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“Follow The Flow”: a seguire l’istinto non si sbaglia mai. Intervista a Mauro Mussoni

“Follow The Flow”: a seguire l’istinto non si sbaglia mai. Intervista a Mauro Mussoni

15 aprile 2022

Intervistiamo il contrabbassista Mauro Mussoni, che ci racconta il suo nuovo lavoro discografico “Follow The Flow”, pubblicato dalla WoW Records, un album che rappresenta un segno di cambiamento per il musicista, che in questo progetto ha dato libero sfogo ai suoi pensieri e alle sue emozioni: quando “seguire il flusso” rappresenta la via migliore per comporre musica autentica e ispirata.

a cura di Andrea Parente

Mauro, ci racconti in breve la tua storia e come ti sei avvicinato al jazz?
La musica mi ha stregato sin da subito! A cinque anni consumavo già i vinili dei miei genitori; a nove ero in simbiosi con il walkman; ad undici cominciavo a collezionare ossessivamente i primi cd. I miei genitori avevano un caro amico pianista, che ricordo con molto affetto, e il primo contatto con la musica suonata è avvenuto intorno ai dieci anni tramite appunto il pianoforte. Intanto rubavo a mio zio anche qualche nozione di chitarra; il tanto che bastava per potermi divertire, suonando brani rock, funk e pop in svariati gruppi formati da amici che condividevano con me questa grande passione; ogni giorno ci suggerivamo reciprocamente vari ascolti. Ho attraversato così i più svariati generi musicali, facendo sempre riferimento a uno strumento. Il pianoforte rappresentava la musica classica, il rock la chitarra. Ho scoperto il potere del basso quando mi sono improvvisato bassista durante le prove di un gruppo funk. Ho scoperto il potere del jazz quando qualcuno mi ha inavvertitamente consigliato i Jazz Messengers

“Follow The Flow” (WoW Records, 2021) è il titolo del tuo ultimo album. Che significato ha il titolo? Come hai sviluppato il percorso narrativo del disco?
Durante i live in quintetto per la presentazione del precedente album “Lunea” (Alfamusic, 2018), sentivo che il sound progrediva e andava pian piano definendosi. Le idee cominciavano a scaturire spesso in maniera imprevedibile; l’energia e la tensione erano costanti, quindi la musica andava alla grande! Stavo lavorando ad alcuni nuovi brani e per valutarne le potenzialità ho pensato di proporli ai ragazzi ex novo e di suonarli direttamente in concerto (…Miles insegna!). Hanno funzionato subito e da lì ho capito che si sarebbe potuto pensare a realizzare un nuovo album. Durante la composizione o l’arrangiamento di un brano cercavo soluzioni non scontate. Con questo approccio però purtroppo rischiavo continuamente di bloccare lo scorrere della musica e di perdere di vista l’obiettivo essenziale. A volte mi affido troppo all’intelletto e dimentico l’istinto… così ho cambiato pensiero e ho dato fiducia alle idee. Mi piace definire quest’album “felice” perché è maturato senza problemi: emotivo e libero da dubbi. La musica è arrivata in maniera spontanea e ispirata. Follow The Flow significa letteralmente “Segui il flusso”. È un consiglio che ho dato a me stesso e che cercherò di ripetermi spesso e volentieri!

Come nascono le tue composizioni e in che modo ci lavori?
A volte è una folgorazione ben precisa; a volte un’intuizione lontana, sfocata… come qualcosa che ronza in un orecchio e che va decifrata; a volte è la casualità di mettere le mani sullo strumento e scoprire che vanno da sole. Non ho la ricetta precisa per comporre, e in ogni caso servono sempre dedizione e devozione. Di sicuro nel caso di questo album ho riscoperto il piacere di essere ispirato e di essere d’accordo con quello che l’ispirazione mi ha proposto. Quando quest’ultima latita, lascio stare e non mi preoccupo: verrà da sé. A volte invece mi devo impegnare e cercare. Avevo scritto un brano di matrice prettamente hard bop, l’avevo concepito in quel modo e volevo mantenerne le caratteristiche. Mi ero fissato. Purtroppo però non mi aveva mai convinto. Un giorno ho deciso di distruggerlo totalmente e di provare a ricostruirlo; ora è irriconoscibile. Questa pratica mi è costata un po’ di fatica perché avevo altri propositi, ma devo ammettere che il risultato è stato di gran lunga superiore e soddisfacente rispetto a quella che era la forma iniziale. È importante saper cambiare strada e riconoscere il punto massimo di arrivo. Alcuni brani possono anche nascere da una linea di basso, ma di solito lavoro sulla composizione usando il pianoforte, per avere una visione completa dell’idea che vorrei sviluppare. Per ogni evenienza porto sempre con me un piccolo pentagramma… non si sa mai!

Cosa ti ha motivato nello scegliere Simone La Maida, Massimo Morganti, Massimiliano Rocchetta e Andrea Grillini come compagni in questa nuova avventura discografica?
Per suonare bene insieme è fondamentale stare bene insieme. Ho condiviso con i ragazzi tante esperienze in passato e sono perfettamente consapevole del loro gusto e della loro capacità di rendere grande la musica. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Un paio di settimane fa io e Simone eravamo in macchina rientrando da un concerto. Mi è venuto in mente un dettaglio di un brano di cui avrei voluto parlare, ma poi ho subito intuito che non fosse necessario. Mi fido dei musicisti che ho scelto e penso che non sia indispensabile spiegare loro alcunché; parlare troppo di musica può essere pericoloso perché può mettere dei paletti e portare fuori dalla naturale fisiologia della pratica. Spesso è molto meglio suonare e basta, senza condizionamenti: “seguire il flusso” appunto. Il titolo dell’album non è stato scelto a caso, è una dedica al concetto che ho pensato di seguire. Ho scritto e arrangiato i brani dell’album, ma ci sono tante cose che non si possono dire o scrivere, e il jazz sta proprio lì, nella sensibilità di chi lo suona. Penso che questo quintetto sia veramente equilibrato. Ognuno si mette a disposizione della musica, prendendo l’iniziativa in qualsiasi momento sia necessario e portando la tensione sempre alla massima espressione possibile; un flusso costante di cui tutti siamo responsabili, sia contemporaneamente che a turno.

Sei musicista, compositore, arrangiatore e produttore. Come sei riuscito a trovare un equilibrio tra più dimensioni espressive?
Cerco di dedicare il tempo necessario al processo artistico. L’esigenza di raggiungere determinati obiettivi va controllata e sto evolvendomi nel gestirla. Ogni dimensione espressiva necessita di attenzione e può portare grande soddisfazione solo se curata a dovere. Il concerto è sempre il momento che preferisco, ma anche la composizione di un brano o un arrangiamento soddisfacente mi possono appagare in egual misura. Sono sensazioni diverse, ma che riconosco come tutte necessarie per il mio percorso. Dedico ad ognuna il tempo e la cura che meritano.

La tua formazione è un quintetto. Cosa significa questo a livello timbrico, espressivo e di arrangiamento?
Il quintetto jazz in fondo è la massima sintesi della jazz band ed è la formazione più agile con la quale ci si possa comunque cimentare in un arrangiamento; inoltre lascia molto spazio all’estemporaneità di ogni musicista in quanto solista ed è quindi al contempo divertente e creativo. Mi affascina il dialogo tra i vari strumenti e la possibilità di raggiungere un determinato stato d’animo tramite l’uso della timbrica. A tal proposito provo anche a introdurre accoppiate timbriche meno consuete (trombone/soprano, flauto/trombone, etc.), cercando così di raggiungere un determinato mood anche tramite l’arrangiamento, magari affidando a un dato strumento un registro non troppo consono, una nota lunga, un effetto, andando a volte oltre i soliti ruoli prestabiliti. Questo potrebbe risultare una forzatura, ma al contrario funziona e ne vale la pena.

Quale formazione prediligi? Cambia che sia per un disco o per un concerto?
Come già accennato nella risposta precedente, il quintetto è forse la sintesi che prediligo per via della possibilità di avere un sound ricco sia in fase di registrazione che al momento del live. Inoltre il fatto di poter avere lo stesso organico e lo stesso sound sia in studio che in concerto è un vantaggio di non poco conto. Ovviamente sarebbe un sogno poter contare sempre sulla disponibilità di un’orchestra intera, ma bisogna considerare lo sforzo che ciò comporterebbe su più fronti. Inoltre spesso fatico ad organizzare me stesso… quindi credo che riuscire ad organizzare un quintetto sia per me già una grande impresa! Forse il quintetto è il miglior compromesso in quanto si presta sia ad un minimo di arrangiamento che alla continua possibilità di interplay, e non manca di essere tra le formazioni storiche che prediligo.

Cosa distingue “Follow The Flow” dal tuo precedente album “Lunea”?
“Lunea” è il mio primo album ed è stato molto importante per me: ha significato l’inizio di un percorso, di una scelta e di una ricerca; rappresenta la voglia di mettermi in gioco come artista oltre che come musicista e la voglia di farlo assumendomene la responsabilità. È stato necessario mettere insieme tante cose: organizzare le idee, le persone e trovare l’energia per portare a termine il tutto. È stata un’esperienza che mi ha cambiato e insegnato molto. Per raggiungere un obiettivo bisogna saper affrontare le difficoltà, ottimizzare, saper cambiare direzione se necessario ed essere flessibili. Mai dare nulla per scontato. “Follow The Flow” è un album più complesso dal punto di vista musicale, ma che ho vissuto in maniera più semplice. Il quintetto era già formato, l’affiatamento e il sound erano già solidi, sapevo già per chi avrei scritto e cosa mi sarebbe piaciuto scrivere. Dal momento in cui è arrivata la convinzione che qualsiasi cosa sarebbe stata realizzabile, mi sono sentito più sicuro del risultato che immancabilmente è arrivato e in diversi frangenti ha superato anche le aspettative. Io e il mio gruppo venivamo da un album che aveva già ottenuto buoni risultati e alcuni brani erano già stati “rodati” in qualche concerto. Cose di altri tempi! Cosa chiedere di più?!

Come suona questo disco dal vivo? Lo hai già presentato al pubblico?
Il live è sempre imprevedibile, e deve esserlo! Sia per chi ci ascolta, sia per noi che, conoscendo già i brani, dobbiamo sempre contemplare possibili diversi sviluppi. In fondo la creatività e la pazzia non ci mancano di certo! Per ora abbiamo presentato l’album in un paio di occasioni e ci siamo attenuti più o meno alla struttura delle incisioni. So già per certo che presto andremo oltre, troveremo alternative e porteremo nel live quell’energia e quell’imprevedibilità che ci contraddistingue. Il gruppo è compatto e ognuno si prende la responsabilità di trainare gli altri quando se ne presenta l’occasione. Questa è una cosa impagabile e rappresenta in pieno il concetto di “seguire il flusso”.

Che emozione ti ha dato il ritorno ai concerti, al pubblico, alla musica?
A volte è capitato di ritrovare dei cari amici dopo tanti anni e ho avuto come la sensazione di averli visti appena il giorno prima….

La pandemia ha drammaticamente fermato il settore artistico. Come hai reagito a tale situazione?
La pandemia forse ha fermato l’economia del settore artistico ma di sicuro non ha fermato l’arte e gli artisti. Durante questo periodo abbiamo inciso questo album, ne ho scritto e registrato un altro in trio e ho partecipato all’incisione di diversi altri progetti che spero vedano la luce a breve. Inoltre ho approfittato per portare a termine alcuni propositi che avevo da diverso tempo lasciato “nel cassetto”, tra cui due metodi didattici (Bass Advices vol.1 e Bass Advices vol.2) per contrabbasso e basso pubblicati per la casa editrice Sinfonica Jazz. Visto che la situazione non prospettava nulla, ho pensato di proporre qualcosa io.

Quali sono le sfide che hai dovuto affrontare e che affronti tuttora?
In primis decidere quali saranno i miei prossimi obiettivi e cercare di raggiungerli. Non mi riferisco soltanto alla musica. Penso che la sfida più difficile consista nel trovare la propria strada. Posso scegliere e cambiare idea ogni giorno. Ho sempre delle alternative. Arrivare a sapere cosa si vuole nella vita è già una grande sfida! Potrei sfidare chiunque a sapere cosa davvero si desidera! Se dovessi scegliere qualcosa oggi, cosa sceglierei? A volte può capitare di dover improvvisamente prendere decisioni riguardo a cose a cui non avevamo mai pensato prima. La vera sfida è capire cosa scegliere.

Che progetti hai per il futuro?
Vorrei avere l’occasione di presentare questo nuovo album a un pubblico quanto più ampio possibile. Ce la metterò tutta per raggiungere questo obiettivo e penso che sarà molto divertente. La band scalpita! Inoltre a breve vorrei realizzare un album in trio – sempre a mio nome e con miei brani originali – e un altro album condiviso in quartetto. In più si sta delineando la possibilità di formare un progetto allargato e sperimentale…. E poi magari anche una bella vacanza!

INFO

www.mauromussoni.com

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