31 gennaio 2023
Intervistiamo la pianista, compositrice e arrangiatrice di fama internazionale Stefania Tallini, la quale ci racconta “Brasita”, il suo ultimo lavoro discografico registrato ed edito dall’etichetta discografica AlfaMusic nel 2022, da pochi giorni pubblicato anche in formato digitale – e su licenza di AlfaMusic – dall’etichetta brasiliana Biscoito Fino, in tutto il Sud America, negli Stati Uniti e in diversi altri paesi europei. Il disco vanta la collaborazione con due illustri musicisti brasiliani: l’armonicista Gabriel Grossi e il violoncellista Jaques Morelenbaum.
a cura di Andrea Parente
Partiamo dal passato. La pandemia ha messo a dura prova gli aspetti lavorativi ed esistenziali dei protagonisti del settore dello spettacolo. Cosa hai imparato da questa difficile situazione?
Ho imparato a mantenere la calma, a riflettere, a stare nelle cose il più profondamente possibile. E soprattutto ho imparato a non buttare via il mio tempo, ma a dargli ancora più valore. Perché quel periodo assurdo del lockdown in realtà mi ha regalato tante possibilità: di studiare, di approfondire mille cose della musica e del pianoforte, di comporre, arrangiare, ascoltare… e poi di leggere i libri che amo, di allenarmi, o di parlare con gli amici, con le persone care… Insomma, di fare tutto ciò che potesse arricchirmi dentro, senza lasciarmi sopraffare dalla possibile depressione di quella situazione così surreale e difficile per tutti. Il tempo è stata la più bella scoperta di quel periodo!
Focus sul presente. Cosa ci racconti in “Brasita”, il tuo ultimo lavoro discografico pubblicato nell’aprile del 2022 dall’etichetta discografica AlfaMusic?
Racconto la me di oggi, come tutti i miei dischi che parlano dei miei vissuti. La musica è questo per me: un linguaggio che mi permette di essere ciò che sono e di fare ciò che sento, senza dover spiegare nulla. La me di oggi è una sintesi di influenze legate, oltre che al jazz e alla musica classica, anche alla musica brasiliana. Il disco racconta dell’incontro con Gabriel Grossi, uno dei più grandi armonicisti al mondo, avvenuto in modo del tutto casuale nel 2019 e che ha dato vita al nostro progetto in duo. Un progetto che, a partire dal primo concerto realizzato insieme, si è rivelato immediatamente importante e sorprendente per l’immediato feeling musicale e umano che si è venuto a creare, nonostante non ci fossimo mai visti prima. Abbiamo fatto diversi tour insieme, ma poi la pandemia ha bloccato altri concerti e i relativi tentativi di registrare il nostro primo disco. Però alla fine, dopo non esserci potuti vedere per due anni e mezzo, ce l’abbiamo fatta, e così è nato il nostro “Brasita”!
Nella descrizione del disco c’è scritto “un progetto che unisce composizioni originali ispirate ai classici di Bach, Chopin, Piazzolla ad arrangiamenti di opere di Morricone, Puccini, Jobim e Villa Lobos”. Ci motivi tale scelta compositiva?
Questa scelta compositiva è nata insieme a Gabriel, durante i viaggi in macchina che ci portavano in giro per il mondo a suonare. Immaginando un primo lavoro discografico da realizzare insieme, abbiamo avuto entrambi il desiderio di dedicare il nostro primo disco a quei compositori classici che nelle nostre rispettive storie hanno ispirato la nostra musica e i nostri percorsi musicali. Da lì abbiamo composto un paio di brani insieme (a distanza), dedicati a Bach e Chopin; poi abbiamo scritto musiche dedicate a Piazzolla, o arrangiato Puccini, Morricone e Villa Lobos. Non è stato facile sceglierli, perché erano tanti, ma alla fine abbiamo dovuto fare una selezione di autori che adoriamo entrambi: ed eccoli qua, nel disco, sotto varie vesti.
Gabriel Grossi
Cosa lo differenzia dal tuo ultimo disco da leader “Uneven” (AlfaMusic), pubblicato nel 2020?
Beh, sicuramente l’organico: “Uneven” è un disco in trio piano-contrabbasso-batteria, la formazione jazz per eccellenza. Le sonorità infatti sono profondamente jazz e anche il modo in cui abbiamo creato l’interplay, gli assoli e le dinamiche: insomma, una concezione molto diversa. “Brasita” invece, avendo il violoncello del grandissimo Jaques Morelenbaum, ha assunto naturalmente un colore molto più cameristico, che però con il suono dell’armonica si arricchisce anche di un carattere più “popolare”. E direi che il pianoforte rappresenta un trait-d’union tra i due, che favorisce quella fusione tra mondi musicali diversi, anche legata ovviamente al tipo di scrittura e di arrangiamenti realizzati. L’altra grossa differenza è che “Uneven” è stato un disco sfortunato, perché è uscito proprio pochi giorni prima del lockdown e quindi purtroppo ne ha subito tutte le conseguenze: concerti, presentazioni radiofoniche, interviste etc. tutto saltato, ma anche una mancanza di attenzione generale dovuta alla presenza di problemi ben più gravi in quel periodo, in cui tutto si è fermato… Purtroppo è andata così e mi dispiace immensamente, perché “Uneven” è uno dei dischi che ho amato e amo di più e che più mi rappresenta!
Nel disco è presente – come special guest – anche il violoncellista, arrangiatore, direttore d’orchestra, produttore e compositore brasiliano Jaques Morelenbaum. Ci racconti come l’hai conosciuto e in che modo l’hai coinvolto nel disco?
Io e Gabriel, una volta deciso il contenuto musicale del disco, eravamo d’accordo sul fatto che volessimo avere un ospite speciale, ed entrambi abbiamo immediatamente pensato a Jaques. Lui è un artista meraviglioso, che rappresenta appieno questa nostra idea di fusione tra linguaggi. È un musicista classico e popolare insieme e questa cosa l’ha reso perfetto per il nostro progetto. Gabriel si è messo in contatto con lui, che è stato molto felice di registrare con noi, perché già conosceva il nostro duo e ci stimava molto. Poi, nell’attesa di incontrarci per realizzare il disco insieme, abbiamo deciso di registrare un video a distanza: loro dal Brasile, io da qui. Era il mio brano A Veva, ed è stato il mio primo incontro musicale con Jaques: di fatto il battesimo musicale del nostro trio e anche un modo per iniziare a promuovere questo progetto appena nato!
Jaques Morelenbaum
Nei concerti a cui ho assistito non hai mai nascosto la tua grande passione per la musica brasiliana, oltre che per quella jazz e classica. Ascoltandoti, inoltre, ho potuto apprezzare l’originale personalità – ed espressività – che esce fuori dalle tue note. Come sei riuscita a sintetizzare generi così diversi tra di loro?
Semplicemente perché mi sono innamorata di quei mondi musicali. Li ho studiati, ascoltati, assorbiti in tanti anni (e lo faccio tuttora) ed era inevitabile che fluissero tutti in un unico linguaggio, perché non ho mai fatto gerarchie tra un genere e l’altro. La cosa più naturale era che si fondessero insieme; non ho dovuto fare nessuno “sforzo” affinché ciò accadesse, né è stata una decisione razionale… semplicemente è avvenuto, senza che neanche me ne rendessi conto.
Qual è, invece, il filo che lega la musica brasiliana (“BRAS”) a quella italiana (“ITA”)?
Sicuramente la melodia, la cantabilità, la profondità dell’espressività… Credo che ci sia un filo invisibile che unisce l’Italia al Brasile, a partire dalla storia stessa del Brasile che ha visto – tra gli altri – anche milioni di italiani emigrati nel suo territorio. Questo ha favorito una fusione culturale inevitabile, in quei luoghi lontani, che invece sono molto più vicini a noi di quanto possiamo credere! In Brasile hanno saputo fondere la loro tradizione popolare con la musica colta europea (che tanto amano!) in modo davvero singolare e unico. C’è un sacco di Europa in molta musica brasiliana… ed è lì che evidentemente mi sono ritrovata.
Non ti nego che sono rimasto molto colpito sia da un tuo concerto in piano solo, che in duo con il trombettista Franco Piana. Considerando che negli anni hai avuto modo di collaborare con tantissimi musicisti, sia nazionali che internazionali, qual è la formazione che prediligi? Cambia che sia una performance live o in studio?
Sicuramente il duo e il trio sono le formazioni che prediligo. Il piano solo è una cosa totalmente a parte, che mi emoziona in modo particolare perché mi riporta a quel rapporto di totale solitudine con il pianoforte, che mi accompagna fin da piccolissima, quando ho iniziato a suonare. Passavo le ore da sola a esplorare quel mondo per me magico e non volevo mai smettere… Questa dimensione ha rappresentato qualcosa di molto importante, che mi ha anche salvato la vita per tanti motivi che non sto qui a spiegare. Quindi è per me qualcosa di antico, di profondissimo, di ancestrale direi… che mi riporta a dimensioni totalmente mie, segrete, intime. Il live mi emoziona molto e lo preferisco, perché sento quanto sia importante il rapporto con il pubblico, che mi nutre e alimenta la mia musica. Ogni volta vivo emozioni diverse, che dipendono in primis dal pianoforte che trovo, poi dal luogo in cui suono e ancora dal tipo di pubblico che viene ad ascoltarmi. Dopo tanti concerti realizzati, arrivo sempre con il batticuore, il tremore, l’emozione grande di mettermi a nudo di fronte alla musica, a me stessa, ai musicisti con cui suono e alle persone che mi ascoltano. La performance in studio la soffro di più, ma la trovo entusiasmante, elettrizzante! Si vivono mille emozioni contrastanti: nervosismi, timori, insicurezze continue! Ma poi anche tanta allegria, gioia, voglia di fare e di vivere al massimo ogni mia nota e quelle degli altri musicisti e dunque alla fine è un’esperienza bellissima. Poi in fondo è anche una traccia di te che resterà per sempre… una traccia di ciò che sei, di ciò che è il tuo racconto, la tua storia, la tua vita… Io dico sempre che i miei figli (che non ho) sono i miei dischi e le mie composizioni. E con questo ho detto tutto!
Sui tuoi canali social hai recentemente annunciato che “Brasita” verrà lanciato dalla più importante e prestigiosa etichetta brasiliana, ovvero la Biscoito Fino. Il disco verrà pubblicato non solo in tutto il Brasile, ma anche nel Sud America, negli Stati Uniti e in altri paesi europei. Che emozione si prova?
Un’emozione enorme. La Biscoito Fino, tanto per intenderci, è la label di Chico Buarque, Maria Bethânia, Gilberto Gil, Mônica Salmaso e di tantissimi altri artisti internazionali. Un’etichetta che promuove progetti speciali e che ha scelto il nostro “Brasita” per inserirlo nel suo ricchissimo catalogo, che attraversa diversi generi musicali. Per me è quindi un grande onore farne parte e sono felice di avere la possibilità di far conoscere questo disco nel Sud America, che amo (e non solo in Brasile), e negli Stati Uniti, che mi offrono ulteriori possibilità di espandere e far volare in alto la mia musica.
E infine uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi prossimi progetti? E quali, invece, gli obiettivi che ti poni adesso?
Il mio nuovo progetto discografico è proprio un album in duo con il grande flicornista, compositore e arrangiatore Franco Piana, che prima hai citato. Il titolo del disco è “E se domani” e uscirà a metà febbraio per la AlfaMusic. È un duo al quale tengo e teniamo moltissimo! Un progetto veramente speciale, in cui ci mettiamo in gioco anche con elementi inusuali per noi. Faremo sicuramente concerti di presentazione, il primo dei quali sarà il 18 febbraio alla Casa del Jazz. Poi ci sono anche altri progetti in essere, ma è ancora prematuro parlarne. Il mio obiettivo principale invece è quello di studiare, approfondire, scoprire cose nuove, cercare sempre di migliorare, perché non voglio mai essere uguale a me stessa, sia nella musica che nella vita in generale. In definitiva credo che cercare di rinnovarsi sempre e in qualsiasi modo sia decisamente il sale della vita.
INFO