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Cóncavo y Convexo</br>Intervista a Pablo Basez

Cóncavo y Convexo
Intervista a Pablo Basez

1 marzo 2018

Abbiamo intervistato Pablo Basez durante il tour di presentazione di “Cóncavo y Convexo”, il suo ultimo album.

Di Luigi Motta

Partendo dal suo titolo esperpentico, “Cóncavo y Convexo” presenta nuovi percorsi non solo jazzistici.
Esattamente. Penso che questo gioco di opposti complementari sia il miglior punto di partenza per contestualizzare i brani. C’è del soul, del rock, del funk, un po’ di swing. “Cóncavo y Convexo” è un album progettato secondo le linee guida che avevamo stabilito fin dall’inizio con i musicisti del gruppo, un album più concettuale. Ed è stato un processo che non ha riguardato solo gli aspetti sonori, ma anche quelli visivi delle clip, la grafica del disco, dei volantini e della pagina web. Un tutt’uno.

Perché la scelta di strumenti diversi rispetto agli album precedenti?
Volevamo tornare alla musica che ci ha visto crescere e captare quell’energia: il rock e tutte le sue varianti. Volevamo catturare il potenziale che uno strumento elettrico può offrire, a partire da un suono nitido. Ad esempio, utilizzare il Fender Rhodes poteva collegarci direttamente con un’epoca a cui volevamo fare riferimento. Il basso elettrico permette di lavorare su linee più marcate, presenti e, allo stesso tempo, di posizionare lo strumento in un ruolo da solista, attraverso gli effetti. Naturalmente questi elementi fanno ripensare in toto al discorso melodico, nel lavoro del sassofono o anche della chitarra elettrica, quando ci accingiamo agli arrangiamenti a due voci partendo da questa nuova ottica. La batteria si posiziona su un altro piano. Magari per le strutture più lineari, ma in prima linea dal punto di vista del suono. Negli altri album “Nius on” e “Others”, sebbene le composizioni fossero originali, gli arrangiamenti erano legati a quella strumentazione quasi ineludibile nel campo del jazz, fatta di batteria, contrabbasso, piano, chitarra e sassofono; il che ha consentito che l’ascolto si avvicinasse di più a quel genere musicale, diversamente da questo nuovo CD.

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Puoi presentarci la tua band, la Compañía Eléctrica?
Il gruppo è composto da grandi musicisti, ma soprattutto da ottimi amici. Martín López Grande, batteria e composizione, Gonzalo Rodriguez Vicente, sax tenore e composizione, Noel Morroni, che suona Fender Rhodes e piano, oltre a comporre, e infine io al basso elettrico e composizione. Aggiungiamo al gruppo un musicista che consideriamo ormai parte integrante – già chitarrista negli album precedenti – Rodrigo Agudelo, che ha anche prodotto artisticamente questo nuovo album insieme a me.

Secondo te, si intuisce dalla tua musica che sei argentino o ti senti più cosmopolita?
Mi sento cosmopolita. La mia opinione su questo argomento è che, sebbene la musica sia universale, ci sono questioni che ti portano verso certi luoghi o zone di appartenenza. Lo dico partendo dal luogo della composizione in cui si immagina di mescolare forme o ritmi folcloristici. A volte questo accade di proposito, mentre altre volte può venire a galla nei modi d’interpretare. Noi non ci poniamo alcun limite sotto l’aspetto interpretativo. Sicuramente il modo di suonare in questo disco non rivela il paese a cui apparteniamo.

Cosa ne pensi delle opportunità musicali offerte dalla rete: sono una sfida o una maledizione?
Domanda ottima e interessante… sicuramente è una sfida. Ed è bene che sia così. Le reti sono attualmente le vere forme di comunicazione. Dico questo pensando che magari ci collegano virtualmente, ma, allo stesso tempo, possono allontanarci dalla reale possibilità di scegliere di guardare uno spettacolo in streaming o di assistervi. Sono due energie diverse. È il consumatore che sceglie. Ecco dove penso che sia la sfida, parlando di ciò per cui la utilizziamo. Io la uso come meccanismo pubblicitario e di esposizione mediatica della mia arte, ma sottolineo sempre nei miei spettacoli che la verità è nel “live”. Guardare e ascoltare il gruppo dal vivo. Per me, la comunione tra pubblico e artista genera qualcosa d’insostituibile, è qualcosa di magico!

Quali tappe sono previste per il tour di presentazione? E quali sono i tuoi piani per il futuro?
Per ora stiamo agendo a livello locale e regionale (Argentina e Sud America), sebbene sia imminente l’idea di aprire possibilità di scambio con paesi di altre regioni del mondo. Il disco sta già girando dalla trincea dell’autogestione. Ciò ci consente una certa libertà e ci induce a un lavoro di squadra ancora più grande. Siamo allo stesso tempo i manager, gli addetti stampa e i musicisti. Abbiamo un gruppo formato da persone valide su tutti i fronti: audio, immagine, stampa; ma l’ultima parola è sempre la nostra. C’è l’intenzione di viaggiare in Italia, sono un cittadino italiano e mi piacerebbe viaggiare, sia per presentare il nostro lavoro, sia per visitare la terra di mio padre e dei miei antenati. Nel frattempo, stiamo lavorando per far sì che questo accada. A novembre abbiamo partecipato al Festival Internacional de Chile, Mapocho Jazz, e questo è uno dei tanti obiettivi che ci proponiamo per il futuro, a livello internazionale. E questo è solo l’inizio…

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