31 marzo 2023
Stasera alle 21.30, al CrossRoads Live Club di Roma (in Via Braccianese, 771), torna “Crosswing”, festival swing nato nel 2010 a Bracciano (RM), con un evento interamente dedicato alle big band, dal titolo “Power of Big Band”, che vedrà andare in scena un doppio concerto con la Lake Jazz Orchestra e la Big Fat Band + Greg. Ne abbiamo parlato con il suo direttore artistico Luca Rizzo.
a cura di Arianna Guerin
Buongiorno Luca e benvenuto su Jazzit! Venerdì 31 marzo al CrossRoads Live Club di Bracciano tornerà l’evento “Crosswing”, festival swing quest’anno interamente dedicato alle big band: ci racconti come nasce il festival e come si è sviluppato negli anni?
“Crosswing” nasce a Bracciano (RM) nel 2010. L’anno precedente, visto che Bracciano era stato il luogo dove risiedeva Renato Carosone, avevo organizzato per il Comune una serata interamente dedicata al Maestro, con la presenza dei figli e della moglie Italia. Visto il successo, l’allora Assessore alla Cultura Giampiero Nardelli mi disse: «Luca, ma perché non organizzi un vero e proprio festival?». Così è nato “Crosswing”, nella mia testa un incrocio di musica e arte, con al centro lo swing.
Il titolo dell’edizione di quest’anno è “Power of Big Band”. Da direttore artistico, come ti è venuta l’idea di dedicarla alle big band e in che modo l’hai poi sviluppata? Illustraci il programma, quali big band parteciperanno e in che modo hai organizzato questo particolare evento.
L’idea di organizzare un evento dedicato alle big band mi era venuta in mente prima della pandemia, poi con quello che è successo, tutto si è fermato. La big band è la situazione musicale e artistica che mi intriga maggiormente nell’ambito delle diverse sfaccettature del jazz. Ho sempre suonato nelle big band, è una formazione che amo profondamente. L’idea di “Power of big band”, condivisa con Eugenio Rubei, direttore dell’Alexanderplatz di Roma, è stata quella di creare un festival nel territorio del Lago di Bracciano, un evento unico per il suo genere in Italia.
Musica ma anche solidarietà, a sostegno della “Blind International Orchestra”, diretta dal M° Alfredo Santoloci, la prima orchestra che accoglie musicisti ciechi e ipovedenti. Durante l’evento sarà possibile fare una donazione in modo da sostenere e aiutare soprattutto giovani musicisti con deficit visivo nel loro percorso di formazione professionale. Complimenti innanzitutto per questa lodevolissima iniziativa! Come nasce questa collaborazione?
Alfredo Santoloci, oltre ad essere un grande musicista, è una persona preziosa e non mi sorprende affatto che abbia dato vita a un progetto simile. Ho assistito ad una concerto della Blind International Orchestra al Conservatorio di Santa Cecilia: fantastico. La collaborazione con Alfredo è nata all’interno della Nazionale Italiana Jazzisti, una squadra di calcio di musicisti e operatori del mondo del jazz, con lo scopo di raccogliere fondi di solidarietà. Abbiamo così iniziato a organizzare eventi sportivi con concerto finale, devolvendo l’incasso alla Blind.
All’evento si esibirà anche la tua creatura artistica “Lake Jazz Orchestra”: ci racconti com’è nata l’idea di fondare l’orchestra e come si è sviluppata poi la sua storia?
Ho sempre suonato con le big band e abitando vicino al Lago di Bracciano mi è venuto in mente di creare qualcosa che su questo territorio ancora non esistesse. Se guardo indietro, sono felice di averlo fatto; abbiamo realizzato quattro album e decine di concerti nel territorio e non solo. Dell’ultimo disco “Strike up the Band”, con Max Ionata come special guest, sono particolarmente contento, un progetto interamente dedicato alla musica e agli arrangiamenti di Sammy Nestico, con il prezioso contributo e sostegno di musicisti di grande spessore come Sergio Vitale, Enzo de Rosa, Marco Rovinelli, Fabrizio D’Alisera e Claudio Corvini.
Tu sei un bravissimo sassofonista e clarinettista, che è stato poi capace di evolversi, fino a diventare direttore di una tua big band: ma quando e come hai deciso di diventare anche direttore d’orchestra? Come ti sei avvicinato a questa professione e qual’è stata la tua carriera in questo ambito? Dirigi anche altre orchestre?
Troppo gentile! Mio padre lavorava all’Atac di Roma, ma nell’animo era una persona che amava la musica e quando non lavorava suonava il mandolino, e da bambino aveva suonato anche il clarinetto. E così mi ha trasmesso la passione per questo strumento, poi a quindici anni sono entrato al Conservatorio di Musica di Santa Cecilia. Una volta diplomato mi sono fermato, dedicandomi ad altro, e poi un giorno ho ascoltato Massimo Urbani e lì mi sono perso totalmente in quel meraviglioso strumento che è il sax. È rinata la passione e così sono rientrato al Conservatorio, seguendo uno dei primi corsi di jazz con il M° Mauro Zazzarini a Latina. Mauro mi ha fatto conoscere Sonny Stitt e per questo gli sarò sempre grato; la mia tesi di esame è stata proprio dedicata a questo immenso sassofonista, forse troppo in ombra perché contemporaneo di quel marziano di Charlie Parker. Ho scritto poi un libro di assoli, prodotto da Sinfonica Jazz Carish, interamente dedicato al suo fraseggio, dal titolo Sonny Stitt – The Champ. Questo è stato il mio omaggio a mio padre, che se n’è andato troppo presto e che mi ha sostenuto per tutta una vita. Mi sono formato dal punto di vista orchestrale seguendo i corsi del M° Gianni Oddi e suonando con le big band della Scuola di Musica di Testaccio, con Claudio Prado e Angelo Schiavi. Ho dei ricordi bellissimi di quel periodo, con tanti concerti tenuti in location importanti, al fianco di musicisti straordinari e cari amici come Carletto Conti, Tiziano Ruggeri, Stefano e Andrea Nunzi. Oltre a suonare in altri gruppi, ho continuato in seguito ad essere legato alle big band e a formazioni di piccoli ensemble, dando vita alla Roma Big Band (esperienza sospesa, ma che voglio riprendere) e suonando in diversi ambiti orchestrali, legati al teatro e al musical. Da quest’ultimo punto di vista, particolarmente belli da interpretare sono stati Chicago, La bella e la bestia, Cabaret, fino alle rappresentazioni di Full Monty e La Cage aux Folles.
Quali sono i compiti di un direttore di big band? E come scegli i musicisti che andranno a far parte delle formazioni che dirigi?
Il lavoro del direttore di una big band non finisce mai e ogni volta si impara sempre qualcosa facendone tesoro, un po’ come per lo strumento. Ho cercato di apprendere il più possibile da quei giganti che abbiamo la fortuna di avere in Italia: Gianni Oddi, Riccardo Biseo, Franco Piana, solo per citarne alcuni e senza togliere nulla agli altri. La Lake Jazz Orchestra è una big band di dilettanti con al suo interno dei grandissimi professionisti, che ci aiutano a tenere dritta la barra e i cui consigli sono preziosi come l’oro. Stan Adams, Lucrezio De Seta, Filippo Bianchini e Fabrizio D’Alisera sono gli ultimi arrivati e sono onorato di averli con noi. Per me i ruoli fondamentali per far girare bene una big band sono il batterista e la prima tromba, e in questo siamo stati sempre coperti alla grande dalla batteria di Lucrezio de Seta, ma anche da Marco Rovinelli, Dario Panza e Giovanni Campanella, e nel ruolo di prima tromba da Sergio Vitale, Luca Iaboni, Claudio Corvini, Antonio Padovano, e anche da giovani che secondo me faranno una grande carriera, come Andrea Priola.
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