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Bad Hombre</br>Intervista ad Antonio Sanchez
Photo Credit To Carlo Mogavero

Bad Hombre
Intervista ad Antonio Sanchez

30 settembre 2017

Nel mezzo del tour mondiale dei Migration abbiamo incontrato il plurivincitore di Grammy Antonio Sanchez per parlare con lui di batteria, musica, colonne sonore e futuro.

Di Ivano Rossato

Puoi dirci qualcosa a proposito del futuro dei Migration e degli altri tuoi progetti?
Andremo in studio a gennaio e lavoreremo su materiale completamente nuovo. Successivamente ci dedicheremo totalmente al tour previsto per il prossimo anno. Il materiale che stiamo attualmente suonando dal vivo è tratto da Meridian Suite, ma sta evolvendo, crescendo e mutando parecchio, per questo ci divertiamo ancora molto a eseguire quei brani. Amo suonare con artisti dotati di una mente musicale molto aperta, professionali ma che siano anche persone piacevoli dentro e fuori il palcoscenico. Negli scorsi due anni ho invece realizzato la musica per un documentario politico spagnolo (Politica, Manual De Instrucciones) e una commedia britannica (The Hippopotamus) e quest’anno ho cominciato a lavorare sulla musica per un nuova serie tv, iniziata ad agosto, basata sul famoso film degli anni ‘90 Get Shorty.

Ai tuoi esordi hai suonato diversi generi musicali: quali artisti “non jazz” ti hanno maggiormente influenzato?
Ho ascoltato molto musicisti come Peter Gabriel, Sting e i Police, i Led Zeppelin, Jimi Hendrix, gli Who, i Rush e produttori come Brian Eno e Daniel Lanois. Questi artisti hanno tutti influenzato consciamente e inconsciamente il modo in cui suono, compongo e produco la mia musica.

L’esperienza maturata con la realizzazione della colonna sonora di Birdman ha influito sul modo in cui ti approcci alla musica?
La cosa divertente a proposito del film è che non ho fatto nulla di realmente differente dal solito ma, dopo aver visto la forza che le composizioni per sola batteria hanno nella pellicola, mi è nata la voglia di realizzare un progetto di sola batteria tutto mio. Ed è così che è nato Bad Hombre, il mio album solista appena pubblicato, un mix di batteria e vari strumenti elettronici, interamente composto, suonato e prodotto da me. Il lavoro è permeato da un significato politico come conseguenza di ciò che sta accadendo in questo periodo nella politica degli USA.

Ritieni che la musica abbia ancora il potere di influenzare, educare e combattere?
Assolutamente si. In quanto artisti abbiamo il dovere di parlare di ciò che sta accadendo nel mondo. E intendo non necessariamente in modo conscio, ma dal momento che l’arte è il riflesso della vita, se hai a cuore ciò che sta succedendo nella tua vita, allora questo si riflette inevitabilmente nella tua arte. Ritengo che oggi stiamo assistendo a un risveglio diffuso. In passato c’era più apatia, mentre adesso le nuove generazioni sono più coinvolte in quello che succede nel mondo perché percepiscono che il loro futuro è in pericolo.

E cosa pensi a proposito del futuro dell’industria musicale?
Di per sé lo streaming è qualcosa di positivo. Quello che non va è l’utilizzo che multinazionali stanno facendo di esso relativamente a ciò che sono disposti a dare all’artista. La tecnologia è grandiosa, quello che è terribile è l’avidità, il cancro del mondo moderno.