero. Alcune le abbiamo prese dal repertorio che aveva già Salvatore con il suo trio, altre le ho proposte io. Ho ritenuto utile che ci fosse un giusto equilibrio tra brani più passionali, in cui il trasporto la fa da padrone, e brani più swing e dinamici, come per esempio Mr. Sandman. Con Salvatore, infine, abbiamo scartato quelli che non funzionavano con un arrangiamento gypsy e la scaletta è nata.

Avete anche riproposto Menilmontand, classico della musica francese, con un testo inedito in italiano
Ero convinto che lo swing di Menilmontand si potesse sposare bene con un testo in italiano, alla Luttazzi, oserei dire. La mia amica Anna Panza ci ha provato e il risultato mi è piaciuto molto.

Perchè proprio “Fragile” come titolo?
Il termine fragile pur leggendosi in inglese e in italiano in maniera differente ha un significato univoco che è anche uno dei temi più dibattuti del momento: la fragilità della vita, intesa come quella del nostro pianeta o la vita personale di ciascuno di noi.

Penso che tutti dovrebbero fare più attenzione al valore della vita e avere più rispetto e amore verso gli altri. Vivremmo tutti meglio.

Come state programmando la promozione dell’album?
Per prima cosa terremo due concerti qui in Puglia, uno l’8 novembre al Duke Jazz Club di Bari e l’altro il 22 dicembre in teatro a Bisceglie. Poi per il prossimo anno abbiamo ricevuto diverse richieste dalla Cina, dal Qatar, dall’Azerbaigian e dalla Norvegia. Se devo essere sincero, mi piacerebbe molto portare questo progetto anche in giro per l’Italia, ma vedremo come si svilupperanno le cose.

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