2 febbraio 2018
Emme Produzioni Musicali è una delle realtà più attive del panorama italiano; oltre a essere etichetta discografica è anche studio di registrazione, scuola, e molte altre cose. Ne abbiamo intervistato il fondatore, Enrico Moccia.
Come nasce Emme Produzioni Musicali?
Da quando ho cominciato a lavorare nel jazz, da metà anni duemila, c’è stata la ricerca da parte di molti artisti di collaborazione per quanto riguarda booking e management; quella che era un attività saltuaria si è formalizzata nel 2010 come Emme Produzioni Musicali, intesa come studio, agenzia di management booking e organizzazione eventi. Nel 2012 sempre su richiesta di alcuni artisti siamo partiti come etichetta, inizialmente realizzando dischi esclusivamente registrati, mixati e masterizzati nel mostro studio; successivamente ci siamo aperti a progetti che ci piacevano per come suonavano, ma registrati altrove. Il catalogo a oggi è di quaranta titoli, siamo distribuiti digitalmente in 240 paesi , per la distribuzione fisica stiamo lavorando in particolare con il Giappone,
Una delle vostre parole chiave è aggregazione. Cosa intendete dire?
In un contesto storico come quello attuale il concetto della vecchia etichetta ha perso smalto; quello che serve ad un artista è una struttura multitasking che copra a 360 gradi quella che è la produzione musicale. Aggregazione è mettersi a disposizione dell’artista nella fase artistica, ma anche in quella della distribuzione, promozione e ricerca dei concerti, che è quello che offriamo.
Ti trovi due minuti sull’ascensore con il Presidente del Consiglio. Cosa gli proporresti per migliorare lo stato del jazz in Italia?
La possibilità di abbattere la tassazione per i privati che investono in cultura; già ci si sta muovendo ma è fondamentale che il privato che fa da sponsor abbia un vantaggio, nel supportare un festival o un progetto discografico, o quello che sia. Un ritorno di immagine e fiscale sarebbero uno stimolo importante. In altri paesi c’è un mercato florido dei dischi, vedi USA e Giappone; quindi ridurre l’IVA dal 22 al 4 per cento sarebbe un’altra mossa importante. Investire sui giovani sarebbe un altro tassello fondamentale: negli altri paesi molti progetti artistici vengono cofinanziati o finanziati in toto dal governo e altre realtà pubbliche.
Quale disco ti sarebbe piaciuto produrre?
Ce ne sono talmente tanti… Miles Davis, John Coltrane; sono cresciuto col jazz elettrico, mi vengono in mente Chick Corea, John Scofield, gli Yellowjackets. Sono molti.
Qual è il vostro obiettivo per il futuro?
Quello che mi piacerebbe è offrire opportunità sempre più numericamente importanti agli artisti che fanno parte della nostra etichetta; parlo soprattutto dei live. Ingrandire il network che stiamo creando con numeorsi festival e realtà europee, con scambi di artisti e progetti.
Un’anticipazione del Fara Music Festival?
La 12a edizione del 2018 si terrà dal 20 al 29 luglio, dieci concerti in cui daremo ospitalità ad artisti internazionali e ad artisti italiani under 35.