
«I believe without exception that theory follows practice. Whenever there is a conflict between theory and practice, theory is wrong. As far as I’m concerned, we make theories for what people have done.» David Baker
Personaggio straordinario ed eclettico, è stato in ordine sparso: tra i più grandi didatti del XX secolo, trombonista del sestetto di George Russell, violoncellista, compositore. Una figura emblematica, nel mio pantheon personale sicuramente collocato ai livelli più alti. Un mio sogno nel cassetto sarebbe sempre stato quello di andare a intervistarlo per Jazzit e con questa scusa conoscere così uno dei miei idoli di sempre; come molti dei miei sogni, sarà per la prossima vita.
Mi sono sempre chiesto come facesse Baker in una giornata di 24 ore a realizzare tutto quello che ha fatto: scrittore di opere, sinfonie, trombonista, violoncellista, educatore, didatta, padre e marito. Insomma, un uomo inarrestabile e curioso. Mi ha sempre molto colpito che nella sua personale vita artistica, dopo aver suonato il trombone con il sestetto di Russell (una delle formazioni intellettualmente -e non solo- più eccitanti della storia del jazz) e aver analizzato e teorizzato buona parte della storia del jazz, si dedicò negli anni della maturità al violoncello e alla musica classica e contemporanea, quasi a voler annullare le differenze stilistiche che presumibilmente nella sua visione erano inutili.
In sintesi: una mente libera e fervida. So long, Mr. Baker.