14 giugno 2022
“Cinema City – Jazz Scenes From Italian Film” (Musica Popolare Italiana, 2022), è l’ultimo album della cantante Mafalda Minnozzi, un disco dedicato ad alcune tra le più celebri colonne sonore della grande cinematografia italiana, interpretate in maniera affascinante, raffinata e personale dalla splendida voce dell’artista di fama internazionale, accompagnata in questo progetto da uno straordinario gruppo di musicisti brasiliani e dal chitarrista e arrangiatore newyorchese, nonché suo immancabile compagno di avventure musicali, Paul Ricci.
a cura di Arianna Guerin
La tua nuova produzione discografica “Cinema City – Jazz Scenes From Italian Film” è tematica, ed è dedicata alla musica da cinema, a quelle partiture che hanno fatto della musica da film una forma d’arte tout court. Come nasce questa idea?
L’idea era sopita in me da molto tempo, in attesa di trovare il momento giusto in cui riuscire a trasmetterne la bellezza, sia esprimendo l’impatto emotivo che questi film hanno avuto sulla mia vita, sia ascoltando e interiorizzando certe melodie per dare loro una mia interpretazione, matura e personale. Per cantare ed esprimermi con sincerità, ho sempre avuto la necessità di filtrare le mie produzioni discografiche attraverso le difficoltà e i sacrifici della mia vita da musicista “on the road“, che poi credo sia la stessa sfida che un regista debba affrontare in termini di produzione e finanziamento prima di arrivare a trasmettere il suo messaggio nel proprio film. Ecco, unendo queste due forze creative ho fatto avverare un sogno e ho avuto la possibilità di rivelarlo.
E come sei riuscita a realizzarlo?
Durante il periodo del lockdown, che abbiamo affrontato in Brasile, io e mio marito Marco Bisconti, che è anche il mio manager e produttore, organizzammo un concerto in live streaming per il Consolato Italiano dello Stato di Minas Gerais, il cui repertorio era basato su alcune colonne sonore del cinema italiano. Lo sforzo per realizzarlo, le difficoltà tecniche di trasmissione dal vivo da superare, l’uso delle mascherine, il distanziamento e le regole sanitarie da rispettare influenzarono l’espressione musicale finale, al punto da toccare profondamente l’ingegnere del suono e proprietario dello studio, che ci propose di utilizzare l’audio dello streaming per ricavarne un album. Stiamo parlando di Adonias Souza Jr. dello Studio Arsis di San Paolo, pluri-premiato vincitore di Latin Grammy Awards, e per questo motivo prendemmo molto sul serio il suo entusiasmo. Il seme insomma era stato piantato.
E poi com’è nato l’album?
Quando abbiamo riascoltato e rivisto il live ne siamo stati talmente ispirati che abbiamo deciso di ricominciare da zero e scrivere nuovi arrangiamenti originali che rendessero i brani selezionati delle vere “Jazz Scenes from Italian Film”, che poi è il sottotitolo dell’album. Siamo tornati nello stesso studio dopo due mesi e abbiamo registrato con quegli stessi musicisti: il risultato è stato emozionante. Senza l’irruzione della pandemia a stravolgere la nostra vita e i nostri piani, sono sicura che avrei dato sequenza al mio precedente disco “Sensorial – Portraits in Bossa and Jazz”, registrando a New York un nuovo album dedicato ai maestri della musica brasiliana.
Cosa ti lega a questi repertori?
Il legame comune è la bellezza delle composizioni nella loro stesura e la possibilità di applicarla a un quartetto jazz. Alcuni temi avrebbero richiesto una formazione maggiore e altri avrebbero potuto diventare persino imbarazzanti se accompagnati solamente da basso e batteria, altri ancora sarebbero stati difficilmente adattabili a un’armonia più ricca, cosa che i musicisti jazz amano fare con l’improvvisazione per dipingere un’immagine già colorata di per sé. Quindi c’è stata una selezione naturale tra ciò che potesse e non potesse funzionare, e su come farlo funzionare.
Photo Credit To Murilo Alvesso
E come hai scelto la selezione dei brani?
Forse il fattore più importante nella scelta dei brani è stato l’impatto emotivo che hanno avuto nella mia vita. Tutti risuonavano così profondamente in me da poterli considerare scene di vita. L’unica canzone che non avevo mai interpretato prima è Loss of Love (da I Girasoli di Vittorio De Sica). Considerando che è stata composta da Henry Mancini ed è così bella, ho trovato incredibile il fatto che non fosse stata quasi mai proposta nel mondo del jazz. Finora sono riuscita a trovare solamente una versione di McCoy Tyner, quindi mi piace pensarla mia, almeno per un po’. Poiché, come interprete, amo esplorare il dramma e/o l’ironia di una canzone, ho scelto La Dolce Vita e Amici Miei come brani perfetti per aiutarmi a evocare il lato ironico di come affrontiamo la vita. Il mantra di Metti una sera a cena di Ennio Morricone, l’allegro immaginario un po’ rétro di Arrivederci Roma e Amapola, l’intima riflessività di E la chiamano estate e Loss Of Love, il quasi meditativo L’Appuntamento e le “montagne russe” musicali di Anonimo Veneziano di Stelvio Cipriani, hanno dato ciascuno il proprio colore all’album. La magistrale padronanza della melodia di Morricone ci ha regalato Maturity, Love Theme e Se di Nuovo Cinema Paradiso, insieme a Nella Fantasia e Deborah’s Theme.
C’è grande raffinatezza e domina un’atmosfera elegante, suadente e swing. Come nascono gli arrangiamenti?
Grazie! Il leggendario Quincy Jones ha dichiarato di scrivere la maggior parte dei suoi arrangiamenti lasciando degli spazi aperti in modo che «God can walk through the room», ovvero che «Dio possa camminare per la stanza». Parole sagge! Ovviamente Paul Ricci ed io ci siamo preoccupati di approfondire la qualità e i misteri delle composizioni per vedere dove avremmo potuto cambiare la sensazione del tempo, l’armonia e le strutture, ma non tutto è stato predeterminato. Ricordo che in studio, poco prima di iniziare la registrazione di La Dolce Vita e L’Appuntamento, il nostro batterista Ricardo Mosca suggerì alcune idee per un groove a cui non avevamo pensato. Le ha suonate e noi tutti abbiamo amato e applicato i suoi suggerimenti.
Photo Credit To Murilo Alvesso
…peraltro complimenti per l’arrangiamento così nuovo e particolare de L’Appuntamento.
Ancora grazie! Volevamo renderlo accogliente per ospitare il nostro pianista Tiago Costa, che tra l’altro ha anche contribuito con un’idea di finale per un altro brano e ci ha spinto ad allungare spontaneamente il finale di altri due brani, perché il suo dialogo musicale è contagiante. Altri momenti, per esempio il groove di Love Theme, sono stati proposti da Paul Ricci alla band in maniera dettagliata, quasi chirurgica. In Se di Nuovo Cinema Paradiso, preoccupandomi di dare un plus al brano, ho chiesto al nostro bassista Sidiel Vieira di iniziare con basso e voce, proprio lì nel bel mezzo della registrazione. Gli arrangiamenti hanno preso vita in studio e in realtà non sono mai risultati definitivi perché ogni performance ha ispirato nuove idee. Lo spirito dei musicisti è una parte essenziale del risultato finale dell’album e, in generale, è forse il fattore più importante che permette alle canzoni di essere interpretate nel mondo del jazz. L’elemento jazzistico fa sì che una composizione viaggi all’infinito ed è per questo che il jazz non morirà mai.
E com’è entrato appunto il jazz in questo progetto?
Un’altra sfida da affrontare con gli arrangiamenti per musiche destinate al cinema è che in genere tali temi non vengono concepiti per l’improvvisazione, che ovviamente è essenziale per il jazz. Ispirati da Gil Evans, abbiamo creato una sezione armonica alternativa in Nella Fantasia per Luca Aquino su cui improvvisare. Su Anonimo Veneziano ho canticchiato un’idea per una melodia solista e Paul Ricci l’ha armonizzata proponendola come interludio a Tiago Costa, che l’ha magistralmente “divorata” al piano. Importanti decisioni di arrangiamento sono state prese anche per Amapola con alcune armonie alternative e per Arrivederci Roma, in cui la figura ritmica potrebbe essere facilmente ricondotta ad Ahmad Jamal o anche a McCoy Tyner, senza tradire l’essenza della canzone. L’assolo di trombone di Jorginho Neto su quella melodia richiama il collegamento con i suoni di “gafieira” (ovvero “samba di salone”) del suo Brasile, aggiungendosi all’immaginario cinematografico.
Photo Credit To Murilo Alvesso
Come ha influito la scelta degli strumenti in questo progetto?
Timbri e sonorità sono importanti quanto qualsiasi altro fattore nell’arrangiamento e la musica da film italiana è stata pioniera sia nell’uso dell’organo Farfisa che della chitarra baritono, che in seguito hanno influenzato la musica popolare. Paul Ricci voleva dare quel tipo di impronta sonora a una parte di Cinema City. Il suo baritono elettrico in Amici Miei, in combinazione con la cornetta e gli effetti elettronici di Graham Haynes, evoca alcuni suoni del tipo “spaghetti western” in un ambiente più jazz, mentre il ruolo dell’organo ha una storia a sé. Durante la scrittura degli arrangiamenti infatti Paul stava già considerando l’idea di aggiungere sovraincisioni di archi una volta registrati i brani. Dopo averli ascoltati, invece, ha avuto la brillante idea di invitare il nostro caro amico e compagno di palco nelle nostre esibizioni a New York, il pianista Art Hirahara, a sovraincidere con l’organo e dare così un sapore cinematografico tutto italiano ad alcuni brani dell’album. Art è estremamente creativo e conosce la mia voce così bene che si è adattato perfettamente. Dopotutto, le varie voci dell’organo sono lì per simulare suoni orchestrali e l’organo fa parte del jazz tanto quanto qualsiasi altro strumento. La raffinata eleganza a cui ti riferisci nella tua domanda ha sicuramente qualcosa a che fare con l’organo… e ovviamente con i grandi solisti presenti.
Ciò che ti distingue è una pronuncia così adeguata in più lingue: una pronuncia che diventa cura timbrica su ogni vocabolo. Quanto è importante per te la cura di ogni vocabolo cantato?
Domanda interessante! Anche prima di capire cosa João Gilberto stesse cantando, sono stata catturata dal suono del suo portoghese. Alcune parole suonavano come piatti di una batteria, altri come un sax tenore. Mi attrae molto l’idea di scoprire quali sonorità possa produrre una parola e allo stesso tempo mi piace cercare di diventare un tutt’uno con il suono della band. Tuttavia, presto molta attenzione a non distorcere la parola stessa, perché potrebbe perdere il suo significato o il senso all’interno del contesto. Per questo mi spiace sentire a volte alcuni cantanti che non danno importanza al testo all’interno di una scala o facendo un glissato. Secondo me “così” non dovrebbe mai trasformarsi in “còsi” o “cósi”!
Photo Credit To Murilo Alvesso
Cosa distingue e cosa aggiunge, alla tua carriera, questa tua produzione rispetto alle altre?
Il mio precedente album “Sensorial – Portraits in Bossa and Jazz” è stato registrato a New York nel gennaio 2020 e dedicato ai grandi compositori brasiliani. Il mio nuovo album “Cinema City – Jazz Scenes From Italian Film” è stato registrato in Brasile e dedicato ai grandi compositori del cinema italiano. Entrambi gli album hanno visto la partecipazione di alcuni tra i migliori musicisti dei rispettivi paesi ed entrambi sono stati curati con attenzione e passione da me e Paul Ricci. Ciò che li rende diversi è anche ciò che li rende uguali. Sono come le due facce, i due lati dello stesso globo, che ruotano in un perenne avvicendarsi. Per quanto riguarda invece la carriera, credo che la mia sia stata davvero caratterizzata da una lunga strada. Guardando indietro, posso dire che tutto sia stato necessario in un processo in continua evoluzione. Quando ho iniziato a cantare nei locali di Roma negli anni Ottanta, non mi sarei mai sognata di collaborare con musicisti jazz di New York come Dave Liebman (in Love Theme), Graham Haynes e Will Calhoun (in “Sensorial”), di cantare in Brasile con Milton Nascimento e Leny Andrade, di registrare un album con André Mehmari, di essere la portavoce di un “samba-pagode” italiano insieme al re del samba Martinho da Vila, nato da una collaborazione con il nostro amato Lucio Dalla. Questo percorso mi ha portato a “Cinema City”, e oserei dire che questo è il mio album più riflessivo, quello in cui mi sono maggiormente dedicata alla ricerca dell’anima tra tutti i lavori che ho pubblicato. Non vedo l’ora di scoprire cosa mi riserverà il prossimo!
Con quale brano del repertorio ti senti più in confidenza?
Ogni performance è una “tabula rasa” in cui l’unica cosa certa è che non sarà mai due volte la stessa e penso che sia meglio non avere mai troppa confidenza o essere troppo sicuri perché un po’ di rischio e di pericolo sono elementi necessari. Per rispondere alla tua domanda, direi probabilmente Love Theme di Nuovo Cinema Paradiso, perché non c’è un testo che interferisca con la pura genialità della melodia di Ennio Morricone. L’idea di Paul Ricci di vestire il tema orchestrale con un groove afro-brasiliano e di presentare il grande Dave Liebman come contro-voce alla mia, mi ha dato la libertà di volare alto.
Photo Credit To Murilo Alvesso
E per finire: come reagisce questo cd sul palco, in una dimensione live?
È qualcosa di cui non mi sono del tutto preoccupata durante il processo di registrazione. Dal momento in cui l’album è stato realizzato durante l’isolamento del lockdown, mi sono sentita in qualche modo sollevata da tale preoccupazione, in quanto era impossibile pensare di portarlo in breve sul palco. Ora che la musica dal vivo sta tornando, trovo che i brani siano così ricchi e gli arrangiamenti così pieni di personalità, che la maggior parte di essi potrà essere proposta in quartetto, in trio … ma anche in duo con Paul Ricci. L’importante è essere circondati da ottimi musicisti. Sono stata molto fortunata ad avere il loro supporto nei miei progetti, sia che si tratti di un festival o di una sessione in studio o di esibizioni in jazz club, come il Birdland a New York, il Blue Note a San Paolo o l’Alexanderplatz a Roma. Siamo una tribù e ringrazio Luciano Vanni, fondatore di Jazzit e ideatore del Jazzit Fest, per aver contribuito a tessere questo grande e meraviglioso arazzo.
Ci definisci “Cinema City” in tre parole?
Compendio di emozioni
INFO